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Alcune anticipazioni dallultima ricerca ICE sul mercato americano dei prodotti di bellezza, presentata a Milano in collaborazione con Unipro.E.P.
Ai grandi mercati stranieri si rivolge con sempre maggiore attenzione lattività di analisi di Unipro che, nellultimo anno, in collaborazione con ICE ha messo a disposizione degli associati una serie di studi dedicati alle aree geo-economiche più importanti. A fine novembre, in un incontro organizzato al Palazzo delle Stelline di Milano, sono state anticipate le informazioni che costituiscono limpianto della ricerca dedicata al mercato americano, disponibile in forma estesa e definitiva a inizio 2003. Ecco qualche suggestione, rubata per i lettori di ItaliaImballaggio.
Futuro remoto, presente prossimo
Alla presentazione della ricerca sugli Usa Pierpaolo Celeste, direttore dellICI Milano, ha esordito parlando... della Cina. Il futuro è a Oriente, ha dichiarato con enfasi il manager di ritorno dallultimo viaggio istituzionale, ed esattamente in quello Stato grande come un Continente che, in meno di un secolo, è passato dal feudalesimo più chiuso allattuale forma di capitalismo controllato, dove limprenditoria è ormai ufficialmente rappresentata negli organismi dirigenti del Paese e la classe media è in rapidissima ascesa (con numeri da capogiro). È un mercato da conquistare, dove il Made in Italy esprime altissime potenzialità, e che riserverà grandi sorprese.
Ma se la Cina è ancora lontana, il presente del settore si gioca su mercati vicini.
Quattro anni fa, ha ricordato il direttore di Unipro Gianfranco Di Natale, lexport non rappresentava che pochi punti percentuali, ma già nel 2001 toccava quota 36%. Gli Usa ne assorbono una bella fetta e, nonostante le note difficoltà, continuano a rappresentare unarea imprescindibile di riferimento, in crescita ulteriore. Ne ha delineato i tratti caratteristici il direttore dellICE Los Angeles, Fortunato Celi Zullo, che ha fatto una doverosa premessa. Leconomia statunitense ha rallentato la propria crescita ma se la cava comunque meglio di quella europea (lultimo dato ufficiale dava la crescita al +4%) e, nonostante la pericolosa caduta di fiducia dei consumatori, mostra segnali di ripresa. Anche in questo caso, le dimensioni sono continentali, con oltre 285 milioni di persone dallelevato potere dacquisto di cui - ecco la prima chicca regalata dallesperto - nel 2025 il 25% saranno di origine latina, con tutte le conseguenze del caso in termini socio-culturali.
Americans
Gli americani, come è noto, sono assai più compositi e meno radicati di noi europei, anche in senso stretto, abituati a spostarsi nelle aree interne economicamente più promettenti.
Considerando luniverso della cosmesi-profumeria, i sociologi ci propongono una segmentazione del mercato per fasce di età, etnia, sesso, ecc. da cui si ricavano i primi dati fondamentali su cui ragionare. E che, a un primo sguardo (la ricerca entra maggiormente nel dettaglio), non appaiono tanto diversi da quelli nostrani.
Troviamo così una prima fascia di acquirenti fra i 16 e i 24 anni (60 milioni di persone), definita Generation Y o echo boomers, grande estimatrice delle specialità per capelli, caratterizzata dalla spiccata propensione a sperimentare e dal bisogno di differenziarsi dalla mamma. Mostra una particolare famigliarità con Internet, anche come mezzo di informazione sui prodotti.
Segue, in ordine di età (25-35), la Generation X (38 milioni di individui), che si distingue per lelevata istruzione media e lalto potere dacquisto, ulteriormente articolata in single, più spendaccioni, e coniugati (65%). I suoi rappresentanti frequentano volentieri i saloni di bellezza, dove acquistano anche i prodotti da utilizzare a casa, nei profumi prediligono le fragranze persistenti e, soprattutto le donne, appaiono in genere molto sensibili ai marchi. Ecco quindi i baby boomers: 38-56enni (sono 76 milioni) dotati dei redditi più elevati, che non vogliono invecchiare e investono parecchio in immagine. Rispetto agli altri prediligono il rapporto diretto con il negoziante, mostrano una lealtà superiore alla marca e sono disposti a pagare la qualità.
