Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto*

L'editoriale di Stefano Lavorini.

L’unica cosa che ci appartiene è il tempo, diceva Seneca, eppure oggi sembra che ci sia un tempo per tutto, meno che per avere tempo.

Abbiamo spesso una vita faticosa e affaticata: un lavoro senza pause, che ci rende ostaggi della produttività e dell’efficienza, dei budget e dei target, della competizione e della leadership; un’affettività vissuta di fretta, tra una scadenza e un’altra, con il rammarico di quello che vorremmo fosse; un’aspettativa di riposo e divertimento costretta a fare i conti, orologio alla mano, con una programmazione che non lascia spazio all’imprevisto.

Viviamo “in tempo reale”, abbiamo un presente di rapidità e convulsione, usiamo le mail e non la posta, leggiamo le notizie (scorriamo i titoli, sic!) su internet e non sui quotidiani, andiamo al supermercato e non per negozi, prendiamo la doccia e non il bagno… Non abbiamo più tempo per niente e per nessuno, neanche per ordinare e per dare priorità a quello che dobbiamo fare. Men che meno per stare in intimità con noi stessi. Condizionati a rispondere agli stimoli che ci arrivano dall’esterno, ci adattiamo e ci convinciamo che non si possa fare niente per sfuggire a questa realtà.

Il tempo passa così nella relatività e inconsapevolezza del nostro destino, almeno fino al momento in cui, improvvisamente, accadono cose che danno luce all’ineffabile, all’ineluttabilità.

Di chi è la colpa? Chi è il responsabile di questa epoca segnata dalla superficialità dei rapporti, dalla falsità dei mass media, dall’attesa messianica di rivoluzioni tecnologiche salvifiche?

Il responsabile è ancora a piede libero e viene ricercato per capire il meccanismo e limitare il massacro.
Qualcuno a cui chiedere conto dell’attuale e comoda cultura dell’immagine, della pochezza di suoni e concetti che affliggono la comunicazione interpersonale mediata dai mezzi digitali, della difficoltà generale di riuscire a rendere l’espressione di un’emozione, di un sentire con parole che sappiano ancora comunicare significati, dietro alle evidenze.

Il nostro cuore di vecchi coniugati dell’esistenza non smette di battere in attesa di una soluzione che ci spieghi come impiegare in modo saggio il tempo che abbiamo, giorno dopo giorno, senza inciampare nell’ennesimo contrattempo.

Presto, presto, non c’è tempo!

* Lucio Anneo Seneca, De brevitate vitae

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