September 2004




Latte: l’UHT passa al PET
Milk: UHT goes into PET

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Report on the state of the packaging industry (2)

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A winning choice

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La Centrale del Latte di Brescia lancia il primo latte a lunga conservazione in bottiglia di PET. Storia e prospettive di una scelta, a un tempo semplice e coraggiosa, fatta con l’obiettivo di conferire al prodotto un forte elemento di differenziazione, senza modifiche
alla logistica né aumenti di costo. Cuore di questo progetto, una linea di riempimento asettico, compatta ma di grandi prestazioni.
Stefano Lavorini

Una privatizzazione ben riuscita; una sfida di mercato giocata (e vinta) a colpi di innovazione in termini di packaging nel segmento del latte fresco; una dirigenza affiatata e dotata di fantasia, oltre che di una grande voglia di sperimentare nuove strade. Questi i fattori chiave del rilancio della Centrale del Latte di Brescia, nata negli anni ’30 del secolo scorso e divenuta SpA nel 1996. Una storia di successo che si misura in cifre - nel ’96 fatturava 44 miliardi di lire e oggi circa 40 milioni di Euro - ma anche e soprattutto nell’impetuoso sviluppo dell’offerta e nei recenti investimenti in impiantistica, preludio a una novità che farà rumore. Perché l’uscita sul mercato del primo latte UHT in bottiglia di PET, confezionato in asettico con tecnologia Krones, è un evento che fa notizia.

La prima bottiglia
non si scorda mai

Ma facciamo un passo indietro, al 1999, quando - gli operatori del settore lo ricorderanno - iniziarono a farsi sentire con evidenza gli effetti dell’ingresso sul mercato del latte fresco in bottiglia di PET (Parmalat). «La domanda si è spostata velocemente sul nuovo prodotto e il nostro latte confezionato in contenitore poliaccoppiato, che a livello locale deteneva praticamente il monopolio, è stato penalizzato in termini di quote di mercato», ricorda l’attuale direttore tecnico della Centrale bresciana, Paolo Bonometti. «Nonostante qualche comprensibile esitazione, siamo corsi ai ripari con un salutare “me too”, e nel 2001 siamo usciti con il nostro latte fresco intero di Alta Qualità e con il Parzialmente Scremato nelle bottiglie da 1 litro in PET, proposti allo stesso prezzo di quello in cartone.
I consumatori sono tornati a scegliere il nostro prodotto in bottiglia, premiandone, in particolare - come hanno messo in evidenza le indagini di mercato - leggerezza, ergonomia, richiudibilità, aspetti ecologici».
L’introduzione della bottiglia di PET per il latte fresco, dunque, è stata un successo, anche perché - interviene il responsabile del servizio tecnico, Claudio Zanardini - il costo del nuovo pack, tutto considerato, è equivalente a quello delle confezioni in poliaccoppiato. Ma non solo: «Progettando i nuovi contenitori con base quadrata abbiamo potuto continuare a utilizzare i sistemi di movimentazione e i cestelli che già avevamo. Lo stesso approccio ci ha guidati nel successivo sviluppo del mezzo litro, che ha la stessa base del contenitore da litro, minimizzando così anche gli investimenti supplementari. L’unico imprevisto è stato quello di dover raddoppiare la capacità produttiva della linea PET, visto che il rapporto fra plastica e cartone si è rapidamente portato su un 70/30, esattamente il contrario di quello che avevamo previsto».

Tutte le strade portano all’UHT
La rapidità con cui il nuovo pack si è affermato ha portato, dopo un solo anno, ad acquistare una seconda linea di riempimento del tipo “ultra clean” e a installare dei magazzini di accumulo per i contenitori di PET, da litro e mezzo litro, che hanno consentito di ottimizzare l’utilizzo della soffiatrice. Il passaggio dalla tecnologia del confezionamento in poliaccoppiato («che - sottolineano i nostri interlocutori - è di una semplicità geniale») a quella più complessa della bottiglia ha stimolato una crescita di competenze specifiche, che sono entrate a far parte del patrimonio aziendale. Ma, come si dice, l’importante non è vincere la battaglia, bensì la guerra; così, rilanciato il latte fresco, si è imposta la necessità di un nuovo packaging anche per l’UHT, sia per contrastare l’offensiva dei grandi marchi sul territorio, sia - perché no - per valorizzare un prodotto di lunga vita, che ben si presta, dunque, a essere distribuito “oltre confine”.
In questo caso, l’obiettivo della Centrale del Latte di Brescia è stato di «individuare e mettere a punto una confezione distintiva, in termini di forma e di contenuto di servizio». In altre parole, secondo le valutazioni dell’azienda, era necessario per il latte UHT valorizzare la qualità della materia prima impiegata (di raccolta diretta) ed il delicato trattamento utilizzato (uperizzazione con iniezione di vapore) con un imballaggio diverso da “tutti gli altri”. E, così, è ripreso il cammino sulla strada del cambiamento.

