Gli imballaggi flessibili (2017)
Da una recente analisi risulta che circa una confezione su due in Europa è rappresentata da imballaggi flessibili. Dati e fatti di un comparto maturo ma molto vitale. Barbara Iascone
L’area degli imballaggi flessibili da converter è caratterizzata da trend di crescita positivi, grazie soprattutto alla loro versatilità, che li rende adatti a confezionare una svariata quantità di prodotti diversi e che li ha resi molto competitivi rispetto ad altri materiali.
Il settore, in Italia, ha sempre goduto di ottima salute anche in periodi di crisi economica, riuscendo a rimanere stabile a livello produttivo.
Altro motivo di orgoglio per questo comparto industriale, la stabilità dei livelli occupazionali: il numero degli addetti impiegati è infatti sempre cresciuto anche nei momenti più bui della nostra economia.
Archiviati risultati positivi anche nel 2017, il settore è giunto a uno stadio di maturazione, ed ecco perché i ritmi di crescita risultano più contenuti rispetto al passato.
Una componente significativa del settore è rappresentata delle esportazioni che, nel 2017, hanno rappresentato il 47% circa della produzione: si sono registrati trend positivi non solo per quanto riguarda l’imballaggio esportato vuoto ma anche per quello esportato pieno. In molti settori di destinazione in cui l’Italia è un buon esportatore, gli imballaggi flessibili da converter hanno un’ottima partecipazione (è il caso di caffè, formaggi, pasta e prodotti da forno, petfood e la IV gamma dell’ortofrutta).
Sguardo al mercato mondiale...
Secondo un’analisi di PCI Films Consulting riferita al 2016, il valore del mercato globale del packaging flessibile da converter risultava intorno agli 86 miliardi di dollari (+2,5% rispetto all’anno precedente): di questi, il 27% è imputabile al Nord America, il 24% all’Asia centrale e orientale, il 17% all’Europa occidentale, il 17% al sud est Asiatico e Oceania. Il restante 15% e suddiviso tra il resto del mondo.
Sempre secondo la medesima analisi, il mercato europeo è cresciuto del 2% raggiungendo un valore di 13,8 miliardi di euro: la Germania risulta essere il maggior produttore europeo di imballaggi flessibili, mentre al secondo posto si alternano Italia, Spagna e Inghilterra.
… e andamento del mercato nazionale
Il numero di aziende attive in Italia è invariato ormai da molti anni. Si tratta di 78 aziende, la cui produzione è cresciuta nel 2017 del 2,3% rispetto all’anno precedente raggiungendo le 381.500 tonnellate. A guidare la crescita è stata la domanda interna, che chiude con un +4,3%.
Sempre nel 2017, le esportazioni sono risultate stabili, cosa che non accedeva da tempo pur confermandosi come una componente fondamentale della produzione. La performance deriva dall’alta qualità del prodotto offerto e dalla capacità di servizio garantito al cliente. Nel 2017 il fatturato del comparto ha raggiunto 2.132 milioni di euro (+1,9% rispetto al 2016). Risultano costanti le importazioni e sempre in quantità contenute. Analizzando il mercato dal 2010 a oggi la produzione è stata sostenuta da un tasso di crescita medio annuo pari al 3,6%, mentre il fatturato di quasi il 4% m.a. Per quanto riguarda la suddivisione della tipologia di materiali accoppiati, secondo le analisi dell’Istituto Italiano Imballaggio, il 73% dei poliaccoppiati flessibili da converter è costituito da poliaccoppiati a prevalenza plastica, il 25% risulta essere a prevalenza carta e il 2% è rappresentato da quelli a prevalenza alluminio.
Le materie prime
Continua il progressivo alleggerimento dell’imballaggio flessibile da converter, evidenziato anche dall’esame del mix delle materie prime utilizzate nella produzione degli accoppiati. In termini di tonnellate, nel 2017 le materie prime risultano generalmente stabili; scendendo nel dettaglio, si riscontrano aumenti nell’utilizzo di carta e cartoncino (+0,5%) e di alluminio (+0,5%). Stabile l’utilizzo delle diverse tipologie di plastica.
Settori d’impiego: area food e non food
Anche nel 2017 l’area alimentare resta il principale mercato di sbocco degli imballaggi in poliaccoppiato flessibile da converter, con una partecipazione del 92,9%.
A influire su questa segmentazione c’è di certo la costante crescita degli alimenti pronti all’uso, prodotti di IV e V gamma in primis, ma anche piatti pronti e prodotti surgelati. È proprio il settore dei cibi pronti all’uso che sta donando grande vigore a questa tipologia di packaging, in ambito italiano ma, soprattutto, a livello internazionale. In paesi europei come la Germania per esempio, il consumo di questa tipologia di prodotti cresce a ritmi importanti e negli ultimi anni il fenomeno ha riguardato anche l’Italia.
Tra i settori di utilizzo dell’area food, il primo posto spetta ai prodotti da forno e della pasta (20,8%), seguiti dai prodotti ortofrutticoli di IV e V gamma (21,6%) che anche in fatto di consumi è caratterizzata da performance migliori, e dai formaggi (18,9%).
Sempre con riferimento ad altri settori del food che utilizzano packaging flessibile, troviamo: carni trasformate e salumi (7% in progressiva crescita sia se provenienti dall’industria sia prodotti confezionati presso la GDO); surgelati (6,3%), caffè (3,6%), pet food (4,3%, in crescita costante e l’imballaggio flessibile sta erodendo quote di mercato ad altri imballaggi, in particolar modo alla lattina e alle vaschette di alluminio: comodi da trasportare, pronti all’uso e, soprattutto, disponibili in confezioni monodose, sono adatti a contenere prodotti secchi e umidi). Infine, nella voce “altri alimenti” (11,9%), rientrano le salse, piatti pronti, gli ittici, caramelle e confetteria in generale, baby food, yogurt, spezie, olive destinate al consumo, miele, derivati del pomodoro, carni fresche bevande, condimenti, spezie, ecc.
In ambito beverage, risulta in crescita il ricorso a questo materiale utilizzato per i realizzare il cheerpack, una tipologia di packaging che potrebbe insidiare l’utilizzo del brick monodose (nel 2017, la percentuale dell’impiego di cheerpack nel mix del confezionamento dei succhi di frutta risulta essere intorno all’1,2%, in crescita).
Nel “non food”, il settore della detergenza domestica evidenzia uno share del 3,7%, mentre i settori farmaceutico e della cosmesi-profumeria sono a quota 3,8%.
In entrambe le aree si conferma il fenomeno già registrato lo scorso anno, secondo cui le ricariche, sia per i prodotti della detergenza domestica che per quelli per la cura della persona, stanno prendendo sempre più piede: più economiche e leggere, le confezioni realizzate con materiali flessibili stanno crescendo a scapito dei flaconi di plastica. Altro fenomeno che interessa le due aree è la presenza massiccia delle confezioni monodose, in genere bustine realizzate in materiale flessibile: i sample omaggio in profumeria oppure le monodosi utilizzate nel settore farmaceutico per prodotti in crema o in granuli.
Barbara Iascone
Istituto Italiano Imballaggio