Quanto alla cosiddetta Terza Età (60-74 anni), è noto che va acquistando un nuovo e importante peso sul mercato, mostrando il ritmo di sviluppo più rapido (una corsa che continuerà fino al 2010), seguita dalla generazione subito precedente.
Infine, lo studio ICE accenna a unaltra categoria da tenere docchio: i già citati Latinas, sia perché oggi costituiscono il gruppo etnico che più spende in cosmetici, sia perché in media considerano migliori i prodotti provenienti dallEuropa.
Produzione e canali
Sul versante produttivo, spiccano innanzitutto la forte concentrazione e globalizzazione delle imprese. A fronte di una presenza di oltre 1.000 aziende, con più di 2.000 marchi, le prime dieci controllano il 60% del mercato e le prime quattro (Procter & Gamble, LOréal, Unilever ed Estée Lauder) il 34%.
Si tratta di un settore che mostra di resistere bene alla crisi, dove cresce però anche limportanza dei fornitori stranieri, primi fra cui la Cina e il Canada, soprattutto a seguito delle politiche di delocalizzazione delle multinazionali. Se nel 2001 il valore totale della produzione interna (consideriamo qui le grandi famiglie dei profumi, preparati per capelli, cosmetici, dentifrici e prodotti per la barba) era di circa 25,369 miliardi di dollari, le importazioni arrivavano a 2,95 miliardi di dollari, in crescita del 7,8% (ma lexport raggiungeva i 4,359 miliardi e una crescita del 9,77%).
Nella classifica dei paesi che esportano prodotti di bellezza negli Usa lItalia ricopre un ottimo quarto posto, dopo Francia, Canada e Regno Unito, e mostra un fortissimo tasso di crescita (+22,69%) trainato dai prodotti per capelli (+121,86%), dai preparati per ligiene dentale (+330,16%) e dalle materie prime (+88,02). In termini assoluti, i prodotti italiani più venduti negli Stati Uniti sono profumi e fragranze, cosmetici e make-up, e specialità per capelli.
Accanto alla struttura della domanda e della produzione, completa il quadro di riferimento una traccia del sistema distributivo. Vi si trovano il mass market (27%), dedicato ai prodotti low price, dove ha sottolineato Celi Zullo - difficilmente si troverà un prodotto italiano. Allestremo opposto si collocano i Department Stores (17%), canali per i prodotti di lusso, dove i cosmetici sono collocati allingresso, magari nelle isole dedicate ai prodotti di marca, e la forza vendita è molto specializzata.
Un terzo polo è costituito dai negozi specializzati - boutique, centri per la cura delle unghie, saloni di bellezza, Spa (specializzati in soli massaggi, raggi UV o quantaltro)... - che complessivamente servono l11% del mercato. Giungono da ultimo, ma non per rilevanza, le farmacie (18%), i supermercati (20%) e i canali per la vendita diretta, dove la televisione riveste unimportanza primaria, accanto a Internet (che, è ormai acclarato, senza pubblicità non decolla) e alle più tradizionali vendite porta a porta.
Ed è proprio la TV - dove litalianità dei prodotti costituisce unottima referenza - a offrire loccasione per introdurre un nuovo capitolo di informazioni sul mercato americano: quello delle leggi, delle norme, dei regolamenti e, soprattutto, degli usi e costumi.
Diritto: il cliente ha sempre ragione
In generale, esaminando anche solo le informazioni a grandi linee, gli Stati Uniti appaiono un mercato ricco e dai grandi numeri, dove il successo rende in proporzione. Ma anche un mercato dalle alte barriere dingresso e dalle forti concentrazioni (valga per tutti quel 60% di mercato in mano a 10 aziende) che richiede opportune strategie.
