September 2000
L’Alchimista
The Alchemist

Massima flessibilità
Maximum flexibility

Un pack per la grande distribuzione
A pack for broadscale distribution

Il vissuto della pubblicità
The experience of advertising

M&D News
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Italian scenarios

Si conferma la ripresa
The recovery is confirmed

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A high concentration of color

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Un big bag amico dell’ambiente
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Laws and Decrees


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Letters to the editor

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Invisible and cool

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Spark of genius

Materie prime per la produzione di imballaggi
Raw materials for packaging production

Tutti quelli che...
All those that

M&M News

Bottiglie d’acqua minerale trasformate in preziosi e rari gioielli; sacchetti di plastica che diventano stravaganti
e lussuosi abiti da sera; unghie finte, bigodini,
rossetti che si mutano in trasgressive Veneri di Milo. Ovvero: l’alchemica arte della trasmutazione
della materia.
Sonia Pedrazzini
Questa è una favola; peccato che sia una storia vera e che quindi, come dire, sia più imbarazzante da accettare perché non è completamente immaginaria anche se molto ha a che fare con l’immaginario e con l’immaginazione.
«Si chiama Enrica Borghi, vive in una cittadina del Piemonte ed è una specie di Re Mida perché trasforma in oro, anzi in arte, quasi tutto ciò che tocca: bottiglie, sacchetti, etichette, materiali vari per imballaggio, unghie finte, bigodini e oggetti della femminile quotidianità».
Lei si definisce un’artista, ma forse sarebbe meglio dire un’alchimista, perché le sue operazioni (qui intese come: opere contenenti trasformazioni) sono assimilabili alle antiche pratiche alchemiche, che tendevano a decostruire la fissità dei vincoli naturali per ricostruire una realtà materiale perfetta attraverso un’ampia e diversificata serie di operazioni: “solve et coagula”, ovvero “dissolvi e solidifica”.
Con Enrica, i vincoli, non più naturali bensì artificiali, sono quelli dei comuni oggetti che ci circondano e che, dopo l’uso, devono essere smaltiti. I materiali da imballaggio, in particolare, così come appaiono nei nostri cestini della spazzatura, sembrano essere per la Borghi una realtà grezza e imperfetta che però può, e forse deve, essere nobilitata ed elevata mediante una vera e propria ricostruzione fisica dopo la sua dissoluzione in quanto prodotto. Detto fatto! Solve et coagula: celesti e vuote bottiglie di plastica sono ridotte in frammenti e poi forgiate come il guanto di un’armatura costellata di fiori.

Del fare e del sapere
«Ogni giorno Enrica lavora pazientemente per ore: raccoglie, seleziona, taglia, piega, incolla, intreccia, assembla migliaia di pezzi di plastica trasparente o colorata, rigida o flessibile, PET, PVC, PP, PE, etichette, tappi, involucri di vario tipo... quasi tutto ciò che l’industria dell’imballaggio produce e che il mercato usa e consuma.
La sua officina è smisuratamente alta per contenere montagne di materiale “grezzo” reperito nei cimiteri degli oggetti dimenticati. Tutto intorno, appesi alle pareti annerite dal fumo di un gran fuoco sempre acceso, uncinetti e aghi di varie dimensioni e sulle mensole di pietra libri, giornali, crogioli ed enormi matasse di filo di nylon.
Enrica ripercorre mentalmente e manualmente le indicazioni segrete che la nonna le ha tramandato e alle antiche ricette aggiunge i suoi nuovi ingredienti: pasta bruciata, bigodini, confetti colorati, rossetti, cotton fioc, vecchie pellicce. E mescola, mescola, mescola... ».
Uno dei fondamenti dell’alchimia consiste nel far dipendere la teoria dalla pratica; quasi sempre cioè, l’acquisizione del sapere e l’elevazione della conoscenza sono il risultato di lunghe sperimentazioni e di articolate operazioni manuali. E tuttavia l’alchimista non potrebbe operare senza avere anche profonde conoscenze teoriche. “Fare” e “sapere” dunque si alimentano vicendevolmente e si susseguono all’infinito in modo circolare: l’operare produce sapere ma per operare bisogna sapere.
Enrica Borghi esegue i suoi lavori con la stessa attitudine dell’alchimista: seguendo una antica prassi quasi artigianale, con gesti lenti e ripetitivi, lontani dal contesto temporale contemporaneo, acquisendo man mano nuova conoscenza ed elevando di volta in volta il livello della sua trasmutazione.