Comparazioni
Alla ricerca di alternative in grado di offrire più individualità e innovazione, il management della Centrale bresciana si è nuovamente orientato sulla bottiglia di plastica, già protagonista della success story del latte fresco. Ma se oggi, per confezionare il latte a lunga conservazione, normalmente si usa HDPE, in questo caso l’attenzione si è rivolta al PET.
«L’HDPE - spiega Bonometti - offre numerosi vantaggi ma, per contro, richiede o di acquistare bottiglie vuote, con i pesanti risvolti logistici del caso, o di diventare trasformatori del polimero, impegnandosi in una lavorazione complessa come l’estrusione-soffiaggio, con impianti molto ingombranti e non velocissimi. Per questo, e considerando le competenze fin qui maturate, abbiamo voluto esaminare l’ipotesi PET anche per il confezionamento di latte UHT, giungendo ad alcune considerazioni interessanti».
«Il contenitore di PET - sottolinea Zanardini - ha una struttura che di per sé assicura la necessaria protezione dall’ossigeno, senza bisogno di ulteriori strati barriera. Più problematico, invece, si presentava il discorso relativo alla barriera UV, visto che uno dei plus caratteristici di questo materiale è proprio la trasparenza. Tuttavia, al problema abbiamo dato soluzione utilizzando degli appositi additivi, ma soprattutto adottando una bella sleeve “integrale”, che presenta anche vantaggi supplementari sul piano del servizio e della comunicazione.
In azienda abbiamo studiato l’argomento, alla ricerca di idee grafiche, e abbiamo così avuto modo di verificare che, decori a parte, la sleeve metallizzata è in grado di assicurare quella barriera totale alla luce che viene richiesta per un prodotto dalla vita commerciale di 90 giorni. Infine, la verifica finanziaria: tutto considerato, il nuovo contenitore completo risultava competitivo anche sul piano dei costi. E così abbiamo deciso».
La nuova sfida
Messo a punto il progetto del contenitore e della relativa sleeve antieffrazione (riveste anche il tappo, a sua volta dotato di sigillo di garanzia), i “tecnici bresciani” si sono trovati ad affrontate il problema della scelta dei fornitori di tecnologia, con il condizionamento derivante da una drammatica carenza di spazio.
Lo stabilimento, infatti, nonostante i continui adeguamenti, sembrava del tutto inadeguato a sostenere un’ulteriore espansione della capacità produttiva. Come trovare gli spazi necessari? In altre parole, Bonometti e Zanardini hanno personalmente ridisegnato l’azienda, intervenendo sulle volumetrie - sono stati fatti degli ampliamenti marginali - e rivoluzionando completamente i lay out, senza (ovviamente) interrompere mai la produzione. Tutti i problemi sono stati superati con grande partecipazione, fantasia, intelligenza, e una cura maniacale dei dettagli, per sfruttare al meglio lo spazio disponibile, ottenendo non solo il pieno risultato operativo, ma anche il plauso delle Belle Arti per alcune delle modifiche apportate al vecchio edificio degli Anni ‘30. Così, oggi lo stabilimento di via Lamarmora ospita una linea nuova di zecca, il cui cuore è costituito da un impianto di lavaggio, sterilizzazione e riempimento asettico della Krones, integrato con una seconda, ormai indispensabile, soffiatrice, sempre dello stesso costruttore.
Fulcro della linea, l’originale sistema di riempimento PET-Asept, progettato per superare i limiti sia della camera bianca sia dei sistemi lineari e rotativi di riempimento asettico.
«Le sue caratteristiche di compattezza, efficacia e velocità - sottolinea Zanardini - derivano soprattutto dalla rivisitazione della camera asettica, che è stata drasticamente ridimensionata per controllare meglio il circuito interno e, in particolare, le zone di dosaggio e riempimento.
Determinante, al riguardo, l’istituzione di camere con pressioni differenziate, che permettono di governare i flussi d’aria, garantendo la sterilità del processo, oltre che di impedire la fuoriuscita dei vapori di acido peracetico.
Dal punto di vista strutturale, inoltre, questa soluzione ha consentito di separare dall’ambiente sterile le parti pneumatiche, elettriche e motrici, minimizzando le occasioni di contaminazione del prodotto e agevolando l’accessibilità alle zone critiche del sistema».
Una tecnologia sofisticata, dunque, che è in grado di supportare gli obiettivi di sviluppo a breve e medio termine su cui continuano a lavorare i manager della società bresciana. E c’è da scommetterci ne vedremo presto delle belle.




