October 2003





Belle scommesse!
A fine challenge indeed!

Il rumore del lusso
The sound of luxury

Cosa bolle in pentola
Food: what’s cooking?

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Carta e trasformazione: un bilancio
Paper and converting: a balance

Al centro, il contenitore
At the heart, the container

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Doppia bolla, esperienza e rinnovamento
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Il PVC e l’imballaggio del "fresco"
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Carni lavorate: pack e mercati
Processed meat: packs and markets

Laser per la flexo
Lasers for flexo

Speciali per il converting
Converting specials

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Dopo la pausa, che nel 2002 ha costretto a ritoccare margini e profitti di un mercato a lungo considerato "inattaccabile" da crisi e disagi, i produttori dei beni di lusso rivedono le proprie strategie e pensano alla ripresa. Come? Lasciandosi alle spalle abitudini forse troppo consolidate.

Le cifre riportate da Altagamma (l'associazione che riunisce le imprese produttrici di beni per il mercato selettivo) non lasciano dubbi: il mercato dei beni di lusso (figura 1) ha raggiunto nel 2002 131,9 miliardi di euro, in calo (-0,3%) rispetto al picco di 132,9 miliardi di euro raggiunto nell’anno precedente. Anche la "magia" del bello - da sempre conforto tangibile al disagio personale e sociale - si è dunque dovuta arrendere alla congiuntura negativa globale, interrompendo un trend di crescita costante durato sette anni. Ma se la battuta di arresto è da far risalire, simbolicamente, agli eventi dell'11 settembre, alle crisi politiche internazionali che ne sono seguite e alle inaspettate epidemie in Estremo Oriente, gli analisti della Bain & Company puntano l'attenzione anche su alcune dinamiche di mercato, che dovranno essere valutate con attenzione dagli operatori per recuperare le posizioni perdute. Essi indicano in primo luogo la velocizzazione di alcuni processi già in atto (ripercussioni della recessione degli Stati Uniti e l’indebolimento dell’economia in altri mercati chiave per i beni di lusso come Europa e Far East), ma anche l'enfatizzazione di ulteriori segnali (riduzione dei flussi turistici da Giappone e Stati Uniti, dovuta all’instabilità politica; il ribasso del mercato azionario dopo il ridimensionamento della “new economy”; il calo generale della fiducia dei consumatori…).
Tuttavia, oltre a invitare a una maggiore consapevolezza sullo stato dello cose, gli analisti indicano come prioritario un cambiamento di mentalità, proponendo obiettivi gestionali e strategici in grado di rivitalizzare i rapporti dei produttori con il mercato: un approccio più locale al marketing, una precisa differenziazione dei prodotti, un'attenzione puntuale alla soddisfazione della clientela (da segmentare in base alla loro reale redditività), riduzione del time to market, una gestione più incisiva e moderna dei negozi.

Luci e ombre
Nonostante la situazione sia seria, l'impatto sulla domanda di beni di lusso non è stato tuttavia così drammatico e, soprattutto, è necessario fare opportuni distinguo tra i vari mercati, le categorie di prodotto e le singole aziende/brand.

Mercato
o Per quanto riguarda le aree geografiche, alcune hanno resistito meglio alla crisi mentre altre hanno sofferto in misura maggiore (figure 2 e 3). Se, infatti, sono stati colpiti i consumi negli USA (-4%) e il Far East ha registrato una lieve decrescita (-1%), l’Europa ha ottenuto un +3% e il Giappone ha fatto registrare un +2%. o Sia negli Stati Uniti che in Europa, i consumi di beni di lusso si sono concentrati sui brand locali. Di conseguenza, il mercato europeo è cresciuto sia in quantità che a valore, mentre il mercato americano si è contratto a causa dei differenziali di prezzo tra prodotti locali e quelli di importazione.

Prodotti
• Alcune categorie di prodotto hanno sofferto più di altre: calzature e art de la table (-2,5%), abbigliamento femminile (-0,5%) e accessori seta (-1%). Nonostante la generale contrazione del mercato, la gioielleria di marca, gli occhiali e l’abbigliamento maschile, categorie fortemente cresciute fino al 2001 (IMA 1994-01 rispettivamente del 13%, 17% e 13%) non hanno visto interrompere il loro trend positivo (delta 2001-02 rispettivamente dell’1%, 2% e 1%) grazie all’evoluzione strutturale di alcuni comportamenti d’acquisto.
• Nella gioielleria, si rileva una progressiva trasformazione della domanda di prodotti unbranded in domanda di prodotti di marca di fascia alta (crescita del mercato “aspirazionale” superiore a quella della componente “elitistica” del 6%).
• Gli occhiali, categoria aspirazionale per eccellenza, sono probabilmente ancora lontani dall’aver raggiunto il pieno potenziale.
• Nell’abbigliamento, il segmento uomo ha avuto una performance molto migliore rispetto alla donna (guadagnando 6 punti di quota di mercato dal 1994 a spese della donna), fondamentalmente guidato dall’aumento del consumo maschile concentrato nello sportswear e nel leisurewear.

