Riciclo e occupazione: le virtù dell’economia circolare

Uno studio promosso dal Ministro dell’Ambiente e realizzato da Conai con Althesys analizza le relazioni tra politiche di gestione dei rifiuti urbani e sviluppo economico e occupazionale nell’Unione Europea. E intanto in Italia il recupero di imballaggi cresce.

L’obiettivo “rifiuti zero” che ispira le politiche comunitarie di smaltimento e il relativo modello di economia circolare (quello, per intenderci, che punta a trasformare i rifiuti in risorse, con l’impiego di materie prime rinnovabili e la produzione di manufatti riciclabili) può rappresentare un fattore di crescita rilevante.
Un recente studio del Conai prospetta al riguardo, per il vicino 2020, due scenari: uno “del tutto teorico” basato sull’ipotesi che tutti i Paesi europei entro il 2020 riciclino almeno il 50% dei rifiuti urbani e azzerino il ricorso alla discarica; il secondo, ”prudente”, che modula gli obiettivi tenendo conto che l’Europa viaggia a tre velocità, con alcuni paesi che hanno già raggiunto gli obiettivi massimi, altri che vi sono lontanissimi e dipendono perlopiù dalle discariche e altri ancora, come l’Italia, dove coesistono criticità ed eccellenze (nel riciclo degli imballaggi).

Discarica versus termovalorizzazio
ne. Alle differenze in questione concorrono più fattori, fra cui la varietà di strutture industriali ma anche di composizione dei rifiuti urbani (la frazione organica è molto più alta a Sud), e dove anche il clima fa la sua parte. Le temperature del Nord Europa, infatti, non solo favoriscono ma addirittura richiedono una politica di combustione dei rifiuti con recupero di calore: se alcune nazioni dovessero limitare la termovalorizzazione non sarebbero in grado di alimentare il circuito del teleriscaldamento, con gravi conseguenze. Obiettivi uniformi, che non tengano conto di tali peculiarità - commentano dunque gli estensori della ricerca - oltre a essere difficilmente raggiungibili, rischiano di produrre effetti collaterali negativi. Resta il fatto, si sottolinea ancora, che laddove il ricorso alla discarica è marginale, cresce la termovalorizzazione.

Le cifre. Nello scenario teorico l’aumento delle quantità avviate a riciclo da qui al 2020 ammonta a 44,8 milioni t, con un aumento del compostaggio (+22,5 milioni t), una riduzione del ricorso alla discarica (-71 milioni t) e la crescita dei rifiuti termovalorizzati (+37,5 milioni t).
Nello scenario prudente, l’aumento del riciclo e del trattamento del materiale organico è rispettivamente di 21,2 e 10,8 milioni t, mentre il ricorso alla discarica si riduce di 25 milioni e il fabbisogno di nuova capacità di termovalorizzazione ammonta a 22,3 milioni t.
In entrambi i casi, le ricadute in termini economici e di occupazione sono consistenti.
Nello scenario teorico, fra il 2013 e il 2020, raggiungere gli obiettivi genera un volume d’affari diretto e indotto di oltre 136 miliardi di euro, di cui 100 derivati dalle attività di raccolta, selezione, compostaggio e riciclo intermedio e 36 miliardi dagli investimenti in impianti di trattamento, riciclo e smaltimento. Secondo questi calcoli, il valore aggiunto complessivo è di 43 miliardi di euro, con 874.000 nuovi posti di lavoro (già detratti quelli persi nelle altre modalità di gestione, come la discarica).
Nello scenario prudente, il giro d’affari aggiuntivo derivato dal raggiungimento dei target comunitari è stimato in 78 miliardi di euro, con investimenti in impianti per 21 miliardi e 57 miliardi derivanti dalle diverse attività lungo la filiera. Valore aggiunto 24 miliardi di euro; occupazione addizionale 432.000 unità di cui 125.000 nella costruzione di impianti.

Interventi per lo sviluppo. Sulla base di queste considerazioni, lo studio individua alcuni strumenti per avviare il processo di convergenza e stimolare la crescita del settore, basati  sull’industrializzazione della filiera del riciclo e il recupero di efficienza nelle fasi di raccolta e selezione dei rifiuti. I possibili interventi vanno dall’introduzione del principio pay as you throw (più indifferenziato conferisci, più paghi) allo stimolo di processi di aggregazione e integrazione fra aziende, dal sostegno della R&S (per esempio sulla compatibilità delle plastiche miste, il riciclo chimico dei polimeri e il trattamento dei poliaccoppiati) allo sfruttamento della leva del Green Public Procurement per incentivare lo sviluppo di prodotti, tecnologie e servizi a basso impatto ambientale, e le relative aziende.

Imballaggio: il recupero nel 2013
Nel 2013 in Italia il recupero complessivo di rifiuti di imballaggio (riciclo + recupero energetico) ha raggiunto il 77,5% dell’immesso al consumo, equivalente a 8.753.000 t su un totale di riferimento di 11.297.000 t, pari a 3 imballaggi su 4 (solo nel 2008 erano 1 su 3). Anche considerando il solo riciclo (7.633.000 t,  67,6% dell’immesso al consumo) si conferma il superamento dell’ultimo obiettivo previsto dalle normative europea e nazionale.
In poco più di 15 anni di attività, dunque, il sistema consortile che fa capo al Conai ha ridotto di oltre il 60% il volume dei rifiuti di imballaggio avviati in discarica, con un beneficio economico e ambientale per il Paese quantificabile in 15,2 miliardi di euro e 125 milioni t di CO2 in meno immesse in atmosfera.
Ricordiamo che a Conai aderiscono circa 1.000.000 di imprese e fanno capo i 6 Consorzi specializzati per materiale: acciaio (Ricrea), alluminio (Cial), carta/cartone (Comieco), legno (Rilegno), plastica (Corepla) e vetro (Coreve).                                        

 

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