Sostenibilità. Il punto di vista di... Davines

La sostenibilità come approccio olistico che tocca l’organizzazione, il prodotto, il cliente e contagia i partner. Intervista a Sonia Ziveri, Chief Sustainability Officer di Davines SpA.

M. Costanza Candi, Luciana Guidotti

B Corp con una lunga storia di attenzione alla sostenibilità, Davines è una family company, leader di mercato, che ha fatto del green la sua bandiera, tingendo di verde ogni aspetto dell’azione e della vita aziendale.

Dalla sede di Parma (“il Village”) al kilometroverdeparma, dalle iniziative sul territorio, alla Carta di Ricerca per il Packaging, non c’è aspetto della strategia aziendale che non sia permeato di valori legati alla sostenibilità. Una strategia riconosciuta dalle performance di mercato e dall’ecosistema di aziende che Davines sta trainando nel suo percorso. Ce ne parla Sonia Ziveri, Chief Sustainability Officer di questo “creatore di buona vita” - così Davines si definisce - nonché produttore e distributore di prodotti tricologici e creme di bellezza.

Davines Village. Inaugurato nel 2018 a Parma, è stato progettato da Matteo Thun per rispondere alle più stringente domanda di sostenibilità. 77.000 mq, di cui 11.000 di uffici e stabilimento produttivo, è dotato di un orto botanico, sistemi di co-generazione e risponde a logiche green nella vita quotidiana in azienda: dall’uso di materiali riciclabili, alla riduzione della plastica monouso, al 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili.

La sostenibilità è un tema il cui valore è ormai pienamente assunto dall’opinione pubblica: come definirebbe il rapporto tra la maggiore sensibilità del consumatore e il ruolo di innovazione svolto dai grandi player come la sua azienda?

In generale riteniamo centrale il ruolo delle imprese nel percorso di innovazione. Fare scelte dirompenti verso una crescente sostenibilità traccia una rotta che va al di là del business as usual e che, indirettamente, spinge anche le imprese più grandi verso comportamenti virtuosi. Davines è un’azienda di medie dimensioni, ma con la sua azione riesce a condizionare i big player, creando un modello da cui non ci si può sottrarre. È una dinamica sana, che va verso la tutela del consumatore, perché sta alla responsabilità di ognuno di noi, alle imprese in primo luogo, agire da driver, usando il confronto e favorendo le scelte che ci permettono di continuare a sopravvivere nel nostro ecosistema. Il nostro stile di vita attuale e il consumo dell’ambiente che ci circonda non sono sostenibili nel lungo periodo.

Negli anni, siamo stati precursori di un approccio totale alla sostenibilità, che è nel DNA dell’azienda, con un percorso iniziato nel 2005 con una carta etica. Le persone di Davines si sono confrontate con un filosofo, definendo i valori fondanti della propria attività lavorativa, che sono divenuti portanti per le nostre scelte. Valori che hanno poi permesso la costruzione del manifesto della bellezza sostenibile, che definiva le traiettorie di sostenibilità per un’azienda che vuole fare della bellezza il proprio mondo di riferimento. Da allora abbiamo iniziato a lavorare su tanti tavoli progettuali, mossi dalla passione per la sostenibilità, fino a che, nel 2016, dopo un lavoro di organizzazione interna e la definizione di metodi di misurazione, abbiamo ottenuto la certificazione B Corp, molto importante per l’azienda ma anche per la comunità, perché non coinvolge un solo aspetto, ma mira a un approccio olistico, che garantisca la sostenibilità in tutti gli ambiti, sotto il profilo sociale, ambientale ed economico.

Altro tema difficile nella gestione della governance, su cui Davines si sta impegnando, è la costituzione di una B Corp Beauty Coalition, di cui è capofila con Gruppo Natura e Dr Brenner, brand Californiano che fa della sostenibilità il nucleo del suo business e punto di riferimento del settore. L’obiettivo è la definizione di un modus operandi che supporti le aziende aderenti nello sviluppare packaging evoluti, innovare la filiera degli ingredienti, rafforzare la sostenibilità della supply chain nel suo complesso.

Un’azione proattiva, che è diventata quasi una missione per Davines...

Abbiamo messo in campo una serie di iniziative sul territorio che trainano nuove adesioni al modello, con l’obiettivo di un riconoscimento internazionale del concetto di B Corp.

