Liberi… di dover tornare
Editoriale di Stefano Lavorini
«È passata anche questa estate e siamo qui… a ricominciare». Questo è l’incipit dell’editoriale di settembre di alcuni anni addietro, che mi offre lo spunto per tentare un viaggio nella memoria, riprendendo quanto ho scritto nel tempo dopo la pausa estiva, con il dubbio che siano ancora tante - e le stesse - le cose da fare.
È di nuovo il tempo infatti che «la pigrizia e l’ozio, curiosi e credibili fattori capaci di suscitare pensieri che altrimenti non si affaccerebbero mai alla mente, lascino inesorabilmente il posto al continuo affaccendarsi, al produttivo agitarsi, all’impegnato connettersi, alla convenienza di compromessi tanto efficaci quanto sofferti…
E a poco vale il sospetto… di essere ostaggio di una condizione ottusa, che ci fa spendere buona parte della nostra vita, preoccupati più del fare che dell’essere».
Elias Canetti scriveva: «L’uomo ha raccolto tutta la saggezza dei suoi predecessori, e guardate quanto è stupido!». Che sia vero?
Suvvia, scacciamo queste domande e proviamo a pensare che forse sarebbe più giusto vivere un po’ meglio tutti i giorni, invece che invocare e aspettare un risarcimento aleatorio ed effimero di tanto in tanto.
Dove?
«In un posto in cui nessuno ha una vita a metà, dove non c’è tristezza e ansia, dove nessuno è solo e costretto a implorare di essere amato. Un posto dove si può trascorrere il proprio tempo senza attese sofferte, senza tenerezze occultate, senza dolorosi rimorsi. Dove la vita si fa bella piegandosi ai nostri desideri, dove si sa far tesoro dei doni del caso e si sa pure cangiare prontamente la meta, seguendo la sorte e il fato, oltre l’imprevedibilità degli eventi e le limitatezze della ragione. Dove quello che vorremmo, accade a misura di quello che abbiamo immaginato. Dove le favole sono realtà e non sola finzione».
Ma forse è meglio non insistere su questa strada.
«Per questo vi risparmierò… l’abbruttente ripetizione di temi a me cari; temi che ben conoscono quanti hanno il vizio di interrogarsi sul senso delle cose…
Sfoggiando dunque il meglio della convenienza vi segnalo che, secondo le ultime notizie:
1) il pesce bollito è più digeribile di quello fritto;
2) le animelle non sono le anime delle pecorelle, bensì la base di un gustoso piatto romanesco;
3) le mezze stagioni non esistono più.
Non vorrei con ciò essermi sbilanciato nuovamente in giudizi avventati o in considerazioni romantico/esistenziali. Nel caso però fosse nuovamente così, perdonate la mia visione dei fatti, frutto di una congenita miopia, o forse di una mancanza di voglia di crescere che mi affligge fin da bambino.
Non mi resta che sperare, lo confesso, nelle nuove tecniche di chirurgia laser che, a quanto pare, sembra siano in grado di restituire abilità date per perse: la vista agli orbi, l’intelletto agli stolti.
In cuor mio sono un po’ scettico che si possa giungere a tanto e che, per esempio, coloro i quali trovano piacere o interesse nel prevaricare gli altri possano, senza pagare pegno, passare a scorazzare liberamente nel campo della virtù. Certo… tutto può essere, come insegna San Paolo sulla via di Damasco».
Insomma...
«Meno male che le vacanze sono finite. Finalmente abbiamo un anno intero per tornare a sognare come sarebbe bello vivere…».