May 2003





Confezioni "salutari"
"Healthy" packaging

Ortofrutta nuovo modello
Fruit & vegetable: new model

Una, 100, mille… troppo uguali
One, 100, thousand… all too much the same

M&D News







Plastica: crescita contenuta
Plastic: modest growth

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Regole per il biopackaging
Rules for biopackaging

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IE&L News







2002: avventura nel nylon biorientato
2002: a biaxially oriented nylon odyssey

M&M News








Il gradimento dei consumatori nei confronti dei prodotti biologici cresce, al pari delle prospettive del segmento, di cui si stimano tassi di sviluppo del 20-25% annuo nel prossimo futuro. E intanto si attende una regolamentazione specifica per il loro confezionamento.
Davide Pierleoni

Alcune ricerche di mercato indicano che il valore delle produzioni biologiche, consumate in Italia, si aggira oggi intorno al milione e mezzo di Euro; in altri paesi europei (Germania, Danimarca, Gran Bretagna), che esprimono una sensibilità "ambientale" più consolidata, il dato risulta maggiore.
Il consumatore "biologico" è di fatto attratto dall’idea di consumare prodotti naturali e sani, capaci di soddisfare aspettative legate al benessere personale e, anche se ancora in parte, capaci di ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi, a partire dalla produzione agricola fino alla trasformazione e alle fasi della successiva distribuzione. E se i criteri adottati dall'agricoltura biologica hanno già dato risposte a queste aspettative, molto deve essere ancora fatto in relazione agli aspetti ambientali legati in particolare modo al confezionamento e ai materiali utilizzati per tale operazione.
Pare infatti che tutti i vantaggi ambientali connessi a una drastica riduzione degli input chimici nella coltivazione e al ripristino delle condizioni ottimali del terreno, siano annullati o resi poco significativi dai successivi momenti produttivi legati a imballaggio, trasporto e distribuzione dei prodotti biologici, ovvero da tutte quelle operazioni che continuano a essere svolte senza regolamentazione alcuna, se non quella relativa alla normativa orizzontale ad esse applicabile.

Quadro normativo di riferimento
Il Regolamento (CEE) n. 2092/91 ha definito gli standard di produzione per i vegetali, per l’allevamento animale e per la trasformazione delle materie prime in prodotti destinati all’alimentazione umana.
Con specifico riferimento all’attività di trasformazione, sono stati disciplinati la natura dei processi, che deve essere fisica e non chimica e, allo stesso tempo, sono state definite delle liste positive per l’utilizzo di ingredienti di origine non agricola, quali gli additivi da impiegarsi per allungare i tempi di conservazione del prodotto e per l’utilizzo di ausiliari di fabbricazione, che possono essere impiegati nel processo produttivo al fine di facilitarne lo svolgimento.
Ad esempio, tra gli ausiliari di fabbricazione, sono espressamente citati azoto, ossigeno, anidride carbonica e argon, ovvero quei gas comunemente impiegati nei moderni processi di confezionamento in atmosfera modificata.
Naturalmente, tutto ciò che non è compreso nelle liste non può essere utilizzato.
Tra i requisiti da soddisfare per ottenere la certificazione, che sono richiesti alle unità di trasformazione, vi è l’imballaggio e il trasporto dei prodotti in altre unità o stabilimenti di produzione/confezionamento. Tali operazioni devono garantire che i prodotti possano essere trasportati ad altre unità, compresi i grossisti e i dettaglianti, solo in imballaggi, contenitori o veicoli chiusi, in modo che il contenuto non possa essere sostituito, se non manipolando o danneggiando i sigilli e a condizione che sia apposta un'etichetta di individuazione del responsabile della produzione e della certificazione.
Inoltre, la normativa prescrive che i prodotti biologici debbano essere venduti in imballaggi sigillati dal produttore o preparatore direttamente al consumatore finale o essere immessi nel mercato come prodotti alimentari in imballaggi preconfezionati, con la sola eccezione per le vendite dirette dal produttore/preparatore al consumatore finale. È evidente la volontà del legislatore di impedire la commercializzazione e il successivo acquisto di prodotto biologico sfuso, in quanto tale modalità di vendita non fornisce le sufficienti garanzie al consumatore finale circa la natura e l’origine del prodotto.
Nulla viene detto, ad esempio, sui materiali da utilizzare per il confezionamento, lasciando al produttore ampia libertà di impiegare tutto ciò che normalmente viene utilizzato nelle produzioni convenzionali, senza alcuna limitazione di sorta.

