Palaveri: “La filosofia del Regolamento non valorizza il reale ruolo del packaging.”
“Lavoriamo per un packaging contemporaneo, leggero e democratico, in linea con quanto richiesto dall’UE, consci del nostro ruolo nel mercato e delle nostre capacità di ricerca”
In questi ultimi mesi, Alberto Palaveri, presidente del Gruppo Imballaggio Flessibile di Assografici dal 2020, si è speso molto negli ambiti istituzionali per migliorare le varie versioni del Regolamento, a tutela del settore di riferimento ma richiamando anche il valore del “sistema imballaggio” nel suo complesso.
«Siamo ovviamente consapevoli che la lotta al cambiamento climatico è un affare complesso, urgente e senza facili soluzioni (il lungo iter di approvazione del Regolamento UE PPWR ne è peraltro un esempio). Così, dopo un anno e mezzo di negoziazioni, abbiamo a disposizione un documento complicato, a volte di difficile interpretazione, in attesa dei decreti attuativi.
In sintesi, comprendiamo l’intento del legislatore e la filosofia di fondo di questo Regolamento ma non ne condividiamo l’approccio perché nei fatti non valorizza il reale ruolo del packaging nella protezione e nella distribuzione sicura dei prodotti, puntando invece l’attenzione quasi esclusivamente sulla riduzione dell'immesso al consumo. Secondo noi, si tratta di una semplificazione azzardata: il PPWR divide l’intera filiera del packaging in tanti “piccoli pezzi”, occupandosi poi di ognuno di questi come fossero a sé stanti e non, come invece accade, come elementi sinergici di un sistema industriale complesso.
In secondo luogo contestiamo il fatto che manchino, se non per brevi accenni, riferimenti compiuti alle valutazioni LCA: per le aziende è fondamentale avere un quadro di riferimento scientifico chiaro a cui attenersi, con parametri misurabili, ripetibili e inequivocabili ai quali adeguarsi. Il rischio, per le aziende che devono “raccontare” i propri prodotti, è che non riescano a farlo nel modo adeguato. In vista dei decreti attuativi che, anche in fatto di LCA dovranno completare il quadro regolatorio entro i prossimi due anni, Giflex proseguirà quindi a lavorare nelle sedi opportune per rendere più misurabili, più ragionevoli, più complementari le politiche ambientali con le politiche industriali.
In questo senso sarà fondamentale avere il pieno supporto del Governo italiano anche ai tavoli tecnici, così da mettere a punto decreti attuativi in grado di guidare le aziende sul piano fattuale e organizzativo, evitando slogan a effetto e frasi fatte.
Finisco con una nota positiva, che riguarda proprio l’immesso al consumo e, nello specifico, il packaging flessibile: Giflex rappresenta un comparto che, per sua natura, è nato per ridurre il consumo di materiale e abbiamo il diritto/dovere di raccontarlo ai consumatori.
Ma non solo. Stiamo infatti giocando d’anticipo e, nonostante le difficoltà, l’industria dell’imballaggio flessibile si è attivata in modo responsabile per tracciare, attraverso azioni concrete, la sua Roadmap per la Sostenibilità 2030, anno a partire dal quale tutti gli imballaggi dovranno essere progettati in funzione del fine vita.
Se fino a oggi ci siamo immaginati il nostro pack “performante” sullo scaffale di un supermercato, ora dobbiamo pensarlo altrettanto “performante” anche in un impianto di riciclo, meccanico o chimico che sia.
Progettare il packaging del futuro significa partire dal suo fine vita, per questo diventerà sempre più strategico fare ricorso, nella progettazione, al design thinking per realizzare imballi con caratteristiche che diano al riciclatore la possibilità di valorizzarli.
Partire dall’Ecodesign per rispondere a queste logiche è necessario così come sviluppare linee guida esaustive per produrre valutazioni LCA ripetibili, confrontabili e supportate scientificamente, inserite in un contesto di circolarità.
Per questo i Comitati Tecnici di Giflex hanno steso le prime linee guida di LCA, elaborate nello specifico per l’imballaggio flessibile. Si tratta di uno strumento “su misura”, che porterà innegabili vantaggi al nostro comparto in fatto di formazione del personale - sviluppare competenze in house senza ricorrere all’outsourcing - nonché di una progettazione in chiave di ecodesign avendo a disposizione dati e strumenti validati e certificati».