L’algoritmo di Dante
L'editoriale di Stefano Lavorini.
“State contenti, umana gente” al quia;/chè, se potuto aveste veder tutto,/mestier non era parturir Maria”.
Ricordate il celebre passo della Divina Commedia, verso 37 del III canto del Purgatorio, in cui Dante invita a gioire di quel che è dato, senza avere l’illusoria ambizione di capire tutto?
A quei tempi, infatti, agli uomini era dato di sapere che le cose “sono”, senza però pretendere di conoscere anche il “come” ed il “perché”, in quanto era Dio a decidere cosa rivelare a una mente limitata come quella umana. E là dove la ragione incontra il suo limite, l’uomo poteva/può andare oltre soltanto in virtù della Fede…
Dopo più di settecento anni, oggi, in quest’epoca segnata dall’avvento dell’intelligenza artificiale (“sono”), non possiamo far altro che tornare ad avere “fede” nella bontà di chi detiene questa nuova tecnologia, nonostante nulla si sappia degli algoritmi che sono stati implementati, su quali basi scelgono (“come”) e con quali finalità (“perché”): di più non è dato di sapere, vuoi che si tratti di governi o istituzioni, o semplici cittadini.
Insomma, il mondo sta cambiando guidato dai pochi che hanno in mano i giochi, ovvero quelli che lavorano allo sviluppo dell’intelligenza artificiale generale (AGI), seguiti, nell’illusione di essere tra i protagonisti, da uno sparuto gruppo specializzato nell’intelligenza artificiale “debole”, votata a risolvere problemi particolari. Tutti gli altri, buoni e zitti ai propri posti, grati di poter beneficiare delle “magnifiche sorti e progressive”* a loro riservate.
E che non sia un’esagerazione lo testimoniano alcuni dati e fatti.
Il valore delle ‘Magnifiche Sette’, ovvero dei colossi tecnologici statunitensi dominatori incontrastati dei mercati finanziari (Apple, Microsoft, Google Alphabet, Amazon, NVIDIA, Tesla e Meta) ha superato i 12 trilioni di dollari (dodici mila miliardi di dollari) l’equivalente del PIL di Germania, Giappone e India, ovvero la terza, quarta e quinta economia mondiale messe insieme. Una cifra stratosferica raggiunta lo scorso anno aggiungendo, in 12 mesi, 5 trilioni (cinque mila miliardi) di dollari al proprio valore di mercato. Molto bene!
Un fenomeno accolto con una certa preoccupazione, come dimostra il fatto che Google, Apple, Meta, Amazon, Microsoft, ByteDance e Samsung, sono state designate come “gatekeeper” dalla Commissione UE e sottoposte alla sorveglianza in base alle nuove regole antitrust del Digital Markets Act.
L’accusa è che queste sette aziende di intermediazione per la vendita di prodotti o servizi siano diventate negli anni monopolisti del proprio mercato di riferimento. Ahi! Ahi! Ahi!
Ma non solo. Il 13 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato la legge sull’intelligenza artificiale, che dovrebbe garantire sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali (il regolamento deve ancora essere sottoposto alla verifica finale dei giuristi-linguisti e dovrebbe essere adottato definitivamente prima della fine della legislatura. Inoltre, la legge deve ancora essere formalmente approvata dal Consiglio).
L’obiettivo, in questo caso, è di proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, lo stato di diritto e la sostenibilità ambientale dai sistemi di IA ad alto rischio, che minacciano i cittadini: tra questi, i sistemi di categorizzazione biometrica basati su caratteristiche sensibili, l’estrapolazione indiscriminata di immagini facciali, ma anche i sistemi di riconoscimento delle emozioni sul luogo di lavoro e nelle scuole, i sistemi di credito sociale, le pratiche di polizia predittiva, ecc. Un bel campionario da incubo, non c’è che dire.
Di certo, i sistemi di IA hanno fatto sorgere preoccupazioni di natura etica - essi potrebbero in effetti contribuire a incrementare il divario di genere, impattare
sulla privacy delle persone o facilitare la manipolazione di contenuti mediatici.
Per questo anche l’UNESCO ha emanato delle Raccomandazione sull’etica dell’intelligenza artificiale: si tratta di un documento con valore lega¬le, concordato a livello inter¬nazionale al fine di assicura¬re che ogni organizzazione, azienda o persona fisica che sviluppi o implementi l’intel¬ligenza artificiale agisca in modo etico e in linea con i diritti umani.
Ma chi rispetterà le regole e i requisiti che sono indicati? Le grandi corporation americane e cinesi? Solo l’Europa, ahimè, sembra avere l’obiettivo di porre la persona al centro della IA.
Per restare sul pratico...
Gli effetti dell’introduzione dell’intelligenza artificiale (IA) sul mercato del lavoro sono ancora limitati. Per il momento, sembrerebbe che più che sostituire i lavoratori, l’IA ne stia modificando l’attività, con riflessi sul fabbisogno formativo. Questo è quanto emerge dalla prima indagine transnazionale realizzata dall’OCSE nell’ambito del programma di ricerca “Lavoro, Innovazione, Produttività e Competenze”. L’indagine è stata svolta nel 2022, e probabilmente è già vecchia e superata considerando che ChatGPT è stato reso pubblico a novembre del 2022 e attualmente con la versione GPT-4 è in grado di raggiungere prestazioni di livello umano in diversi benchmark professionali e accademici.
Di fronte a questo fenomeno che, in ogni caso, segna l’inizio di una nuova era, le opinioni su sicurezza ed etica sono quanto mai eterogenee e divergenti. Sembrano invero tornare di attualità scenari già visti, in cui la crescita della tecnologia diventa incontrollabile e irreversibile, con conseguenze imprevedibili per l’umanità.
Tornano allora alla mente le parole di Stephen William Hawking, fra i più autorevoli e conosciuti fisici teorici al mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo. Hawking sosteneva che, non il progresso tecnologico, né i robot porteranno all’apocalisse economica, bensì l’avidità degli uomini: «Se le macchine finiranno per produrre tutto quello di cui abbiamo bisogno, il risultato dipenderà da come le cose verranno distribuite. Tutti potranno godere di una vita serena nel tempo libero, se la ricchezza prodotta dalla macchina verrà condivisa, o la maggior parte delle persone si ritroveranno miseramente in povertà se la lobby dei proprietari delle macchine si batterà contro la redistribuzione della ricchezza. Finora, la tendenza sembra essere verso la seconda opzione, con la tecnologia che sta creando crescente disuguaglianza**».
** Stephen William Hawking “Ask Me Anything” su Reddit, 2018
Photo Unesco: bozza della Raccomandazione sull’etica dell’intelligenza artificiale, www.unesco.it