Ma cè un altro ordine di difficoltà da conoscere e affrontare per evitare guai, anche grossi: quello derivato dal rapporto con il consumatore finale e con il distributore/rappresentate locale, entrambi mediati dal costume, dalla mentalità e dalla legislazione. E qui emergono, anche a una lettura superficiale, le differenze più evidenti. Un caso emblematico? Il fatto che un prodotto acquistato a distanza può essere restituito con diritto di rimborso solo perché non piace (dunque, non perché difettoso), entro 30 giorni dal ricevimento. Questo, commenta il direttore di ICE Los Angeles, è sicuramente il risultato di un certo tipo di impianto giuridico, ma soprattutto di una mentalità diffusa e condivisa. E di un calcolo assai pragmatico: acquisire un cliente costa 5 volte di più che mantenerlo. Il capitolo sulla legislazione che regolamenta negli Usa il settore cosmetico è stato affrontato con competenza da Stefano Dorato, coordinatore dellArea Tecnico-Normativa di Unipro. Dalla sua ampia relazione, ci limitiamo qui a estrapolare alcuni motivi di fondo e le prime indicazioni riportate nellapposito box di questo articolo.
La legislazione americana è una delle più semplici del mondo; tuttavia senza un avvocato che funga da consulente a ogni passo (e non solo assistente alla difesa in caso di lite), non si sta in piedi. Gli aspetti più insidiosi dellattività riguardano la difesa del marchio, la tutela dell'immagine e la difesa dalle proteste dei consumatori. Echi di questultimo aspetto giungono fino a noi tramite i mass media, generati da situazioni esasperate, al limite del senso comune (motivo per cui in pieno deserto troveremo lavvertenza pericolo di caduta in caso di umidità: non si sa mai, meglio prevenire!).
Meno noti, ma non meno improbabili, i primi due portano ad altre situazioni paradossali, fra cui la più frequente è che, per non aver gestito con la cura sufficiente il contratto con il rappresentante locale, lazienda straniera si ritroverà ad aver alienato il proprio marchio senza saperlo, e a dover sborsare fior di quattrini per riacquistarlo.
Insomma, dagli esperti arriva forte e chiaro un monito: prima di imbarcarvi per "Lamerica", procuratevi un legale!
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Cosmetics: exporting to the USA
Some forecasts from the latest ICE market research on beauty products, presented in Milan in collaboration with Unipro. E.P.
Large foreign markets are increasingly the target of Unipro analyses. Over the last year, in partnership with ICE it has placed a series of studies dedicated to the most important geo-economic areas at the disposal of its associates. Towards the end of November, at a meeting organised at Palazzo delle Stelline in Milan, they provided advance data on the framework of the research dedicated to the American market, which will be available in an extensive and definitive form at the beginning of 2003. Here is some idea, stolen for the readers of ItaliaImballaggio.
Distant and near future
At the presentation of the research project on the USA Pierpaolo Celeste, director of ICI Milano began by speaking of China. The future is in the East, emphatically declared the manager just back from his latest business trip there. China is as large as a continent and, in less than a century, it has gone from the narrowest form of feudalism to the current form of controlled capitalism where entrepreneurship is now officially represented by the chief organisms of the country and where the middle class is rapidly expanding (with numbers to make your head spin). It is a market still to be conquered, where Made in Italy has immense potential, and where enormous surprises are in store.
But as China is still a long way off, the president of the division is investing in markets closer to home.
Four years ago, recalled Unipro director Gianfranco Di Natale, export represented only a few percent, but in 2001 it reached 36%. The USA takes up a large chunk and, notwithstanding the problems we are all well aware of, continues to represent an inescapable area of reference, in continuous expansion. The Director of ICE Los Angeles, Fortunato Celi Zullo outlined its characteristics, beginning with a necessary premise. The United States economy has slowed down but it is still doing better than the European economy (the last official figure put growth at +4%) and, notwithstanding the dangerous fall in consumer trust, shows signs of picking up. Here too we are dealing with a large continent inhabited by over 285 million people with an elevated purchasing power of which- here is the first gem from our experts- in 2025 25% will be of Latin origin, with all the consequences this will bring in socio-cultural terms.