Milk: UHT goes into PET
The Brescia Dairy launches the first long conservation milk in PET bottles. The history and prospects of this choice, simple but at the same time courageous, made with the objective of conferring a strong element of differentiation to the product, without changing the logistics or increasing costs.
At the heart of this project is an aseptic filling line, compact but with high performance.
Stefano Lavorini

A successful privatisation; a market challenge played (and won) with innovative decisions in terms of packaging in the fresh milk sector; a united and imaginative management, as well as a strong desire to try out new directions. These are the key factors in the relaunch of the Brescia Dairy, which was founded in the 1930s and became a SpA (limited company) in 1996. A success story reflected in the statistics - in 1996 turnover was 44 billion lire and is now 40 million Euro - but above all by prompt development of the range and recent investments in plant, the harbinger of an innovation sure to make a splash. Because the launch onto the market of the first UHT milk in PET bottles, packed in aseptic with Krones technology, is an important event.

You never forget
the first bottle

But let’s take a step back, to 1999, when - operators in the sector will remember this - the effect of the entry into the market of fresh milk in PET bottles (Parmalat) began to be felt.
“Demand quickly switched to this new product and our milk packed in polylaminate containers, which had a virtual monopoly at a local level, began to suffer in terms of market share” recalls Paolo Bonometti, the current technical director of Brescia Dairy.
“Despite some understandable hesitation, we were quick to respond and say ‘me too’, and in 2001 we came out with our High Quality full and semi-skimmed fresh milk in 1-litre PET bottles, which sold at the same price as milk in cartons. Consumers returned to our product in bottles, especially appreciative - as market surveys showed - of its lightness, ergonomics, resealability and the environmental aspects”.
The introduction of the PET bottle for UHT milk has been a success, also because - as the head of technical service, Claudio Zanardini, explains - the cost of the new pack, taking everything into consideration, is the same as that in polylaminate. But that is not all: “By designing the new pack with a square base, we have been able to continue using the handling systems and crates which we already have. The same approach has guided us in subsequent development of the half-litre pack, which has the same base as the litre container, thus minimising further investment costs. The only unforeseen factor is that we have had to double the production capacity of the PET line, since the ratio of plastic to card has quickly grown to 70:30, exactly the opposite of what we expected”.

All roads lead to UHT
The speed with which the new pack has been taken up has led, after only a year, to the acquisition of a second filling line of the ‘ultra clean’ type, and the installation of storage warehouses for the PET containers, both litre and half-litre, which has allowed the company to optimise use of the blower.
The move from the technology of packaging in polylaminate (“which is of amazing simplicity”) to the more complex packaging in bottles has resulted in a growth in the specific expertise, which has become part of the company’s stock in trade. But, the saying goes, the important thing is not to win the battle, but the war. So, with fresh milk having been relaunched, it became necessary to find a new packaging for UHT, both to meet the competition from big names in the sector and - why not? - to use to advantage the benefits of a long-life product by distributing it ‘beyond the frontiers’.
In this case, Brescia Dairy’s objective was to “identify and develop a distinctive packaging, in terms of shape and suitability in service”. In other words, in the company’s opinion, it was necessary, for UHT milk, to exploit the quality of the raw material used (direct collection) and the subtle treatment used (purification by steam injection) with a packaging different ‘from all the others’. And so they set out on the road to change.

Comparisons
In the search for an alternative which would provide individuality and innovation, the Brescia Dairy management turned again to the plastic bottle, which had played its part in the success story of fresh milk. But although nowadays HDPE is normally used for packaging milk for long conservation, in this case attention was turned to PET.
“HDPE - explains Bonometti - offers many advantages but, on the minus side, it means either acquiring empty bottles, with complex logistical considerations, or becoming converters of polymers, involving us in complex processing with extrusion moulding, using bulky and slow equipment. For this reason, and taking into account the expertise already gained , we wanted to examine the possibility of using PET for packaging UHT milk, arriving at some very interesting conclusions”.
“The PET container - continues Zanardini - has a structure which in itself ensures the necessary protection from oxygen without the need for any further barrier layers. However, the case of a UV barrier is more problematical, since one of the advantages of the material is its transparency. Nevertheless, we overcame the problem by using suitable additives, but especially by using an attractive ‘integral’ sleeve, which has added advantages on the service and communication level.
We studied the subject in-house, in the search for graphics ideas, and we were able to verify that, decorated separately, the metallic sleeve could provide the complete barrier to light required for a product with a commercial life of 90 days. Last but not least was the financial aspect: taking everything into consideration, the complete new container was competitive in terms of cost. And so the decision was made”.