Arte e artificio
«Enrica trascorre molte ore della notte a studiare l’intima struttura delle plastiche e le forme degli involucri, la natura dei materiali artificiali e i modi per interrompere i legami chimici che li uniscono. All’alba, infine, sperimenta le nuove formule per attuare le trasmutazioni degli scarti plastici in opere d’arte».
Tutti i percorsi alchemici sono improntati sul rapporto tra natura e artificio e sulla questione dell’identità o della differenza fra quello che viene prodotto in laboratorio e l’omologa sostanza naturale; famosi alchimisti talvolta hanno addirittura affermato la maggiore perfezione dei prodotti artificiali rispetto a quelli naturali.
Ai giorni nostri questo sembrerebbe proprio essere confermato, per esempio, dai cibi transgenici che, a detta di alcuni, sono “sicuramente” meglio di quelli non modificati, cioè quelli naturali. Oppure, più semplicemente, considerando l’esistenza di speciali materie plastiche studiate apposta per essere “immortali” oltre che belle e preziose.
Anche le opere della Borghi, fatte di plastica dalla plastica, potrebbero diventare immortali, non certo per la resistenza fisica al tempo, ma per una persistenza psichica nell’immaginario di chi le guarda oltre che per lo scontato quanto magico evento di appartenere ad un sistema che è quello dell’arte.

Abiti da s-ballo
«Così Enrica crea, taglia e modella sfavillanti abiti da sera fatti con migliaia di leggeri e trasparenti fondi di bottiglia; di nastrini di polietilene che si allacciano a sottili lamine di plexiglas rilucente; di tappi colorati; di impalpabili buste e sacchetti intrecciati».
Anche se le opere della Borghi sono quasi tutte realizzate con materiali di scarto e con imballaggi usati; anche se i suoi soggetti sono spesso legati al mondo della moda e del quotidiano femminile; anche se in lei sembra predominare l’aspetto artigianale e manuale su quello concettuale; anche se il fatto che lei sia un’artista la colloca in un mercato che non è ancora il supermercato... tuttavia sarebbe riduttivo considerarla semplicemente una “ecostilista” che crea con materiali poveri oggetti effimeri per un pubblico ristretto.
Il lavoro di questa artista-alchimista va considerato, paradossalmente, oltre la sua stessa apparenza che è per l’appunto assai “appariscente”, ma per il suo contenuto ideale che si ispira alla metafora alchemica della trasmutazione della materia: fare del corpo uno spirito e dello spirito un corpo.

Del gioiello e del gioco
«E dopo gli abiti Enrica la maga crea i gioielli. Mondi infinitesimali si formano tra le sue dita esperte; esili filigrane di polimeri si attorcigliano su cangianti lastrine di gomma; riccioli e perline incrostano le forme sinuose di anelli, collane, bracciali; fili, ciuffi, batuffoli di poliestere e nylon impreziosiscono sintetiche gemme policrome. Non vi è scarto di materia, rifiuto o pezzo di plastica che sfiorato dalle sue mani resti umile o negletto; tutto diviene pregiato unico e speciale. Eppure fanno sorridere questi diademi fatti di nulla, stupire e sorridere, e noi, come ubriachi vediamo la stessa cosa che diventa doppia e nessuna delle due possiamo afferrare e trattenere: il povero e il ricco, il pieno e il vuoto, il leggero e il pesante...».
Eh già! Si provano sentimenti contraddittori ammirando questi gioielli di plastica. Ci si stupisce per la loro splendida fattura ma allo stesso tempo si pensa a uno scherzo: «Ma questa è plastica! Come avrà fatto a farli? Quanto varranno? Si potranno indossare? E se si rompono? Un ladro li ruberebbe? Li voglio. Non li voglio. Li voglio». Domande semplici che però collocano questi scherzi barocchi in territori concettuali complessi: il senso del valore, della bellezza, dell’ambiguità, del possesso, del tempo, della durata, del denaro, dell’arte e dell’artificio.
La Borghi questa volta ci ha fatto proprio un bello scherzo con questi gioielli “finto ricco” o “finto povero”! A pensarci bene la stessa parola “gioiello” ha lontane origini nel termine latino “iocus” che significa appunto gioco.