Americans
Americans, as we know, are rather more composite and less rooted than we Europeans. This is also true in the strictest sense as they are used to moving on to more financially promising areas.
Considering the cosmetic-perfume universe sociologists propose a market segmentation divided into age, ethnic group, sex etc. from which they obtain the initial fundamental data which they use to make their calculations. And which, at first glance (the research goes into more detail), appears not much different from ours.
Thus we find an initial bracket of buyers between 16 and 24 years of age (60 million people), defined as Generation Y or echo boomers, great connoisseurs of special hair products, characterised by a marked propensity to experiment and the need to differentiate themselves from Mom. They are especially familiar with the Internet, also as a means of getting product information.
Next in order of age (25-35), we have Generation X (38 million individuals) distinguished by their high average level of education and elevated purchasing power, further classified into more extravagant singles and married people (65%). Its representatives willingly use beauty salons where they also buy products to use at home. As for perfume they prefer lasting fragrances and, above all the women, generally appear to be extremely sensitive to brands.
And now for the baby-boomers: 38-56 years of age (76 million), they have the highest salaries, have no wish to age and invest a great deal in their image. Compared to the others they prefer a direct relationship with the shopkeeper, show more brand loyalty and are prepared to pay for quality.
As for the so-called Third Age (60-74 years), it is well-known that this is becoming a new and important market force and has the most rapid development rate (a race which will go on until 2010), followed by the generation coming immediately before them.
Finally, the ICE study points to another category to look out for: the above mentioned Latinas, both because today they make up the ethnic group which spends most on cosmetics and because, on average, they consider the products manufactured in Europe to be better.
Production and channels
On the production side the strong concentration and globalisation of businesses stands out over and above everything else. Of over 1,000 companies, with more than 2,000 brands, the first ten control 60% of the market and the first four (Procter & Gamble, LOréal, Unilever and Estée Lauder) 34%.
This is a sector which shows it is perfectly able to resist the crisis, but where the importance of foreign suppliers is also increasing. China and Canada are at the forefront, a result of the multinationals policies of moving production abroad. While in 2001 the total value of domestic production (here we consider perfumes, hair products, cosmetics, toothpaste and shaving products) reached approximately 25,369 billion dollars, imports reached 2.95 billion dollars, an increase of 7.8% (though exports reached 4,359 billion dollars and an increase of 9.77%).
In the hit parade of countries which export beauty products to the USA, Italy holds an excellent fourth place, after France, Canada and the United Kingdom, and shows a very strong growth rate (+22.69%), led by hair products (+121.86%), dental hygiene products (+330.16%) and raw materials (+88.02%). In absolute terms, the Italian products which are most sold in the United States are perfumes and fragrances, cosmetics and make-up, and special products for hair.
Alongside the framework of demand and production, the picture is made complete by an outline of the distributive system. There we find the mass market (27%) dedicated to low price products where - Celi Zullo underlines - it is rare to find an Italian product. At the other extreme we find Department Stores (17%), channels for luxury products, where cosmetic products are placed by the entrance, perhaps on the island dedicated to brand products, and the sales force is highly specialised. A third pole is made up of specialised shops- boutiques, nail care centres, beauty salons, Spas (specialised in just massages, sun beds and what have you)
. which overall serve 11% of the market. Bringing up the rear, but no less important, we find pharmacies (18%), supermarkets (20%) and direct sales channels, where television holds a position of primary importance, alongside the Internet (which, we now know, does not take off without advertising) and more traditional door-to-door sales.
And it is TV - where the Italianess
of the products is an excellent warranty - which offers the opportunity to introduce a new page of information on the American market: that of laws, rules, regulations and above all, habits and customs.
