L'industria alimentare in Italia
Struttura e dinamiche del mercato, con un approfondimento sulle modalità di confezionamento dei prodotti alimentari, bevande escluse, sulla base dell’analisi dei ventidue settori monitorati dall’Istituto Italiano Imballaggio. Plinio Iascone
Secondo l’analisi messa a punto da Federalimentare, nel 2012 il comparto food è riuscito a contenere gli effetti negativi della crisi economica a livello europeo e nazionale (in Italia, in particolare, la flessione produttiva del settore si è limitata all’1,4%).
Il risultato complessivo è stato reso possibile dai buoni numeri dell’export (+8%), che continua di fatto a rappresentare un’importante e redditizia “valvola di sfogo”. Nel 2012, infatti, il valore delle esportazioni italiane ha toccato i 24,8 miliardi di euro (19% del fatturato globale); mentre in Germania, Spagna e Francia si è evidenziata un’incidenza superiore rispetto ai fatturati dell’industria manifatturiera, il nostro Paese non riesce a fare di più, a causa dell’estrema frammentazione del settore food, composto da innumerevoli piccole aziende e dalla contrazione globale dei consumi interni pari al 3%. Altra barriera alla crescita, in questo senso, sta nel fatto che le società italiane della grande distribuzione non hanno un assetto internazionale (nemmeno europeo).
La ridotta capacità di acquisto delle famiglie italiane ha penalizzato in modo pesante un settore che gioca la propria identità e la propria immagine sulla qualità, oltre a detenere il record UE per numero di prodotti e denominazione garantita, con oltre 210 unità riconosciute DOP e IGP e 530 tipologie di prodotti nel settore “vino”.
Sempre secondo Federalimentare, però, anche nell’attuale difficile momento congiunturale, l’industria del food nazionale è riuscita a contenere i prezzi dei prodotti, confermando così il proprio ruolo “calmieratore”: le dinamiche dei prezzi alimentari al consumo sono state infatti inferiori all’inflazione.
Nel 2012 l’industria alimentare paga però un prezzo sempre più alto dato che, alla recessione dei consumi nazionali, si aggiungono sfide sempre più ardue sui mercato esteri.
Secondo valutazioni del Centro studi di Federalimentare, nel 2012 il fatturato italiano ha raggiunto i 130 miliardi di euro, con un aumento del +2,3% sul 2011 legato esclusivamente all’effetto prezzi. Infatti la produzione in termini quantitativi è calata dell’1,4% sull’anno precedente a parità di giornate lavorative.
Va sottolineato comunque che, rispetto al livello di “picco” pre crisi del 2007, la produzione 2012 dell’industria alimentare nel suo complesso (food +bevande) cede solo 2,5% punti, a fronte dei 22,9 punti dell’intera industria manifatturiera nazionale.
Confezionare il food: i trend
Data la diversità delle voci merceologiche, il comparto presenta una significativa varietà di soluzioni di imballaggio. In questo ambito, il packaging continua a essere considerato un importante strumento di comunicazione verso i consumatori, e anche per questo motivo è contrassegnato da frequenti variazioni e cambiamenti.
La movimentazione della produzione totale dei ventidue settori monitorati dall’Istituto Italiano Imballaggio in area alimentare ha comportato un impiego di circa 2.710.000 tonnellate di imballaggi nel 2012.
Nel computo sono compresi sia gli imballaggi a perdere che quelli a rendere, nonché i primari, i secondari e quelli da trasporto. Secondo una valutazione dell’Istituto Italiano Imballaggio il valore indicato equivale al 75% circa dell’impiego di imballaggi dell’intero settore “food”.
Nel periodo antecedente le due recenti crisi dell’economia nazionale e internazionale, il trend di sviluppo dell’utilizzo di imballaggi era posizionato intorno all’1,5-1,8% medio annuo, mentre nel 2011 e 2012, complice la crisi economica che ha inciso negativamente in particolare sui consumi interni, si evidenzia un progressivo arretramento: -0,1% nel 2011 e -4,5% nel 2012.
In genere il trend evolutivo del consumo di imballaggi è migliore rispetto all’evoluzione dell’area alimentare: -4,3% la produzione dei 22 settori monitorati e -1% l’impiego di imballaggi per confezionare i prodotti dei ventidue settori analizzati. La differenza è imputabile a diversi fattori:
- aumento dei prodotti preconfezionati, come per esempio formaggi e salumi;
- aumento dei prodotti ortofrutticoli freschi porzionati e confezionati (verdure IV e V gamma);
- aumento delle mono porzioni, connesso alla maggiore diffusione di nuclei familiari composti da una sola persona.
La riduzione della capacità comporta, in genere, un maggior peso medio dell’imballaggio: sostituendo una qualsiasi confezione da 550 g di capacità con due da 250 g, il peso globale dell’imballo è superiore.
