Questa volta, l’hanno fatta grossa!

Cartotecnica Goldprint, in un sol colpo, raddoppia il fatturato, moltiplica macchine, tecnologie di produzione, offerta e punta con ambizione ai mercati esteri. Astucci pieghevoli e scatole rigide per i settori del lusso, della cura della persona, alimentare e farmaceutico, ma anche espositori e poster per affissioni, tutto nel segno della qualità e dell’attenzione al servizio. Stefano Lavorini


Sei siti produttivi, di cui cinque in Italia e uno in Polonia, per un totale di quasi 50mila metri quadrati coperti, e 260 addetti; un fatturato che nel 2016 dovrebbe arrivare a 60 milioni di euro (cinque anni fa superava di poco i 10); 7 macchine da stampa offset, 2 macchine da stampa digitali, 3 macchine flexo, 7 fustellatrici, 9 piega-incolla, 2 ondulatori, 6 linee automatiche per scatole, 5 Bma hot stamping a cui va aggiunto un lungo elenco di attrezzature ausiliarie: questi i numeri, a febbraio, che restituiscono un’idea di cosa sia diventata Cartotecnica Goldprint Spa dopo l’acquisizione di GPP Industrie Grafiche srl, conclusa a dicembre 2015. Proprio non male per un’azienda conosciuta, fino a qualche tempo fa, per aver prosperato nel mercato del packaging di lusso, soprattutto grazie a pochi, grandi clienti. Una svolta epocale, quella di oggi, delle cui ragioni e prospettive ho avuto occasione di parlare con Pierpaolo Bramucci titolare, con la sorella Elena e il padre Emilio.

Come e perché avete acquisito GPP Industrie Grafiche?
Noi abbiamo sempre avuto chiaro il fatto che i gruppi cartotecnici europei stiano diventando sempre più grandi, in risposta al processo di concentrazione che caratterizza ormai da lungo tempo il mondo dei brand-owner.
Basti pensare alla recente acquisizione, da parte di Coty Inc, della multinazionale Procter & Gamble Specialty Beauty Business, che controlla forse la metà di tutti i marchi più importanti del mercato della profumeria.
Questa è l’ovvia ragione che ci ha spinto in questi ultimi anni a intraprendere la strada della crescita per vie esterne, la cui prima pietra è stata l’acquisizione nel 2013 della E. Siani Spa, produttore di microonda per interni di scatole.
Ma c’è di più: da oltre quarant’anni Goldprint ha avuto il suo core business nella produzione di packaging di lusso per l’alta profumeria e la cosmetica, però ora, con l’acquisizione di GPP, entra nel settore alimentare, della cura della persona, del farmaceutico con un’offerta completa, che comprende astucci pieghevoli, scatole rigide, espositori, poster per affissioni, ecc.
In sintesi, a poco più di un mese dalla definizione dell’accordo, mi sento di dire che “1 + 1 fa 3”.

La proprietà di GPP è cambiata diverse volte negli ultimi anni. Cosa è rimasto dell’azienda originale?
GPP è sempre stata una realtà di prestigio nel nostro settore, un’azienda che purtroppo ha avuto una storia travagliata. Per noi, quindi, era ed è un bel brand da rilanciare.
Abbiamo acquisito l’azienda senza debiti, in quanto il pregresso derivante dal concordato è stato stralciato. Alla luce delle sinergie e della sovrapposizione di mansioni, stiamo procedendo a una ristrutturazione aziendale, anche se abbiamo dato continuità di impiego alla maggior parte delle persone: oggi l’organico è di 130 unità, su un totale iniziale di 167 addetti. Il fatturato Goldprint nel 2015 è stato di 31 milioni di euro, a fronte di 29 milioni di euro di GPP, seppure con marginalità diverse.
Sia chiaro però che non abbiamo comprato GPP per smembrarla, venderla e tenerci i clienti. L’azienda è stata acquisita perché vada avanti, continuando a fare quello che faceva. Questo è un fatto decisivo, se no, non avremmo né saldato la posizione debitoria, né messo a budget nuovi investimenti per aggiornare i macchinari.
Inoltre desidero sottolineare due cose. La prima è che GPP esiste ancora, e che è cambiata solo la proprietà. La seconda è che, nonostante ci siano delle sinergie a livello gestionale, macchinisti e macchinari, insomma le produzioni, rimangono ben divise: dove stampiamo il packaging di lusso continueremo a farlo, e la stessa cosa faremo per le altre linee di prodotto.
Oggi siamo in grado di proporre la soluzione migliore alle più diverse esigenze degli utilizzatori. È, nella sostanza, quello che hanno già fatto aziende europee molto più grandi di noi, che producono di tutto, dalle confezioni del pomodoro fino agli astucci extra lusso.
Comunque, ognuno dei segmenti di mercato in cui operiamo - astucci, scatole rigide, general packaging, espositori, affissioni - ha un fatturato consolidato tra i 10 e i 2 milioni di euro.