Gli obiettivi da perseguire
Da questa situazione di scarsa sensibilità, si deve necessariamente passare, nel medio e lungo periodo e in connessione con la crescita dei consumi che avverrà nei prossimi anni, a un impiego di materiali e processi che soddisfino i requisiti di sostenibilità ambientale, a cui tutto il settore è ancorato e che il consumatore richiederà, man mano che la sua coscienza ambientalista prenderà una forma più precisa.
Tra gli obiettivi generali su cui lavorare, e che possono essere considerati raggiungibili, possiamo indicare l’utilizzo di materiali rinnovabili e/o biodegradabili, e il conseguente contenimento di ogni forma di inquinamento a essi correlato.
Vengono invece individuati come obiettivi intermedi tanto il riutilizzo e il riciclo dei materiali di confezionamento non biodegradabili, quanto una limitazione del loro impiego, da prevedersi in fase di progettazione del ciclo di vita del prodotto.

Buoni consigli
Nel futuro, le aziende che intenderanno essere certificate per la produzione biologica, dovrebbero adottare opportune politiche aziendali, con procedure e istruzioni idonee, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi precedentemente indicati. In questo senso, la normativa comunitaria in tema di agricoltura biologica, dovrebbe aggiornarsi introducendo requisiti generali e tecnici specifici in fatto di confezionamento.
Ad esempio, tra i materiali per l'imballo secondario e terziario che non entrano in contatto con gli alimenti e svolgono funzione di trasporto, occorrerebbe individuare quelli ottenuti a partire da materie prime di origine vegetale derivanti da coltivazione - e non abbattimento - di foreste, da amido di mais e cellulosa di piante rigenerata, colorati con inchiostri di origine naturale.
Il materiale per gli imballi primari dovrebbe invece essere costituito da materiali vergini di origine naturale, al pari dei coloranti, sottolineandone così la piena adesione ai criteri della "filiera biologica". E anche gli imballi per i cibi semilavorati e per le materie prime dovrebbero essere oggetto di queste considerazioni.
Prima di emanare una norma cogente in tal senso, sarebbe però necessario il coinvolgimento di tutte gli "attori" della filiera, dai produttori ai consumatori, passando per i trasformatori e i distributori.
Nell'ambito di ogni filiera produttiva, occorrerebbe analizzare la fattibilità tecnica dell’impiego di materiali diversi da quelli attuali, verificando se ne esistano di adeguati per quantità e qualità. Sarebbe necessario analizzare l’impatto che l’impiego di materiali e tecnologie sicuramente più costose potrebbe avere sul costo finale del prodotto, verificando soprattutto quanto il consumatore sarebbe disposto a spendere in più per un prodotto biologico presentato in una veste "diversa".
È quindi auspicabile che tutte le parti interessate - gli organismi di certificazione chiamati a "validare" i nuovi sistemi, i rappresentanti dei produttori di macchine e di materiali destinati al confezionamento - trovino presto un momento concreto di confronto, per definire proposte attuabili da presentare, in prima battuta, a tutti i soggetti interessati e in un secondo tempo in sede comunitaria, affinché le proposte possano essere condivise, recepite e quindi diventare norma di legge.

Davide Pierleoni
Vice Presidente dell’Istituto Mediterraneo
di Certificazione Srl
Convegno Neotron, SANA 2002



Rules for biopackaging
Consumer satisfaction with organic products continues to grow, in line with the forecast for this market, estimated at annual growth rate of 20-25% in the near future. Meanwhile, the sector is still waiting for a specific set of rules for their packaging.
Davide Pierleoni


A few market research studies indicate that the value of organic production consumed in Italy is roughly 1.5 million Euro; this figure is far higher in other European countries with more established "environmental" awareness (Germany, Denmark, Great Britain).
The "organic" consumer is attracted by the idea of consuming natural, healthy products, capable of satisfying his/her expectations in terms of personal well-being and (though to a lesser degree) capable of reducing the environmental impact of the production processes, starting from the agricultural production right through to processing and subsequent distribution. While the criteria adopted by the organic farming industry have already answered these expectations, a lot must still be done in terms of the environmental aspects linked especially to packaging and the materials used for this purpose.
In fact, it would appear that all the environmental advantages linked to a drastic cut in chemical input in cultivation and to restoring optimal soil conditions are either cancelled or rendered very insignificant by the subsequent stages in the production process: the packaging, transportation and distribution of the organic products. In other words, all the operations that continue to be carried out without any form of regulation, apart from that concerning the applicable horizontal standards.

