Ma se anche il magazzino avesse il suo OEE?

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Consulenza aziendale e cultura accademica aprono nuove prospettive per la misurazione dell’efficienza nell’intralogistica. Nasce così l’OWE (Overall Warehouse Effectiveness), una novità dal Politecnico di Torino di cui ci parla Alessandro Chiaraviglio

Maria Costanza Candi

Alessandro Chiaraviglio

Coniugare consulenza aziendale e ricerca accademica offre una prospettiva ampia sulla produzione industriale, portando a contaminazioni capaci di aprire nuove prospettive. È il caso della riflessione di Alessandro Chiaraviglio, ingegnere e Adjunct Professor al Politecnico di Torino che, nel corso di una consulenza per l’efficientamento del magazzino di un grande player del largo consumo, si è chiesto come mai non esistesse un KPI come l’OEE anche per segmenti strategici come quello della logistica e dell’intralogistica. ItaliaImballaggio lo ha incontrato per sapere di più sull’OWE - Overall Warehouse Effectiveness - il nuovo KPI che trasferisce i concetti di misurabilità dell’efficienza di uno stabilimento produttivo al contesto del magazzino in tutte le sue applicazioni.

Da cosa è nata questa codificazione del nuovo KPI?
«L’idea è partita da una riflessione sull’OEE, l’Overall Equipment Effectiveness, centrale per chi, come me, viene da una formazione meccanica, perché serve a valutare l'efficienza delle risorse produttive, cosa che un magazzino non è, visto che non trasforma nulla. La dinamica di funzionamento però è identica a uno stabilimento: una risorsa entra, uscendo dopo un tempo definito.
Il progetto è nato proprio dall’analisi di un caso industriale in cui il danneggiamento dei pallet con i prodotti già confezionati rendeva i colli irricevibili dai sistemi di visione industriale del cliente, bloccando di fatto la catena logistica, imponendo quindi un reso e una nuova spedizione. Un problema simile al fermo linea con ripercussioni su costi, efficienza, customer satisfaction e sostenibilità dell’intero processo ma di difficile misurazione. Ecco perché con il gruppo di ricerca del Politecnico di Torino, abbiamo pensato di adottare lo stesso approccio per valutare il complesso delle prestazioni di un magazzino.
Tra gli elementi presi in considerazione, al primo step c’è l’efficienza del magazzino esclusivamente dal punto di vista fisico, quindi i vani, immaginando che sia in grado di offrire un servizio di trasporto infinito.
La seconda fase della ricerca, che è in corso, prevede poi di valutare e mettere in relazione la parte fisica e quella dinamica. In questo modo è possibile definire un indicatore che tenga conto di entrambi gli elementi: il vano e il sistema di trasporto».

Schema Chiaraviglio

Quali sono i passaggi metodologici del vostro approccio?
«In linea con quanto avviene per KPI come l’OEE - prosegue Chiaraviglio - abbiamo prima di tutto valutato il concetto di uso delle risorse, assimilandolo alla disponibilità della meccanica. Il primo parametro è quindi costituito da un rapporto che valuta anche il tasso di occupazione. Questo permette di creare una formula dove al denominatore si trova la capacità ricettiva, cioè la capienza massima del magazzino, mentre al numeratore si trova la massima richiesta di vani nell'intervallo di analisi. Valutando un intervallo di tempo, e il carico massimo, è quindi possibile definire l’effettiva occupazione di questo bene rivelando condizioni di sottoutilizzo, sovrautilizzo o piena efficienza.
Il secondo parametro, che impropriamente chiamiamo “performance”, parte dall’assunto che idealmente ogni vano, ogni unità di carico che sta nel magazzino, abbia un intervallo minimo di giacenza al suo interno.
Il modello teorico prevede un giorno e un vano, dove al massimo dell’efficienza, il magazzino accoglierà un'unità di carico al giorno. Si tratta in effetti della rappresentazione di un magazzino ad altissima efficienza e turnover con giacenza minima i cosiddetti cross-docking.
Quindi, se immaginiamo 100 vani, con beni che stazionano un giorno, ogni giornata può contare su di un flusso potenziale di 100 unità di carico; se ne immaginiamo 10, arriviamo potenzialmente a movimentare 1.000 unità di carico.
Poiché delle variazioni sono inevitabili ecco che interviene l’OWE, un KPI con cui è possibile misurare il delta di efficienza tra quello che realmente viene movimentato nell’intervallo di tempo in magazzino e il suo flusso potenziale».

Una rivoluzione per la gestione della catena logistica. Quali sono i plus rispetto ai modelli tradizionali?
«Rispetto all’indice di rotazione, fondamentale per la logistica, OWE è un parametro di performance che misura il grado di efficienza del magazzino aiutando a disporre le materie prime in modo funzionale al suo interno. Mettendo a fattor comune il flusso in uscita e la giacenza media, si deduce la stima dei materiali presenti e la loro rotazione effettiva. Se sono fermi infatti rappresentano un costo che può richiedere una diversa rotazione, per quanto in alcuni mercati un certo grado di giacenza e basse rotazioni siano funzionali alla customer satisfaction, dove i costi sono compensati dalla stabilità offerta ai clienti.
Da non dimenticare, la “Qualità” che, come nella Lean, adotta il punto di vista del cliente, il suo valore percepito rispetto al timing, la quantità di materiale gestita, la qualità richiesta, il numero di consegne effettivamente a valore, in ritardo o meno. Si tratta di indicatori che definiscono un rapporto tra l'output a valore e l’input definito, che nel caso di OWE è rappresentato dal volume di vani andando quindi oltre il coefficiente d’uso del magazzino per definirne il reale utilizzo.
La “Performance”, uno dei parametri dell’OWE, è quindi uno stimatore degli indici di rotazione. D’altro canto, l’OWE è in grado di definire la puntualità, l’efficienza e gli eventuali elementi collaterali come i danneggiamenti, dando evidenza al flusso reale in magazzino.
Il modello è applicabile ai contesti più diversi; pensiamo ad esempio ai muletti o agli agv, per i quali si può definire un tempo ciclo ideale su cui misurare l’efficienza potenziale in base dell’operatività. Un modo per verificare inefficienze dei percorsi, spazi di efficientamento in ottica di Qualità e la sostenibilità che deriva dalla riduzione di sprechi e consumi che la misurazione permette».

Quali sono i vantaggi di questo nuovo KPI?
«Questo genere di indicatori si comportano come benchmark e baseline; come benchmark offrono la possibilità di misurare le prestazioni e compararle con la media degli altri competitor. Come baseline permettono una misurazione oggettiva che offre spazio alla comparazione dello stato dell’arte con alcune proiezioni future per valutarne l’efficacia. Per quanto AI e Digital Twin permettano di ridurre le implementazioni fisiche, servono comunque dei parametri di misurazione su cui analizzare un elevato numero di casi, per definire le migliori soluzioni di intralogistica. La prestazione non può che migliorare perché a parità di tempo è possibile muovere più materiale attraverso l’ottimizzazione del percorso, il che permette di ridurre i tempi, il consumo di materiale ma anche il dispiegamento di mezzi rendendo più efficiente la store capacity, la capacità ricettiva massima del magazzino».

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