The new challenge
With the setting up of the project for the container and its tamperproof sleeve (the cap is also coated, and fitted with a seal of guarantee), the ‘Brescia technicians’ found themselves faced with the problem of choosing the companies to supply the technology, with conditions imposed by a dramatic lack of space.
In fact, despite continuous upgrading the premises seemed completely inadequate to support further expansion of the production capacity. Where to find the necessary space? Bonometti and Zanardini personally redesigned the plant, working on internal space - marginal expansion was achieved - and completely revolutionising the layout, without (obviously) interrupting production. All the problems were overcome through excellent collaboration, imagination, intelligence and an almost obsessive attention to detail in exploiting to the full the space available, thus obtaining not only the required results in terms of operation but also praise from Belle Arti for some of the modifications made to the old 1930s building.
Thus today the premises in Via Lamarmora hosts a brand new line, at the heart of which is aseptic washing, sterilisation and filling equipment from Krones, integrated with a second, now indispensable, blowing machine from the same manufacturer. The hub of the line, the original PET-Asept filling system, is designed to perform better than the limits of the clean room and aseptic linear and rotary filling systems. “Its features of compactness, efficiency and speed,” explains Zanardini, “come mostly from a rethinking of the aseptic chamber, which has been drastically revised for better control of the internal circuit and, in particular, the dosing and filling areas.
A determining factor here is the inclusion of a differential pressure chamber, which allows regulation of the airflow, ensuring the sterility of the process, as well as preventing the escape of peracetic acid vapour. From a structural point of view, this solution has allowed separation from the sterile environment of the pneumatic, electrical and motorised components, minimising the chances of contamination of the product and facilitating access to the critical parts of the system”.
Sophisticated technology, therefore, which can support the short and medium term objectives on which the managers of the Brescia company continue to work. And you can bet we will see other interesting developments soon.




Dal latte alle insalate
La Centrale del Latte di Brescia nasce nel 1929, per effetto del Regio Decreto che regolamentava produzione e trattamento del latte alimentare. Per molto tempo la sua storia assomiglia a quella delle altre municipalizzate del comparto, tutte focalizzate sulla produzione di latte fresco pastorizzato: prima nell’antica bottiglia di vetro col lid di alluminio, poi (dal 1962) nel cartone triangolare della Tetra-Pak e, infine, dal 1971, nel brik parallelepipedo, con le successive variazioni di forma e dimensioni che tutti conosciamo. Ma nel mezzo (1963) la Centrale bresciana inizia a manifestare la sua peculiare propensione a innovare, inaugurando il primo impianto in Italia per la produzione di latte UHT. Sono seguiti il brevetto di una riuscita base per gelati di solo yogurt (che sostiene l’attuale linea a marchio Yo Gelé), l’ingresso nei segmenti del fresco e dell’ortofrutta di quarta gamma, così come la decisione di produrre esclusivamente latte fresco di Alta Qualità.
Accelerazioni - Ma è nel 1996 che si verifica la svolta decisiva, con la trasformazione della municipalizzata in SpA. Il Comune, insieme alla Camera di Commercio e alla Provincia, continua a controllarne la proprietà, ma il management acquisisce una nuova autonomia sugli aspetti operativi.
Da allora le novità si susseguono a ritmo sostenuto. Nel giugno dello stesso anno viene lanciata la mozzarella da 125 grammi in vaschetta; nel ‘98 è inaugurata, con il latte UHT, la linea di prodotti biologici e, sfruttando la consolidata logistica “7 giorni su 7” del fresco, viene prodotta la prima busta di insalata confezionata pronta all’uso. Nel 2001 “parte” quella piccola rivoluzione che è stata il latte in bottiglia di PET, che in pochi mesi cresce fino a rappresentare il 100% della produzione complessiva, e l’anno successivo si avvia un bel progetto di tracciabilità per le insalate di quarta gamma. Oggi la Centrale produce e distribuisce 6 linee di alimenti: latticini e yogurt a marchio proprio; un’articolata linea “Bio Brescia”, che comprende anche spremute di arance rosse di Sicilia; 15 insalate “Pronte in Tavola”; verdure “Pronte da Cucinare”; frutta fresca confezionata “Pronta di Giornata”; infine, il brevetto “Yo Gelé”: uno yogurt fresco che vive 40 giorni, da versare nella gelatiera professionale per ottenere un ottimo gelato.
Rompere i confini - La diffusione di questi prodotti è prevalentemente provinciale (sostenuta sia da un’inedita concentrazione di superfici della GDO sia da un elevatissimo tasso di fiducia dei consumatori). Non mancano però le eccezioni: la spremuta di arance è arrivata nei punti vendita dell’inglese Waitrose, insieme a mozzarella, mascarpone e ricotta Bio della casa. Inoltre, le specialità biologiche vengono prodotte per altre centrali del latte e per prestigiose insegne della distribuzione moderna. E poiché, a livello locale, la Centrale di Brescia ha ormai poco da conquistare (vicina com’è al monopolio sul latte e con quote importanti su tutte le altre linee di prodotto) oggi non può che crescere fuori dai propri confini.
La qualità c’è, ed è attestata dalle certificazioni di conformità, ma anche da alcune inchieste indipendenti, come quella pubblicata sulla rivista dell’associazione dei consumatori Altroconsumo, che ha eletto il latte fresco bresciano come secondo per bontà su un campione di 31, e quella promossa dalla testata specializzata Largo Consumo, da cui emerge che la Centrale presenta la migliore redditività e la maggiore copertura degli impegni finanziari del suo settore, a pari merito con la consorella torinese, ai vertici della classifica stilata l’anno scorso.