Classica contemporanea
«Enrica la Circe, il gioco continua! Candide Veneri di gesso, dalla bellezza antica e nobile vengono imprigionate e trasformate in donne rivestite di squame unghiate che però non impauriscono, non sono aggressive, anzi... fanno quasi tenerezza, con quei colori di caramella, con quelle parrucche fatte di spazzole e bigodini. Casalinghe mitologiche che seducono senza malizia e catturano lo sguardo e con esso, ahimè, anche la mente. Per sempre».
Questa volta, davvero per magia, le immobili bellezze bianche si animano quasi d’improvviso di una vitalità colorata e capricciosa. Sembra di sentire un gran chiacchiericcio di donne che parlano tra loro, si muovono, si addobbano, si agghindano e trasferiscono tutta la sensualità classica dei corpi sull’involucro-confezione che ricopre le forme di gesso; è come se un packaging attillato facesse le veci di una pelle bizzarra. In modo del tutto inaspettato, alla fine, siamo ritornati al principio: all’imballaggio, al contemporaneo, al prodotto... o forse non ce ne siamo mai allontanati... Nell’antica India fu chiesto al maestro alchimista Nagarjuna se non era assurdo pensare che fosse possibile fare l’oro dalle pietre. Ed egli rispose: «Nel senso spirituale tutto è possibile». Gli oggetti di Enrica sono proprio così: oro dalle pietre, anzi, dalla plastica.

Sonia Pedrazzini
Packaging Designer
The Alchemist
Bottles of mineral water transformed into precious and rare jewels; plastic bags which become extravagant and luxurious evening dresses; false nails, rollers, lipsticks which turn into outrageous Milo’s Venuses. This is the alchemical art of the transmutation of matter.

Pity this fairy tale is a true story and therefore, how shall I say, harder to swallow as it is not entirely made up even though it has a great deal to do with the imaginary world and imagination.
«Her name is Enrica Borghi and she lives in a city in Piedmont. She is a kind of King Midas because she transforms almost everything she touches into gold, or rather into art: bottles, bags, labels, various packaging materials, false nails, rollers and everyday feminine objects».
She defines herself as an artist but perhaps we should say alchemist because her operations (here meant as: works containing transformations) are comparable to ancient alchemical practices, which tended to deconstruct the fixedness of natural bonds in order to reconstruct a perfect material reality through a wide-ranging and diversified series of operations: She “clarifies and coagulates” or rather “dissolves and solidifies”.
With Enrica the bonds, no longer natural but artificial, are those of the ordinary objects which surround us and which, once used, must be got rid of. Packaging materials, particularly as we find them in our rubbish bins, appear to Borghi as a raw and imperfect reality which however can, and perhaps must, be ennobled and elevated by means of a proper physical reconstruction after their death as a product. No sooner the word than the deed! She clarifies and coagulates: empty blue plastic bottles are reduced to fragments and then forged into an armoured glove studded with flowers.

Of doing and knowing
«Every day Enrica works patiently for hours: she gathers, selects, cuts, folds, glues, weaves, assembles thousands of pieces of transparent or coloured , rigid or flexible plastic, PET, PVC, PP, PE, labels, tops, wrappers of various types... almost anything the packaging industry produces and the market uses and consumes.
The ceiling of her workshop is inordinately high in order to contain the mountains of “raw” material rescued from the cemeteries of forgotten objects. All around, hanging on walls blackened by the smoke of a large and permanently blazing fire, are hooks and needles of various sizes and on the stone shelves there are books, newspapers, crucibles and enormous skeins of nylon thread.
Enrica mentally and manually follows both the secret instructions her grandmother handed down to her and ancient recipes, adding her own new ingredients: burnt pasta, rollers, coloured sugared almonds, lipsticks, cotton buds, old bits of fur. And she stirs and mixes and stirs and mixes...».
One of the fundamental points of alchemy consists in making theory depend upon practise; virtually always that is, the acquiring of knowledge and the heightening of awareness are the result of long periods of experimentation and complicated manual operations. And all the same the alchemist could not work without having a broad theoretical knowledge. “Doing” and “knowing” hence nourish each other reciprocally and follow each other through to infinity in a circular fashion: working produces knowledge but to work you must have knowledge. Enrica Borghi follows her work through with the approach of an alchemist: following an ancient practise close to craftwork, with slow and repetitive gestures, far afield from the temporal everyday context, by and by acquiring new awareness and each time elevating the level of her transmutation.