Tendenze
Il focus sulle singole aziende ha evidenziato alcuni nuovi trend, che riportiamo in sintesi, e che rimandano al superamento di alcuni paradigmi dati per scontati fino a ieri.
• Sebbene permanga la polarizzazione sui brand più forti a scapito dei brand di fascia media, il mercato sembra pronto ad accettare outsider/specialisti di nicchia.
• La migliore reazione alla crisi è arrivata da:
- aziende con un posizionamento molto forte e radicato;
- aziende che abbiano già compiuto il processo di diversificazione dei prodotti o che si presentino come specialisti di categoria.
• I brand del lusso, che hanno investito in passato nello sviluppo di una rete retail diretta, si trovano oggi in difficoltà nel recuperare profitti e faticano a crescere "organicamente" dai loro assett.

Le prospettive
Sempre secondo Bain & Company, il 2003 dei beni di lusso dovrebbe confermare la tendenza al ribasso (-5%), da mettere in relazione soprattutto alla debolezza del dollaro. Ulteriori freni alla crescita sarebbero poi le ripercussioni dell'epidemia Sars (con il forte impatto negativo sui flussi turistici) e la perdurante instabilità politica internazionale, che molto incide sulla fiducia dei consumatori. D'altronde i risultati del primo trimestre di alcuni importanti brand del lusso portano i segni di questa recessione. Tutto male, dunque?
Non proprio, suggeriscono ancora esperti e associazioni di categoria, se gli imprenditori saranno in grado di operare quella “crescita organica”, reclamata dai nuovi scenari di mercato.
A tal proposito, i player devono comprendere che l’acquisizione indifferenziata di nuovi clienti (attraverso M&A, apertura di nuovi negozi, ingresso in nuove categorie di prodotto e in nuovi mercati, etc.) non basta più a garantire uno sviluppo coerente del business, e che è invece necessario focalizzarsi su un'acquisizione mirata, puntando alla "retention" di clienti ad alto potenziale e a elevata redditività nel tempo. Ciò comporta un drastico cambio di rotta a livello strategico e gestionale, capace di rivitalizzare alcuni concetti che stanno "segnando il passo". Eccoli in sintesi:
- la crescita può avvenire grazie a investimenti mirati ad aumentare la prossimità al cliente, passando quindi dal marketing globale al marketing "locale", da definire prima di considerare un territorio come "semplice" terra di conquista;
- la segmentazione della clientela (inquadrata sulla base della possibile redditività nel tempo) deve accompagnarsi a una diversificazione innovativa e mirata dei prodotti non solo in base al costo, ma dei quali bisogna far percepire con chiarezza il valore aggiunto. I prodotti devono essere considerati solo uno degli elementi della "proposta di valore", e soprattutto testimoniare la qualità;
- il time-to-market deve necessariamente ridursi, in virtù di un sistema produttivo più flessibile per poter garantire un servizio migliore al cliente;
- la gestione del retail deve essere contraddistinta da un approccio più manageriale, anche se tagliato su esigenze squisitamente locali, in seguito a operazioni di "micro-marketing";
- il posizionamento dei brand, nell'ambito delle holding del lusso, deve essere basato sulla conoscenza approfondita del target di consumatori e del mercato.



A fine challenge indeed!
After the lull, which, in 2002, forced an adjustment of margins and profits of a market long considered to be impregnable to crisis and austerity, luxury goods manufacturers are overhauling their strategies and concentrating on recovery. How? Forgetting behavioural patterns which were perhaps too entrenched.