From milk to salads
The Centrale del Latte di Brescia (Brescia Dairy) was founded in 1929 by Royal decree to regulate the production and treatment of milk for human consumption. For some time its history was similar to that of other council-owned establishments in the sector, concentrating on the production of fresh pasteurised milk: at first in the old glass bottles with aluminium foil lids, then (from 1962) in triangular Tetra Pak cartons and finally, in 1971, in the rectangular “bricks”, with subsequent changes in shape and size, that we all know. But during this period (1963) the Brescia Dairy began to demonstrate its special ability for innovation, opening the first plant in Italy for the production of UHT milk. This was followed by a patent for the successful yoghurt-only base for ice cream (which still exists today under the brand name of Yo Gelé), entry into the fourth grade fresh fruit and vegetable sector and the decision to produce only High Quality milk.
Acceleration - But 1996 marked the decisive event, with the transformation of the council-owned company into a SpA (limited company). The Local Authority, together with the Chamber of Commerce and the Province, continued to hold the ownership, but the management acquired a new independence where operational matters were concerned. From that moment innovations appeared one after the other. In June of the same year they launched the 125 gr mozzarella in a jar; in 1998, with UHT milk, they started their line of organic products and, exploiting their well-established “7 days a week” logistics for fresh products, produced the first bag of ready to use packaged lettuce. 2001 saw the small revolution which was milk in PET bottles, which in a few months grew to account for 100% of overall production, and the following year they initiated an excellent project for the traceability of IV range salad vegetables. Today the dairy produces and distributes 6 lines of foodstuffs: own-brand milk products and yoghurt; a full “Bio Brescia” line, which also includes Sicilian blood orange juice; 15 “Pronte in Tavola” (table ready) salad vegetables; “Pronte da Cucinare” (ready to cook) vegetables; “Pronta di Giornata” (today’s prepared) packaged fresh fruit; the patented “Yo Gelé”: a fresh yoghurt which lives for 40 days and can be added to a professional ice cream maker to obtain excellent ice cream.
Breaking the boundaries - These products are basically distributed within the Province (supported both by unparalleled exposure in large distribution outlets and by a high level of consumer confidence). However, there are many exceptions: the orange juice is on sale at Waitrose stores in England, as are the company’s Bio mozzarella, mascarpone and ricotta. Also, the organic specialities are produced for other dairies and for prestigious modern distribution outlets. And since, at a local level, the Brescia Dairy now has little to conquer (it has a virtual monopoly of milk and a large share of other product lines) today it can only expand beyond its borders. Quality is not in question, as is confirmed by a certificate of conformity and several independent surveys, such as the one published in Altroconsumo, the magazine of the consumers’ association, which voted Brescia’s fresh milk second for goodness out of a sample of 31, and the one promoted by the specialist title Largo Consumo, from which it emerges that the Dairy has the best productivity and greatest coverage of financial involvement in its sector, equal to its sister company in Turin, at the top of the classification drawn up last year.