Art and artifice
«Enrica spends many hours of the night studying the intimate structure of plastics and the forms of wrappers, the nature of artificial materials and ways of breaking the chemical links which join them. Finally at dawn she experiments with new formulas for transmuting plastic waste into works of art».
All alchemical processes are based on the relationship between nature and artifice and the question of identity or the difference between what is produced in the laboratory and the corresponding natural substance; famous alchemists have sometimes even asserted the superiority of artificial products over natural ones.
In our times this would appear to be confirmed for example by genetically modified food which, in some people’s opinion, is “definitely” better than food which has not been modified, i.e. natural food. Or just consider the existence of those special plastic materials designed especially to be “immortal” in addition to being beautiful and precious.
Borghi’s works too, made of plastic from plastic, could become immortal, by no means thanks to their physical resistance to time , but due to a psychic persistence in the imagination of those who see them in addition to the inevitable as well as magical fact of belonging to a system which is art.

Fantastic dresses
«So Enrica creates, cuts and models shining evening dresses made from thousands of light and transparent bottle bottoms; polyethylene ribbons tied to thin sheets of glittering Plexiglas; of coloured tops; of impalpable woven wrappers and bags».
Even though Borghi’s works are almost entirely created from waste materials and used packaging; even though her subjects are often linked to the world of fashion and everyday femininity; even though the handcrafted and manual aspect appears to predominate over the conceptual in her work; even though the fact she is an artist places her in a market which has not yet become a supermarket...it would still seem limiting to merely think of her as an “eco-designer” who creates ephemeral objects from poor materials for a small public. This artist-alchemist’s work should paradoxically be considered for its ideal content as well as for its actual appearance, which is rather “flashy”. This ideal content takes inspiration from the alchemical metaphor of transmutation: making the body into a spirit and the spirit into a body.

Of jewels and games
«And after clothes Enrica, the magician, creates jewels. Infinitesimal worlds take shape between her expert fingers; thin polymer filigreeing twists itself around iridescent sheets of rubber: curls and pearls encrust the sinuous shapes of rings, necklaces, bracelets; threads, tufts, wads of polyester and nylon adorn synthetic polychrome gems. There is no scrap of material, rubbish or piece of plastic which, touched by her hands, remains humble or neglected : everything becomes prized, unique and special. And yet these diadems made of nothing make you smile, astonish you and make you smile, and we, like drunkards see the same thing double and are unable to seize and hold onto either: the poor and the rich, the full and the empty, the light and the heavy...».
Oh yes! You have mixed feelings while admiring these plastic jewels. You are astonished by their splendid manufacture but at the same time you think it’s a joke: «But this is plastic! How did she do it? How much are they worth? Can you wear them? And what if they break? Would a thief take them? I want them. I don’t want them». I want them. Simple questions which however locate these baroque jokes in complex conceptual territories: the sense of worth, beauty, ambiguity, possession, time, duration, money, art and artifice. This time Borghi has really played a good joke on us with these “fake rich” or “fake poor” jewels! If you really think about it the word “jewel” has far off origins in the latin term “iocus” which means precisely game.

Contemporary classic
«Enrica the Circe, the game continues! Candid plaster Venuses of ancient and noble beauty are imprisoned and transformed into women covered in scratched scales which do not however instil fear, they are not aggressive, the very opposite... they almost inspire tenderness, with those candy colours, those wigs made of brushes and rollers. Mythological housewives who seduce without malice and capture the eyes and alas the mind too. Forever».
This time, really by magic, the immobile white beauties are animated almost unexpectedly by a colourful and capricious vitality. It is like hearing the chattering of women talking to each other. They move, they dress up, they put on their finery and transfer all the classic sensuality of their bodies onto the wrapping which covers the plaster shapes; it is as though clinging packaging took the place of a bizarre skin. In a wholly unexpected way we have in the end gone back to the beginning: to wrapping, to the contemporary, to the product... or perhaps we never really went very far away from it... In ancient India Nagarjuna, the master alchemist, was asked if it wasn’t absurd to think that gold could be made from stone. And he replied: «In a spiritual sense everything is possible». Enrica’s objects are precisely this: gold from stones or rather from plastic.

Sonia Pedrazzini
Packaging Designer