Rights: the customer is always right
Generally speaking, examining the data loosely, the United States appears to be a rich market of huge numbers where success is proportionally gigantic. But it is also a market of high barriers and strong concentrations (this goes for the 60% of the market controlled by 10 companies) which requires opportune strategies.
But there is another problem to learn and deal with in order to avoid big trouble: this derives from the relationship with the end consumer and the local distributor/agent, both mediated by custom, mentality and legislation. And this is where the most obvious differences emerge, even on a superficial reading.
A typical case?
The fact that a product purchased by mail order can be returned with the right to a refund simply because the customer is not happy with it (and not therefore because it is faulty), within 30 days of it being delivered. This, comments the Director of ICE Los Angeles, is definitely the result of a certain type of juridical framework but above all a widespread and shared mentality. And a somewhat pragmatic calculation: acquiring a new customer costs 5 times more than it does to keep him.
The chapter on legislation which regulates the cosmetics sector in the USA has been entirely put together by Stefano Dorato, co-ordinator of the UNIPRO Technical-Legislative Area: His report is lengthy but we merely extrapolate some basic themes and recommendations reported in the box attached to this article. American legislation is one of the simplest in the world; however, without a lawyer acting as a consultant every step of the way (and not simply as a defence attorney in case of litigation), you are lost. The most insidious aspects of the business concern brand protection, image preservation and protection from consumer complaints. Echoes of this latter aspect reach us through the mass media, generated by extreme situations, beyond the bounds of common sense (a reason why, in the middle of the desert, we find the warning danger of subsidence in wet weather: one never knows, better to be prudent!). Less well-known but no less improbable, the first two lead to other paradoxical situations, the most frequent of which being that, due to not handling the contract with the local agent with sufficient care, the foreign company finds itself unwittingly alienating its own brand and having to fork out tons of money in order to buy it back. In short, the experts warning sounds loud and clear: before setting sail for Amerikay get yourself a lawyer!
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Attenzione alletichetta
Sintetizzando liberamente lintervento di Stefano Dorato (coordinatore dellArea Tecnico-Normativa di Unipro) durante la presentazione dello studio ICE Los Angeles, riferiamo che la legislazione statunitense sui prodotti di bellezza è costituita di pochi, chiari, provvedimenti*.
Chiara risulta anche la definizione di cosmetico, che - viene fatto notare - sottolinea limportanza dell intended use (è cosmetico ciò che viene presentato come tale), e dunque dellaggettivazione usata nella presentazione. Va però tenuto conto che alcuni prodotti da noi considerati e commercializzati come cosmetici (ricordiamo il caso eclatante dei solari) negli Usa sono rubricati come OTC.
Questi prodotti sono soggetti a restrizioni particolari sia in fase di notifica (per i cosmetici è volontaria) che di etichettatura la quale, al più tardi entro il 30/5/2005, dovrà riportare anche i Drug Facts, ovvero gli ingredienti attivi e le relative indicazioni, modalità duso, avvertenze, ecc.
Ne restano direttamente coinvolte la porzione di etichetta dedicata, la visibilità assoluta e relativa delle varie informazioni e il posizionamento delletichetta sul prodotto, e richiederà una superficie molto più ampia dellusuale.
Sempre sulletichetta, è utile sapere che:
- le scritte relative agli ingredienti devono essere alte almeno 1/16 di pollice;
- aromi e fragranze vanno indicati con i termini "Flavor" e "Fragrance";
- nel caso di prodotti decorativi, si può precedere lelenco dei coloranti con la scritta may contain";
- se per un ingrediente lFDA ha concesso la confidenzialità, si può sostituire il suo nome con lespressione and other ingredients. La dichiarazione degli ingredienti non è comunque obbligatoria per i cosmetici per il solo uso professionale, i campioni gratuiti, i tester e i prodotti per il trucco teatrale. Infine, non vanno indicati in etichetta gli ingredienti presenti in concentrazioni tanto basse da non avere effetti tecnici o funzionali.
Dallintervento di Dorato riferiamo altre due informazioni.