L’approccio, infatti, include aspetti che vanno oltre i dati prettamente “scientifici”, come l’impatto che l’azienda ha sul territorio, sulla sostenibilità della filiera e della catena di fornitura con il coinvolgimento diretto dei fornitori nel percorso. Sotto osservazione sono quindi anche gli stakeholder, parte della comunità che, a vario titolo, ruota attorno all’azienda sviluppando una vera e propria contaminazione. Parma in questo senso è un caso emblematico, con un numero molto elevato di B Corp, che sono state largamente condizionate dalle scelte visionarie di Davines, coinvolgendo tra l’altro i fornitori di packaging e altri materiali, nove dei quali sono a loro volta B Corp. Una contaminazione virtuosa che rafforza il messaggio e la sua circolazione su un sistema di certificazione esclusivo, che vede circa 120 aziende in Italia e 4000 nel mondo.

In questo percorso, che ha la ricerca della bellezza come punto fermo, quanto gioca la spinta all’innovazione?

Davines svolge davvero un ruolo di “driver di innovazione” che spinge anche il mercato e i concorrenti in questa direzione, proprio per l’adesione totale ai valori green che ci contraddistinguono, partendo dalla comunicazione, proseguendo con la costruzione di una sede aziendale assolutamente innovativa, l’immagine di prodotto, la scelta dei materiali nel processo e nell’imballaggio. Siamo un esempio di sostenibilità per la cosmetica professionale, in un contesto dove molti parlano, ma non tutti fanno un lavoro codificato e certificato in questo senso. Riteniamo che sia fondamentale migliorarsi costantemente, perché la sostenibilità è un percorso senza fine che impone impegno e responsabilità. Sono infatti le scelte individuali di ognuno di noi a spingere l’azienda verso risultati tangibili, in un percorso misurabile step by step secondo i protocolli B Corp, che permettono di mappare l’impatto delle azioni.

Sostenibilità del packaging significa ricerca di nuovi materiali, studio di design innovativi e “responsabili”, di una comunicazione ad hoc capace di sottolineare le caratteristiche di un packaging evoluto ed etico (realizzato con minor spreco di risorse, riciclabile etc etc…). Utile al marketing?

Noi lavoriamo nel Village, inaugurato 3 anni fa, il 2 luglio 2018, che è una casa di vetro. I nostri uffici non hanno muri ma vetri, a indicare l’importanza non solo formale ma sostanziale della trasparenza di azienda e persone. In termini di packaging, continuiamo a lavorare sulla ricerca con il nostro Dipartimento R&D packaging, che si occupa di individuare con il marketing le migliori soluzioni a minore impatto.

Ci concentriamo sulla circolarità, guidati da una Carta della Ricerca Packaging per lo sviluppo prodotto dove, in primis, studiamo come alleggerire l’imballaggio, riduciamo all’essenziale i packaging primari, eliminiamo, diminuiamo e razionalizziamo quelli secondari e puntiamo il più possibile a ridurre il consumo di fonti fossili… scelte che ci hanno valso diversi riconoscimenti di CONAI. Prediligiamo l’uso di materiali riciclati per i nostri packaging: nel 2020 abbiamo raggiunto una percentuale del 60% di packaging da materiale riciclato sul totale del materiale acquistato per imballaggi primari, secondari e terziari. In particolare, usiamo un’altissima percentuale di carta e cartone riciclato (oltre il 90%) e dal 2017 ci impegniamo a sostituire la plastica vergine con plastica riciclata post consumo o bio-based derivata dalla canna da zucchero… materiali, questi ultimi, che nel 2020 hanno superato il 55% del peso totale di plastica acquistata per i nostri imballaggi. 

Da alcuni anni eseguiamo analisi LCA su tutti i nuovi prodotti, allo scopo di analizzarne il ciclo di vita e identificare la miglior soluzione in termini di impatto e funzionalità.

Spesso la risposta sono i polimeri, su cui facciamo prevalere quelli da riciclo post-consumo. Ma come sappiamo non è il materiale, ma l’uso che se ne fa, a essere il problema: torna quindi il tema della responsabilità individuale.

