Pianeta Cina
Fare affari nel Paese di Mezzo gestendo con efficacia i rapporti con rappresentanti, clienti, fornitori e collaboratori. A partire da questo fascicolo, ItaliaImballaggio propone una serie di informazioni e analisi (elaborate da Alessandro Zaccarini, esperto in relazioni d’affari italo-cinesi) sulle principali tattiche di negoziazione e i modi della relazione tipici di imprenditori e manager “locali”. Con i relativi consigli su come affrontare al meglio le trattative.
Premessa: il punto di vista dell’Altro
Fra le tante difficoltà che le imprese italiane (specialmente se medio-piccole) incontrano cercando di trarre vantaggio dalle straordinarie opportunità di business offerte dal mercato cinese, i metodi di negoziazione e, più in generale, il modo di relazionarsi con i clienti cinesi durante la discussione di un progetto, sono sicuramente tra le più difficili da superare.
Prima di entrare nel vivo della materia, occorre tenere in debito conto alcune premesse per capire la mentalità e le “ragioni” dei nostri interlocutori orientali, e trovare dunque il modo di gestire una trattativa in maniera adeguata ed efficace.
Anzitutto, occorre ricordare che ci troviamo in un contesto in cui opera un numero elevatissimo di fornitori, in aumento di anno in anno sull’onda di un’economia in crescita costante. I nostri potenziali clienti hanno dunque sempre a disposizione svariate opzioni di approvvigionamento fra cui scegliere, di volta in volta, quelle che offrono le condizioni più vantaggiose, sia sul piano commerciale che tecnologico.
Aggressività. Questo, fra l’altro, alimenta una notevole aggressività nei buyer cinesi, consapevoli di poter sempre trovare un fornitore disposto ad accettare condizioni al ribasso pur di aggiudicarsi una fornitura. Inoltre, va chiarito che concludere una trattativa con criteri “win-win” - in cui ambo le parti sono soddisfatte e pensano di aver raggiunto i propri obiettivi - non è ciò a cui, per cultura e tradizione, aspirano i cinesi quando si siedono a un tavolo. Molto più spesso viene ricercata una soluzione win-lose, in cui aggiudicarsi il massimo delle condizioni favorevoli anche a scapito della controparte: in altre parole, è normale e non riprovevole fare di tutto per portare l’interlocutore ad accettare clausole a lui sfavorevoli, sia sul piano commerciale che tecnico.
Esperienza. Un ruolo importante è giocato dal fatto che, in generale - ad esclusione di grosse ditte a partecipazione statale che risalgono al periodo maoista - molte aziende cinesi sono estremamente giovani, nate per lo più negli anni Novanta se non dopo. Questo comporta un’oggettiva mancanza di esperienza: è difficile che un gruppo di manager cinesi, alle prese per la prima volta con l’acquisto di un determinato tipo di macchinari o prodotti, abbia un’idea precisa del prezzo o, meglio ancora, del rapporto costo/prestazione.
In particolare, può darsi che fino a quel momento abbiano utilizzato solo prodotti di fabbricazione cinese, e quindi abbiano come unico riferimento prezzi e prestazioni di attrezzature locali, senza alcuna idea precisa dei costi e delle caratteristiche di prodotti simili in Europa. È anche possibile che stiano già usando macchine importate dall’Europa, ma saranno probabilmente di seconda mano e spesso acquistate tramite agenti cinesi specializzati nella compravendita di parti di impianti dismessi in Occidente. Anche in questo caso, l’unico criterio di paragone dei nostri interlocutori saranno dei macchinari molto vecchi - spesso degli anni 70 - e quindi assai lontani, da tutti i punti di vista, dagli attuali.
Punti di riferimento. È utile ricordare che i cittadini cinesi, in generale, non sono del tutto consapevoli del prezzo e del valore delle merci straniere e che i produttori occidentali ne hanno spesso approfittato: in Cina le automobili e gli abiti, i computer e l’elettronica di marca, i ristoranti e i servizi sono molto più cari che in Europa. Ma ora, con l’aumento dei viaggi e delle occasioni di interazione con stranieri, i consumatori iniziano a rendersi conto della disparità di trattamento, come mostra la recente “marcia indietro” di Apple, costretta a scusarsi pubblicamente quando si è scoperto che in Cina la garanzia dei suoi prodotti era più breve, e questo nonostante prezzi tra i più alti al mondo.
Nulla di strano, dunque, che la mancanza di riferimenti sommata alla consapevolezza, o alla sensazione, di subire spesso condizioni sfavorevoli quando acquistano prodotti stranieri (non solo i beni sono più cari ma spesso anche sovradimensionati rispetto alle esigenze effettive dell’utilizzatore), fa sì che il team cinese spesso approcci la contrattazione con target, per esempio di prezzo, assolutamente al di fuori delle logiche di mercato europee e si concentri - spesso in maniera irragionevole - sul raggiungimento di sconti e condizioni commerciali che al fornitore europeo possono sembrare destituiti di qualsiasi fondamento.
Questo chiarito, esaminiamo ora alcune fra le tattiche più frequenti messe in campo da un team cinese.