Governing reference standards
EEC Regulation n° 2092/91 defines the production standards for vegetables, livestock and the processing of raw materials into products for human consumption.
With specific reference to processing, the nature of the processes have been disciplined - these must be physical and not chemical - and at the same time positive lists have been drawn up for the use of ingredients of non-agricultural origin, such as the additives that may be used to extend the shelf-life of products, and for the use of manufacturing accessories that may be used in the production process in order to make this easier.
For instance, some of the manufacturing accessories expressly mentioned are nitrogen, oxygen, carbon dioxide and argon, i.e., the gases normally used in modern modified atmosphere packing processes.
Of course, all items not included in these lists cannot be used.
Among the various requisites that must be satisfied in order to obtain certification, required of the processing units, is the packaging and transport of produce to other production/packing units or factories. These operations must guarantee that the produce that can be transported to other units, including wholesalers and retailers, is in packaging, containers or closed vehicles so that the contents cannot be substituted without tampering with or destroying the seals and on the condition that there is a label indicating the name of the person responsible for production and certification.
Moreover, the standards require that all organic produce must be sold in packaging sealed by the producer or processor directly to the final consumer or be placed on the market as food products in pre-packed packaging, the only exception being direct sales from the producer/processor to the final consumer.
The lawmaker's intention is quite clear: to prevent the marketing and subsequent sale of loose organic produce, as this form of sale doesn't provide enough guarantees for the final consumer about the nature and origin of the product.
Nothing is said, for instance, about the materials to be used to pack the products, thus giving the manufacturer complete freedom to use all materials normally used for conventional production, without any restrictions whatsoever.

The goals to work towards
It's necessary that, in the medium/long term and in line with the growth in consumption expected over the next few years, we should move away from this situation of scarce awareness to that where materials and processes are used that satisfy the requirements of eco-sustainability, the aspect that the entire sector is based on and which the consumer slowly but surely demands as his/her environmental awareness takes shape.
The general, attainable goals we need to work towards include the use of renewable and/or biodegradable materials and the subsequent reduction of all forms of pollution that can be linked to these.
Intermediate goals, meanwhile, include the reuse and recycling of non-biodegradable materials along with a limitation in their use, to be foreseen during the design stage in the product's life-cycle.

Good advice
In future, all companies wishing to obtain certification for organic produce should adopt suitable corporate policies, with suitable procedures and instructions aimed at meeting the goals mentioned above. In this sense, existing European standards on organic agriculture should be updated to introduce general requirements and technical specifications for packaging.
For example, in the case of materials used for secondary and tertiary packaging that won't come into contact with the food and are used for shipping, the standards should identify those obtained from raw materials of plant origin coming from the cultivation - and not simply cutting-down - of forests, from corn starch and regenerated plant cellulose, or those dyed with natural inks. Those materials used for primary packaging should consist of virgin natural materials with natural inks, thus stressing full adhesion to the criteria of the "organic industry". Likewise, the packaging used for semi-processed food and the raw materials should also be subject to these considerations. Before issuing any such legally binding standards, all "players" in the industry should be involved, from the producers to the consumers, including converters and distributors. Within each production area, the technical feasibility of using materials other than those already used needs to be analysed carefully, checking whether adequate supplies and qualities of such materials exist. The impact that the use of surely more costly materials and technologies might have on the final cost of the product also needs to be looked into, in particular, verifying how much extra the consumer is willing to pay for an organic product presented in "different" clothing. It's to be hoped, therefore, that all those interested - the certification bodies called on to "validate" the new systems, the representatives of the packaging machinery and materials manufacturers - may soon take part in a constructive meeting to define the suitable proposals to present initially to all those affected and then to the European Commission, so that the proposals are shared and acknowledged so that can then become legally-binding standards.