LFDA richiede che il produttore valuti linnocuità dei prodotti messi in commercio; qualora non sia stato eseguito il relativo test, sulletichetta va riportata la frase Warning - the safety of this product has not been determined (Attenzione - la sicurezza di questo prodotto non è stata determinata).
Ulteriori informazioni e approfondimenti si possono trovare on line sui siti dedicati, dove ci si perde facilmente se non si conosce la stringa completa:
FDA (www.fda.gov/cder; vm.cfsan.fda.gov;
www.fda.gov/opacom/laws/fdcact/fdctoc.htm;
www.fda.gov/opacom/laws/fplact.htm).
Code of Federal Regulation http://www.access.gpo.gov/nara/cfr/index.html
Bureau of Alcool, Tobacco and Firearms http://www.atf,treas.gov
FTC http://www.ftc.gov
Customs http://www.customs.treas.gov
* Nota - Federal Food, Drug and Cosmetic Act, 1938; Code of Federal Regulations, title 21, Parts 1-99 e 700-799; Fair Packaging and Labeling Act 15 U.S.C. 1451 et seq; Department of Commerce Requirements Concernings Labeling of the Country of Origin of Imported Products, 19 CFR, Part 134; Bureau of Alcool, Tobacco and Firearms - Distribution and Use of Denatured Alcohol and Rum, 27 CFR, part 20.
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Attention to the label
Loosely summarising the contribution of Stefano Dorato (co-ordinator of Unipros Technical-Legislative Area) to the presentation of the ICE Los Angeles study, we report that the United States legislation on beauty products is made up of few but clear measures. The definition of a cosmetic which - it should be noted - underlines the importance of its intended use (cosmetics are presented as such), and the use of adjectives in its presentation, are also explicit.
It should be remembered that some products which are considered and marketed as cosmetics (lets recall the glaring example of sun products) in the USA are registered as OTC.
These products are subject to special rules in both the notification (voluntary for cosmetics) and labelling phase which, by 30/5/2005 at the latest should also report the Drug Fact or rather the active ingredients and the relative description of contents, instructions for use, precautions etc. This directly concerns the specific part of the label,
the absolute and relative visibility of the various items of information and the positioning of the label on the product and will require a much larger surface than usual.
On the label it is useful to know that:
- the letters relative to the ingredients must be at least 1/16 of an inch high;
- aromas and fragrances must be described as Flavor and Fragrance;
- in the case of decorative products, a list of colourings may
be drawn up preceded by the words may contain;
- if the FDA has conceded the confidential nature of an ingredient, its name may be substituted with the expression and other ingredients. Naming the ingredients is not however compulsory for cosmetics destined solely for professional use, free samples, testers and stage make-up. Finally, ingredients present in such low concentrations that they have no technical or functional effects do not have to be listed.
We mention two more details contained in Doratos report.
The FDA requires the manufacturer to evaluate the harmlessness of marketed products; if the relative test has not been carried out there should be a phrase which says Warning-the safety of this product has not been determined.
Further and more in-depth information can be found on line in specific web-sites where you can easily lose your way if you do not know the complete string:
FDA (www.fda.gov/cder; vm.cfsan.fda.gov; www.fda.gov/opacom/laws/fdcact/fdctoc.htm; www.fda.gov/opacom/laws/fplact.htm).
Code of Federal Regulation http://www.access.gpo.gov/nara/cfr/index.html
Bureau of Alcool, Tobacco and Firearms http://www.atf,treas.gov
FTC http://www.ftc.gov
Customs http://www.customs.treas.gov
* Note - Federal Food, Drug and Cosmetic Act, 1938; Code of Federal Regulations, title 21, Parts 1-99 and 700-799; Fair Packaging and Labeling Act 15 U.S.C. 1451 et seq; Department of Commerce Requirements Concernings Labeling of the Country of Origin of Imported Products, 19 CFR, Part 134; Bureau of Alcool, Tobacco and Firearms - Distribution and Use of Denatured Alcohol and Rum, 27
CFR, part 20.
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