Confezionare il food: i materiali
Profilo delle diverse filiere di imballaggi impiegati nel settore alimentare, in relazione al campione analizzato.
Si evidenzia che:
- un’attenta analisi dell’evoluzione del packaging-mix nei diversi settori monitorati evidenzia l’elevato dinamismo degli imballaggi primari. I loro frequenti cambiamenti derivano da diverse esigenze (il ricorso al packaging come strumento di marketing, la frequente immissione di nuovi prodotti che comporta una differenziazione continua, le richieste da parte del consumatore di prodotti e imballaggi con elevato contenuto di servizio);
- resta prioritario, per un imballaggio destinato a contenere un alimento, garantirne la sicurezza sotto il profilo microbiologico, nonché la gradevolezza dal punto di vista sensoriale;
- gli imballaggi secondari (cluster, astucci ecc.) sono strettamente correlati ai “primari” poiché costituiscono l’unità di vendita e quindi assolvono a un’importante funzione di comunicazione;
- gli imballaggi terziari (esempio pallet e cassette di cartone ondulato, di legno e di plastica) soddisfano essenziali funzioni logistiche;
Imballaggi cellulosici. Con uno share del 42,8% sul totale in peso degli imballaggi destinati al food, risultano i più utilizzati.
In qualità di imballaggio da trasporto, il cartone ondulato è la principale tipologia, con una quota del 16% circa.
Gli astucci pieghevoli rappresentano invece il 3,5%. Vasto il loro campo di impiego: prodotti da forno, pasta, surgelati, cluster per bevande ecc. Sacchi, sacchetti e incarti sono le altre tipologie afferenti alla famiglia dei cellulosici. In questo ambito, troviamo anche i poliaccoppiati rigidi cellulosici, utilizzati in molti settori, relativi in particolare alle conserve vegetali.
Imballaggi di vetro. Imballaggio “storico” che continua ad avere ampia diffusione. Lo share di mercato si posiziona al 23,6%. In relazione all’area food, sono essenzialmente i vasi di vetro a fare la parte del leone (80% circa); il restante 20% è destinato alla produzione di bottiglie, utilizzate fondamentalmente nel settore dei derivati di pomidoro, ovvero passate e polpe.
Imballaggi di plastica. Con uno share di mercato al 18%, presentano tipologie varie e variegate: film da trasporto, film da incarto, contenitori, accessori, vaschette, sacchi e sacchetti, tubetti flessibili, bottiglie, secchielli e fusti. Prodotti da forno, paste alimentari, surgelati, salumi e caffè sono i settori di punta in termini di impiego degli imballaggi plastici.
La grande famiglia degli imballaggi di plastica comprende anche le confezioni realizzate con i poliaccoppiati flessibili che, per le loro caratteristiche, svolgono un ruolo rilevante in ambito food.
Il posizionamento degli imballaggi di plastica è in crescita tendenziale a seguito di un orientamento di mercato, che vede l’ampia diffusione degli alimenti preconfezionati da banco presso la D.M.
Imballaggi di acciaio. Utilizzati con successo da due secoli, grazie alle continue innovazioni mantengono una buona posizione di mercato: sul totale degli imballaggi utilizzati in area alimentare, la loro quota è dell’11,6% circa, costituita da contenitori in banda stagnata di capacità sino a 50 kg, chiusure e fusti di acciaio non rivestito da 200 litri di capacità.
Il settore delle conserve vegetali è il maggior utilizzatore di contenitori di banda stagnata (70%). Un’area a se stante è quella delle capsule twist off abbinate ai vasi di vetro.
Per quanto riguarda i fusti di acciaio da 200 litri di capacità, vengono in prevalenza impiegati per i semilavorati delle conserve vegetali.
Imballaggi di alluminio. Lo share di mercato nell’area alimentare raggiunge l’1% circa. Se si prendesse però a riferimento il numero di unità di imballaggi utilizzati anziché il peso (l’alluminio è un materiale molto leggero, ancorché robusto), l’incidenza sul mercato sarebbe senza dubbio più alta.
La gamma degli imballaggi in alluminio nel settore alimentare comprende scatolette per food (38%), chiusure (13%), vaschette e altro ricavato da foglio sottile (49%). Vengono impiegati per confezionare conserve ittiche, carne in scatola, pet food, piatti pronti, gastronomia… sia sotto forma di classiche scatolette che in qualità di vaschette o foglio sottile da incarto.
Imballaggi di legno (pallet). In ambito food, ma con l’esclusione dell’ortofrutta fresca destinata al consumo (non presa in considerazione nella presente analisi), i pallet detengono una quota del 3%.
È in atto un progressivo e sensibile aumento dei pallet di legno a rendere. Concorrente diretto del pallet di legno è quello di plastica, che tende a erodere spazi.
Plinio Iascone
Istituto Italiano Imballaggio