Davide Pierleoni
Vice President of Istituto Mediterraneo
di Certificazione Srl
Neotron conference, SANA 2002




Dalla nicchia al largo consumo
Il boom dei prodotti biologici, dopo anni di consumi minoritari ed elitari, è coinciso con la loro introduzione nell’offerta della grande distribuzione e con la portata comunicazionale di questo ampliamento di gamma.
La metà della spesa bio degli italiani, che si attesta intorno al 2% di quella alimentare ed è pari a un giro d’affari di circa 1.200 milioni di euro, passa dunque oggi attraverso GDO e punti vendita organizzati (catene e franchising ne veicolano circa il 7%).
Il trade diventa quindi un punto nodale di informazione per i consumatori e, rendendo più accessibile l'acquisto di prodotti naturali, si fa garante della loro qualità.
Ma questa “attualizzazione” del mercato biologico porta con sé, oltre ai vantaggi, le problematiche legate a una diversa dimensione produttiva e distributiva. Il comparto agro-alimentare bio sta progressivamente cambiando peso e identità, come testimonia il rapido incremento delle aziende di trasformazione (+47%), seguito allo sviluppo del settore primario (che, in pochi anni, ha destinato alle coltivazioni biologiche l’8% delle superfici complessive).
(Fonte: Sana 2002 - 14° Salone Internazionale Alimentazione naturale, Salute, Ambiente - Bologna, 12-15 settembre 2002)

E poi c’è chi mangia il falso - In verità non è proprio una sorpresa, ma non per questo si digerisce meglio. Di recente, i carabinieri dei Nas hanno scoperto partite di falso biologico, ovvero alimenti con etichette irregolari e/o di natura sospetta, di cui si sta analizzando il contenuto. Come a dire: adesso che non è più appannaggio di pochi salutisti estremi, questo settore inizia a far gola anche ai parassiti col pallino degli affari.
Per fortuna - commentano all’ente di certificazione bolognese CCPB, uno dei pochi accreditato UE - si fanno controlli rigorosi, che tutelano sia il consumatore sia le imprese che nella certificazione bio hanno investito energie e risorse. Oggi come oggi, comunque, i volumi interessati da questo tipo di truffa appaiono modesti rispetto alle dimensioni complessive di un settore che conta più di 56mila aziende agricole, 4.000 imprese di trasformazione e 2.000 punti vendita di grandi catene, oltre a centinaia di negozi tradizionali dedicati. Un consiglio per gli acquisiti? “Fate attenzione all’etichetta - raccomandano al Consorzio - e in caso di dubbi non esitate a contattarci”. (Fonte: Ufficio Stampa Dolp’s Studio)




From niche to broadscale consumption
The biological products boom, after years of minority and elite consumption, has coincided with their introduction into the broadscale consumption product offer and with the boost in communication accompanying this broadening of the range.
Half of Italian bio expenditure, that stands at around 2% of food and is close to a turnover of 1,200 million Euros, hence is through broadscale distribution and organized salespoints (chains and franchising account for around 7%).
Hence the trade has become a key information point for the consumers and, making the purchase of natural products more accessible, it guarantees their quality.
But as well as advantages this “actualization” of the biological market brings with it problems linked to a different dimension of production and distribution. The bio agrofood segment is progressively changing weight and identity, as the rapid increase in the processing industries (+47%) shows, this in the wake of the main sector (that in a few years has set aside 8% of overall surface for the biological).
(Source: Sana 2002 - 14th International Natural Alimentation, Health and Environment Show - Bologna, 12-15 September 2002).

And then there are those that eat the fake variety - In truth it comes as no surprise, but this doesn’t mean it is any easier to digest. Recently the Carabinieri of the anti food adulteration squad (NAS) have discovered consignments of fake biological foodstuffs, or that is foodstuff with illegal labels and/or of suspect origin, of which one is analysing the contents. That is to say: now that bio-food is no longer the prerogative of a few extreme health enthusiasts, this sector is also attracting the parasites out to make a fast deal.
Luckily - as those at the Bolognese certification body CCPB comment, one of the few accredited by the EU - stringent checks are carried out, that protect both the consumer as well as the concerns that have invested energy and resources in bio certification. As things go these days though the volume affected by this type of fraud appears modest compared to the overall size of the sector that counts 56 thousand farms, 4,000 processing concerns and 2,000 large chain salespoints, as well as hundreds of traditional dedicated shops. A piece of advice to purchasers “take a good look at the label - those at the Consortium recommend - and if you have any doubts, don’t hesitate to contact us”. (Source: Dolp’s Studio Press Office).