Mazzini, Coop: “Alle classiche Riduci, Riutilizza, Ricicla è stata aggiunta una quarta R, rinuncia”

Il responsabile commerciale settore freschissimi: “Un errore che produrrà food waste e indebolimento del mercato unico”.

Claudio Mazzini, vicepresidente dell’inter-professione Ortofrutta Italia, nonché responsabile commerciale settore freschissimi di Coop ha un’esperienza ad ampio raggio che permette di guardare al fondamentale rapporto tra contenuto e contenitore, strategico in particolare se si parla di conservazione e trasporto prodotti freschi come l’ortofrutta.

Bisogna superare l’idea che il contenitore sia avulso dal prodotto” esordisce Mazzini “mentre sono in realtà due elementi interconnessi. Il Regolamento, che a mio avviso è sempre più simile a una direttiva, pare affermare che contenuto e contenitore siano due cose diverse e separate. E il limite del kg e mezzo lo dimostra chiaramente evidenziando l’assenza di riflessione sul possibile aumento del food waste e sul perché un certo packaging sia scelto per quel prodotto e per la sua conservazione. Patate, mele e arance vengono già mediamente vendute in quella quantità, ma i frutti climaterici come fragole, albicocche, pesche, ciliegie, in genere vengono venduti in quantità inferiori e richiedono contenitori idonei ad essere preservati. Secondo l’attuale Regolamento questi prodotti dovrebbero uscire dai punti vendita sfusi, senza informazioni sulla filiera, elementi di marketing e probabilmente privi di packaging idonei alla conservazione e al trasporto.

La conseguenza di queste decisioni sarà da un lato il proliferare di confezioni di poco superiori al chilo e mezzo, con un prevedibile aumento dello spreco alimentare e di packaging. Inoltre, visto che umidità e carta non vanno d’accordo, è inevitabile l’aumento di packaging composito di fatto non sempre pienamente riciclabile; d’altro canto, si chiede al mercato di abbandonare una filiera del riciclo efficiente, strutturata e basata su plastica realmente riciclata e riciclabile oltre che, come nei casi citati, adatta alla migliore conservazione del prodotto. Va sottolineato infine, che su questi aspetti non sono stati fatti studi scientifici specifici, tutto si è basato su un approccio ideologico.

Sono inoltre mancati totalmente il riconoscimento e l’ascolto di paesi come l’Italia, dotata una filiera del riciclo efficiente e dove, peraltro, per la prima volta tutte le filiere coinvolte si sono mosse insieme, dalla GDO ai sindacati, dalle associazioni di industriali alle sigle della distribuzione. Un fatto tanto nuovo quanto inascoltato dalle istituzioni europee.

Quanto alla filiera logistica, Coop è stata tra i primi a riciclare le vaschette, usare il riciclato, le cassette con sponde abbattibili e a coinvolgere tutta la filiera di fornitura per un imballaggio logistico sempre più sostenibile. Se guardiamo poi al vuoto a rendere, su cui Coop iniziò la sperimentazione 25 anni fa, possiamo dire che le analisi LCA non rivelano significative riduzioni in termini di emissioni rispetto a una filiera efficiente di riciclaggio del PET.

Le prescrizioni attuali rendono difficile lavorare sia sul proprio mercato che sull’export, portando così a un mercato unico sempre più debole dove ogni paese guarderà alle sue estensioni e deroghe con aumento di complessità, costi e un danno complessivo al mercato unico. Infatti, per far viaggiare la fragola di Marsala verso Budapest con un lead time superiore alle 72 ore, il contenitore non è irrilevante ma centrale, sia per la commercializzazione che per la riduzione dello spreco alimentare.

In sintesi, due gli assi fondamentali della riflessione: da una parte ignorare che contenuto e contenitore sono un concetto unico e che il riciclo è un’azione sostenibile al pari del riutilizzo; dall’altro le deroghe differenziate tra gli Stati Membri, che porteranno alla perdita della logica comune con una deregolamentazione differenziata.

In sintesi, il PPWR rappresenta una somma di decisioni prese con molta ideologia e poca idea delle reali conseguenze sulla filiera.

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