Siete protagonisti di una formidabile integrazione di gamma, ma avete acquisito anche competenze, il che presuppone una trasformazione in termini culturali dell’impresa...

Sì, la nostra idea è stata quella di diversificare l’attività e quindi di essere in grado di servire allo stesso modo l’industria dei beni di largo consumo nel suo complesso. Abbiamo creato una realtà tra le più grandi in Italia, con 5 stabilimenti e 260 persone: Goldprint insieme a GPP quest’anno dovrebbe, infatti, fatturare tra i 55 e i 60 milioni di euro…
Per ora, una squadra di personale di punta di Goldprint è stata distaccata in GPP e, con una struttura più snella, stiamo già avendo buoni risultati, per cui sono sicuro che questa operazione andrà bene.
In verità, sono convinto che entrambe le realtà abbiano da imparare l’una dall’altra, nel senso che ci sono delle tipologie di lavorazione, come la stampa, in cui Goldprint è di certo a un livello superiore, mentre su altre fasi produttive, come la piegatura e incollaggio degli astucci, GPP ha un punto di forza per competenze e macchinari. Insomma, quello che facevamo bene prima, sia in Goldprint che in GPP, continuiamo a farlo bene anche oggi, e anzi, l’obiettivo è quello di farlo meglio. Lo stabilimento GPP dedicato alla produzione degli astucci per il farma è rimasto esattamente quello che era, con le stesse persone, e discorso analogo vale per la forza commerciale, già abituata a essere “multibrand” e capace quindi di vendere un espositore, un cofanetto rigido, un astuccio di lusso, ecc…

A proposito di mezzi di produzione: cosa vi ha portato in dote l’acquisizione?
In effetti abbiamo messo insieme un parco macchine piuttosto vario e articolato. Solo per dire delle macchine da stampa offset,  abbiamo 3 Heidelberg, 2 Mitsubishi, 1 KBA e 1 Roland, ma stiamo valutando sostituzioni e nuovi investimenti.
Abbiamo 15 Bobst, tra fustellatrici e macchine per la stampa a caldo, 9 piega-incolla, 2 ondulatori, di cui uno che produce l’onda nuda e la accoppia con i fogli stampati. Poi 6 linee Emmeci per scatole rigide, di cui due appena acquistate che andranno in Polonia dove, vicino Varsavia, abbiamo uno stabilimento di 7.000 metri.

Questa è un’altra novità: un modo per “seguire l’onda” dell’internalizzazione?
Si. Per andare, infatti, incontro ai nostri clienti, abbiamo deciso di delocalizzare in Polonia buona parte della produzione di scatole rigide; per questa ragione abbiamo acquistato due nuove linee Emmeci, a cui si aggiungeranno due delle quattro linee che attualmente sono installate in Italia.
Nel nuovo sito intendiamo avviare anche la produzione manuale di scatole rivestite, nonché l’assemblaggio degli espositori per i mercati del nord Europa.
Ci stiamo organizzando e abbiamo già iniziato la formazione di una piccola squadra interna composta da personale Goldprint e da operatori di macchina locali. Per quanto attiene alle lavorazioni manuali, abbiamo nel frattempo identificato una società polacca con una buona expertise, che fornirà il personale ad hoc.
È un bel progetto, una bella sfida, da portare a compimento in tempi strettissimi: a maggio, infatti, dovremmo avviare la produzione.

Immagino che, a questo punto, il problema sia riuscire a far capire cosa siete in grado di offrire al mercato, e come fate a essere “bravi” pur presidiando settori così diversi.
Allo stato dell’arte, il mercato sembra darci ragione: i clienti Goldprint, pochi e grandi, non hanno di che temere in quanto praticamente non cambia nulla; le multinazionali valutano positivamente il fatto di avere un fornitore di maggiori dimensioni, con più sedi produttive; i clienti GPP, che siamo andati ovviamente a trovare, si sono dimostrati in genere rincuorati e tranquillizzati dal cambio di proprietà.
In più, l’operazione di integrazione porta a unire le risorse anche per quanto riguarda le attività di R&D, sommando competenze e attitudini che vanno dalla nobilitazione dei supporti allo sviluppo di nuovi packaging e alla loro ingegnerizzazione.
D’altronde, il settore cartotecnico in Italia ha sempre avuto un profilo molto particolare rispetto ad altri paesi, che ha però mostrato i suoi limiti in questi anni di crisi; ciononostante, ci sono aziende che hanno continuato a lavorare perché in grado di offrire qualità, servizio, prezzi, insomma tutto quello che il cliente si aspettava di avere. Noi vogliamo essere tra queste aziende.                                 

 

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