The figures produced by Altagamma (an association which brings together manufacturers of goods for exclusive markets) leave little room for doubt: in 2002 the luxury goods market (figure 1) reached 131.9 billion Euro, a drop (-0.3%) compared to the peak of 132.9 billion Euro reached in the previous year.
The “magic” of beauty - always a balm for personal and social hardship - had to surrender to the negative global trend, interrupting a constant growth trend which had lasted for seven years. But if this setback dates back, symbolically, to the events of the 11th of September, to the international political crisis in their wake and the unexpected epidemics in the Far East, Bain & Company analysts are focussing attention on a few market dynamics, which operators should evaluate very carefully in order to make up for lost ground.
In the first place they point to the acceleration of processes already afoot (after-effects of the recession in the United States and the weakening of the economy in other key luxury goods markets such as Europe and the Far East), but also the build-up of other signals (fewer tourists from Japan and the United States, owing to political instability; the decline of the stock market after the shake-out in the “new economy”; the general drop in consumer trust…).
However, as well as inviting more awareness as to the state of things, analysts indicate that a change of attitude is a priority, proposing management and strategic objectives able to revitalise the relationship of manufacturers with the market: a more local approach to marketing, strict product differentiation, prompt attention to customer satisfaction (segmentation based on real incomes), reduction of time to market, more punchy and modern store management.

Light and shadow
Though the situation is serious, the impact on the demand for luxury goods has not been so dramatic and, above all, one has to make an appropriate distinction between various markets, product categories and individual companies/brands.

Market
• As regards geographical areas, some have withstood the crisis better than others (figures 2 and 3). In fact, while consumption has been hit in the USA (-4%) and the Far East has seen a slight drop (-1%) Europe has gained 3% and Japan 2%.
• In both the United States and Europe, luxury goods consumption has concentrated on local brands. Consequently, the European market has grown in quantity and value, while the American market has shrunk, due to price differentials between local and imported products.

Products
• Some product categories have suffered more than others: shoes and tableware (-2.5%), female clothing (-0.5%) and silk accessories (-1%).
Despite the general contraction of the market, branded jewellery, glasses and male clothing, categories which boomed until 2001 (IMA 1994-01, respectively 13%, 17% and 13%) have not seen their positive trend halted (delta 2001-02 respectively 1%, 2% and 1%) thanks to the intrinsic evolution of some buying behaviours.
• In jewellery we are seeing a progressive transformation of the demand for unbranded products into the demand for top of the range branded products (“aspirational” market growth exceeds the 6% “elitist” luxury goods component).
• Glasses, an aspirational category par excellence, are probably still along way away from having reached their full potential.
• In clothing, the male segment has performed much better than the female segment (gaining 6 points of market share since 1994 at the expense of the female segment), fundamentally governed by the increase of male consumption concentrated in sportswear and leisurewear.

Trends
The focus on individual companies has highlighted a few new trends, which we summarise here briefly, linked to the eclipse of some paradigms which were previously taken for granted.
• Although the polarisation of stronger brands persists to the detriment of mid-range brands, the market seems ready to accept niche outsiders/specialists.
• The best reaction to the crisis came from:
- companies with a very strong and deeply rooted positioning;
- companies who have already completed the process of product diversification or who appear to be category specialists.
• Luxury brands which, in the past, have invested in the development of direct retail networks, now find they are having difficulty in recouping profits and in growing “organically” from their current structure.

Prospects
Again, according to Bain & Company, the year 2003 of luxury goods should confirm the downward trend (-5%), mainly traceable to the weak dollar. A further curb on growth can be attributed to the aftermath of the Sars epidemic (with its strong negative impact on the stream of tourists) and persisting international political instability, which has made a huge dent in consumer trust. In any case, the results of the first three months of some important luxury brands show signs of this recession.
So, it’s all bad news?
Not exactly, suggest other category experts and associations, if businesses are able to turn to their account that “Organic growth” required by new market scenarios.
In that regard, the players have to understand that the indiscriminate acquisition of new clients (through M&A, opening new stores, entering new product categories and markets etc.) is no longer enough to guarantee a coherent development of their business, and that it is necessary instead to focus on targeted acquisition, aiming at the “retention” of high-potential clients and elevated profitability over time.
This implies a drastic about-turn on a strategic and management level, capable of regenerating some concepts which are “lagging”. Here is a summary:
- growth can happen thanks to investments aimed at increasing customer proximity, moving from global to local marketing, something which needs to be defined before considering an area as “simply” territory to be conquered;
- customer segmentation (framed on the basis of potential profitability over time) has to go hand in hand with innovative and targeted product diversification not just on the basis of cost. One has to make sure their added value is clearly perceived. The products must be considered as only one of the elements of the “value proposal” and above demonstrate their quality;
- time-to -market must necessarily be reduced, by virtue of a more flexible productive system in order to guarantee better customer service;
- retail management must be characterised by a more managerial approach, though pruned to meet exclusively local needs, following “micro-marketing” operations;
- brand positioning, in the sphere of luxury holdings, must be based on the in-depth knowledge of the consumer target and market.