Per guidare alla conoscenza e a scelte consapevoli, abbiamo creato un Dossier Packaging Sostenibile ad uso di clienti e forza vendita, dove forniamo dettagli non scontati sulle nostre politiche, sul significato di certe scelte: pensiamo al sistema mono materiale di packaging-etichetta per favorirne la riciclabilità. Offriamo anche indicazioni su come creare un imballo compatto, recuperando oltre il 20% del volume e abbattendo la carbon footprint, ma diamo anche consigli basati sulla riduzione dei consumi, come, ad esempio, usare il prodotto fino all’ultima goccia.

Tutto questo lavoro è certamente utile al marketing, ma tengo a sottolineare che il nostro brand è guidato da valori, ben più che dall’opportunità del momento.

Per noi, la sostenibilità è una scelta condivisa: questo concetto si concretizza in maniera significativa in un gruppo speciale di persone che definiamo “attivatori di sviluppo sosteniblie”. Gli attivatori lavorano in ogni funzione aziendale e, in collaborazione con i responsabili, si coordinano per supportare il team di sostenibilità e ottenere risultati di impatto e misurabili.

Quali le ricadute sulla logistica, sull’esposizione a scaffale, sull’etichettatura (che, in ultima analisi, è il mezzo più immediato per stabilire un contatto con il consumatore)? Ci offre un suo punto di vista su questo new deal?

La razionalizzazione del pack permette di mitigare l’impatto sull’ambiente, l’uso di materia vergine e di materiale riciclato, riducendo così la carbon footprint. Questo incide sui trasporti, abbattendo così le emissioni. Quanto alla formazione del consumatore, ci stiamo adoperando per raggiungere i clienti, fornendo loro informazioni chiare, trasparenti e comprensibili. I clienti vanno educati: noi abbiamo a che fare con professionisti dell’estetica, parrucchieri ed estetisti che siano, che diventano a tutti gli effetti i nostri ambasciatori. Ma devono essere formati, supportati con etichette “parlanti,” usando, ad esempio, codici QR e altre forme di realtà aumentata, che permettano un’informazione immediata. Lavoriamo inoltre con Cosmetica Italia, l’associazione di categoria, con cui stiamo cercando di definire il concetto di prodotto green e sostenibile. Sarebbe molto importante avere una certificazione che misuri l’impronta ecologica del prodotto, un tema su cui La Commissione Europea sta lavorando con la Product Environmental Footprint. Stiamo studiando quindi etichette chiare, trasparenti e di semplice lettura, che siano però pienamente informative e veicolo per comunicare i nostri valori. 

Sostenibilità del packaging e del prodotto: un principio che, oltre alla tutela dell’ambiente, si amplia al rispetto per il territorio, alla socialità e alla sicurezza, chiudendo un cerchio virtuoso. Qual è la vostra visione dei nuovi stili di vita e di consumo?

È evidente che Davines faccia sistema in ogni occasione possibile. Il nostro Presidente, Davide Bollati, è molto attivo in città e, con Parma Io Ci Sto, ha contribuito a coronare il sogno di Parma Capitale della Cultura, spingendo per la candidatura di Capitale Green 2022. Un obiettivo mancato, per ora, ma che ha mostrato come le aziende, l’amministrazione e altri stakeholder possano fare squadra per il bene comune. Collaborando con altre aziende, Davide Bollati ha lanciato l’idea del kilometroverdeparma, divenuto poi un Consorzio, sotto il coordinamento di Maria Paola Chiesi della Chiesi Farmaceutici, che è B Corp a sua volta. Questo gruppo mira a creare una barriera arborea che freni le polveri sottili e riduca l’impatto dell’autostrada lungo il tratto che scorre davanti alle aziende. Un’iniziativa che ha già fatto scuola, portando all’adesione di altre realtà, che hanno creato aree di piantumazione nuove, rispetto al Km Verde originale.

Sempre di Davide Bollati è l’idea dell’Alleanza per la Neutralità Carbonica della Provincia di Parma. In questo caso Comune e Provincia di Parma, I Parchi del Ducato e Regione Emilia-Romagna, si uniscono a Università di Parma e Unione Industriale per la misurazione delle emissioni e la definizione di una strategia di riduzione, compiendo azioni di compensazione.

Una filosofia basata sul lavoro in team, che include anche i 6 paesi dove Davines ha filiali: Londra, Parigi, New York, Deventer nei Paesi Bassi, Hong Kong e Città del Messico, dove il coinvolgimento sul territorio è forte anche dove ci sono solo rappresentanze: la chiave comune, è la condivisione di valori e approccio.

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