Tattica numero 1.
Esagerare, in positivo o in negativo, le caratteristiche del progetto di cui si sta discutendo.
Consiste nel descrivere un progetto in modo lontano dalla realtà, o gonfiando determinati numeri per renderlo più appetibile o, al contrario, riducendone la portata effettiva per poi, una volta raggiunta un’offerta soddisfacente, mettere sul piatto le sue vere dimensioni e quindi rilanciare, chiedendo condizioni ancora più favorevoli. Ecco qualche esempio:
a) il nostro potenziale cliente ci chiede una quotazione sulla base di una fornitura di 200.000 pezzi all’anno, quando in realtà il suo fabbisogno non supererà le 50.000 unità annue;
b) chiede un prezzo di favore per la prima fornitura dichiarando che per quelle successive sarà disposto ad accettarne uno superiore, ma in realtà di forniture non ce ne saranno altre;
c) ci chiede di acquistare delle macchine sotto costo assicurando che il tutto verrà pareggiato con gli ordini di parti di ricambio, ma queste verranno invece comprate low cost da fornitori cinesi;
d) si discute un’offerta basata sulla fornitura di un numero minimo di prodotti o di una singola macchina ma, dopo svariati round di negoziazione in cui siete stati costretti a ridurre il prezzo o a concedere condizioni commerciali o tecniche molto vicine alla vostra bottom line, il cliente cinese vi informa che non vuole acquistare una macchina ma quattro, e a questo punto si aspetta condizioni ancora più favorevoli (che difficilmente sarete in grado di accordare in quanto avete già concesso tutto il possibile);
e) si discute della commessa di un prodotto semplice (un macchinario poco sofisticato) ma, una volta raggiunta la vostra bottom line, il cliente vi chiede una fornitura tecnologicamente più avanzata, rifiutandosi però di corrispondere la differenza di valore.
Le contromosse
Nel valutare questi comportamenti, dovete innanzitutto considerare che una descrizione sfalsata della commessa o delle reali esigenze del committente non deriva necessariamente dal desiderio di ingannare il fornitore. Molto spesso è frutto di un approccio top-down del management cinese, dove il consiglio di amministrazione o il governo locale che decide le strategie della ditta hanno stabilito obiettivi poco realistici, che sfociano in numeri ottimistici.
Anzitutto informarsi. In generale, l’approccio corretto a queste modalità di negoziazione è di informarsi bene sulla natura del progetto, raccogliendo dati non solo dal cliente ma anche e soprattutto da elementi terzi come agenti, concorrenti, studi di mercato e valutazioni di consulenti. Se alla fine vi siete fatti l’idea che le condizioni prospettate dalla vostra controparte non siano realistiche, dovete comunque evitare con cura di manifestare dubbi o, peggio ancora, di mettere esplicitamente in discussione la buona fede dell’interlocutore. Al contrario, vi mostrerete sempre positivi e interessati a concludere l’affare: un atteggiamento aggressivo (o peggio ancora arrogante o supponente) non viene letto come sicurezza nelle vostre competenze ma come desiderio di ribaltare i ruoli tradizionali del rapporto cliente-fornitore.
È in questo contesto positivo che potrete, nel corso della trattativa, amichevolmente rifiutare di accettare determinate condizioni, oppure sostenere che la vostra offerta è modellata sulle direttive del cliente quando, in realtà (ma non è certo il caso di dichiararlo) l’avete elaborata tenendo conto di parametri più realistici.
Margini. Date le premesse, è fondamentale mantenere nel corso dell’intera trattativa un margine di negoziazione che vi permetta di salvaguardarne la redditività, o perlomeno l’interesse, anche nel peggiore degli scenari possibili e anche dopo aver già fatto un certo numero di concessioni. Come abbiamo visto, infatti, gli interlocutori cinesi spesso non sono orientati a lasciare margini di profitto alla controporte ma cercano di trarre dalla negoziazione il maggior beneficio possibile per se stessi, anche se ciò compromette la relazione a lungo termine col fornitore. Che deve quindi aver ben chiaro a che punto della trattativa e a quali condizioni il progetto perda di interesse.
Prossimamente verranno affrontate le opacità della struttura e della suddivisione di responsabilità, tipiche delle imprese cinesi.
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CONTATTI: [email protected] Alessandro Zaccarini, classe ‘69, milanese di nascita, vive da oltre dieci anni a Pechino, dove collabora con imprese locali e straniere come manager “a tempo” e consulente in materia di rapporti di lavoro. Laureato in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, con specializzazione in ingegneria automobilistica all'Università di Stoccarda, ha studiato Storia dell’economia cinese presso l’Università di Cambridge (UK) e la Peking University. Dopo gli studi ha lavorato, inizialmente come PM e poi come general manager in alcune grandi imprese dei settori automotive, chimico, meccanico e delle macchine per il confezionamento, di stanza in Germania e quindi in Corea del Sud e Giappone (per 4 anni) e, dal ‘03, in Cina. Oltre all’italiano, parla e scrive correntemente tedesco, inglese e cinese. |