R-PET: da bottiglia a bottiglia

Imbottigliatori di acqua minerale e riciclatori hanno creato un consorzio volontario che dà vita a una filiera chiusa, per recuperare più PET e produrre materia prima seconda con caratteristiche di alimentarietà. Si chiama Coripet, e mette in campo idee originali che coinvolgono la GDO e premiano il consumatore virtuoso.

È lontano, ormai il tempo in cui “la” plastica era “cattiva”: robusta, sì, impermeabile e leggera, ma anche “artificiale” (e perciò stesso almeno un po’ nociva), per non dire del suo infausto destino di rifiuto indistruttibile…
Oggi parliamo di plastiche, al plurale, ciascuna con le proprietà e applicazioni specifiche e tutte da recuperare per essere valorizzate il più possibile. Alcune più di altre, come il PET che, adeguatamente selezionato e riciclato, torna a essere materia prima con le stesse caratteristiche e funzionalità di quella vergine ma con costi ambientali ridotti (emissioni di CO2 otto volte inferiori e altro ancora). Una risorsa preziosa, dunque, ma scarsa, ancor più da quando la normativa che autorizza l’impiego (fino al 50%!) di PET riciclato nel packaging a diretto contatto con gli alimenti ha aperto nuovi sbocchi.

È da questa considerazione che, due anni fa, un pool di imbottigliatori e riciclatori ha dato vita al consorzio italiano per il recupero di PET. Si chiama Coripet e si propone di alimentare un circolo virtuoso di produzione-utilizzo-recupero di bottiglie PET con i requisiti di purezza richiesti. Una filiera chiusa, dunque, come già ne esistono per altri materiali, che integri il circuito pubblico di raccolta differenziata governato, per la parte packaging, dal sistema Conai. Messi a punto norme tecniche e procedure, struttura e strumenti, il nuovo consorzio ha ormai avviato anche la fase industriale e già vede i primi risultati confermare la correttezza delle valutazioni e delle idee alla base del progetto.

Ma c’era bisogno di un altro consorzio?
I principi e la logica che hanno ispirato la nascita del Coripet ci vengono spiegati dal suo presidente, Giancarlo Longhi: un presidente scelto, non certo a caso, fra i padri fondatori del circuito nazionale di recupero dell’imballaggio, poi impegnato direttamente nella sua gestione, come direttore generale in Conai.
«In Italia il riciclo di PET oscilla ormai da tempo attorno al 40% dell’immesso al consumo - spiega Longhi - mentre in diversi paesi del Centro e Nord Europa varia fra l’80 e il 100%, permettendo di re-inserire sul mercato notevoli quantità di materiale prezioso. Anche l’industria italiana ne ha bisogno ma, per quanto riguarda il confezionamento di acqua, non può attingere al circuito della raccolta tradizionale, per ovvie carenze di tipo quantitativo e qualitativo. Per farsene un’idea basta considerare che nel 2012 in Italia circolavano 453.000 t di imballaggi di PET, di cui soltanto 186.000 sono state riciclate; la differenza di 267.000 tonnellate rappresenta, dunque, la ricchezza che l’attuale sistema di raccolta non riesce a intercettare.
E non si tratta solo di volumi: nelle “campane” per la raccolta differenziata della plastica il consumatore conferisce tutti i tipi di contenitore, anche di prodotti chimici e detergenti, che quindi, per legge, non si possono reimpiegare nella produzione di bottiglie di bevande (Decreto del Ministero della Salute n. 113/ 2010). I requisiti stabiliti dalla normativa, infatti, mirano a garantire la purezza del materiale - è ammessa una quota massima di inquinanti del 5% - e la tracciabilità o, più propriamente, la “catena di custodia” che documenta l’intero percorso, sin dalle origini, della bottiglia da riciclare. Per raggiungere questi obiettivi, l’esperienza insegna, ci vogliono circuiti specializzati, come il nostro».

Attori e obiettivi (premiare la virtù)
Coripet è costituito da tre dei quattro riciclatori italiani dotati del marchio EFSA (European Food Safety Authority), e parliamo di realtà come Aliplast, Dentis e Valplastic, omologati quindi a produrre R-pet idoneo al contatto alimentare. Si sono consorziati con un rilevante gruppo di produttori di acque minerali - marchi come San Pellegrino, Ferrarelle, Lete, Norda, Maniva e altri ancora – che rappresentano un buon 35-40% del mercato nazionale (unico grande assente, San Benedetto che “corre da solo” con un circuito proprio, Ndr).
Alla base del loro sodalizio c’è un progetto che mira a recuperare la maggior quantità possibile di bottiglie di acqua, per metterle a disposizione dei riciclatori e, infine, degli utilizzatori che dispongono così di una fonte ulteriore di materia prima, a “costo remunerato” e documentato. Grazie a un’idea originale, che ha permesso di coinvolgere un terzo grande attore, fino ad oggi piuttosto restio a impegnarsi in prima persona in operazioni di recupero: la GDO.
«Poiché il Contributo Ambientale che finanzia la raccolta differenziata del packaging (CAC) resta appannaggio del Conai - e naturalmente lo pagano anche i nostri consorziati - Coripet ha ideato un sistema che si regge sulle proprie gambe senza imporre oneri aggiuntivi.
Abbiamo quindi identificato i super e gli ipermercati come luoghi ideali per la restituzione delle bottiglie usate, e stabilito un meccanismo di incentivi che incoraggiasse il comportamento virtuoso dei consumatori. Per questo, invece che imporre una cauzione su ogni bottiglia di bibita acquistata, come accade ad esempio in Germania, recuperata all’atto della restituzione, abbiamo preferito un sistema “premiale”: il cittadino che riporta la bottiglia vuota al supermercato convenzionato riceve un buono spesa, un punto fedeltà o quant’altro l’insegna distributiva ha deciso di mettere in campo. Il retail viene a disporre così di un nuovo e inedito strumento di marketing e fidelizzazione che, alla prova dei fatti, ha dato risultati ancora migliori delle aspettative, dimostrando quanto sia potente il mix fra l’incentivo economico dello sconto e la gratificazione che nasce dal contribuire direttamente a risolvere un problema ecologico».

Primi risultati del progetto
Il circuito Coripet si avvale di una strategia semplice e ormai consolidata anche all’estero, Francia in primis. Il punto vendita ospita la macchina per la raccolta delle bottiglie, fornita dal consorzio. La più grande, della dimensione di un’automobile, ha una capacità di 9.000 contenitori al giorno ed è pensata per gli ipermercati; la più piccola, da 1.500 bottiglie, serve le superfici inferiori. Il consumatore vi porta le bottiglie vuote e integre (non schiacciate) in modo che la macchina possa leggere il codice a barre registrando così, in automatico, tutte le informazioni necessarie alla tracciabilità. Le bottiglie vengono compattate e assemblate in balle di piccole dimensioni (30x30) e grande peso specifico (di poco inferiore a quello del vetro), che il camion Coripet passa a ritirare per avviarle poi al riciclo, senza transitare da un centro di selezione, perché la raccolta è già mono materiale.

«In Lombardia, Piemonte e Campania, dove abbiamo avviato la raccolta sperimentale, abbiamo recuperato in pochi mesi circa 2.000 t di bottiglie. Le cifre più importanti si sono registrate in Campania dove la grande disponibilità della popolazione e un partner eccellente come Decò-Multicedi hanno consentito di avviare a riciclo oltre 24 t di PET post consumo, ovvero oltre 2,5 milioni di bottiglie in meno di sei mesi. Oggi, sempre in Campania, sono attive circa 30 delle 60 postazioni installate in fase di start up e, con l’aiuto di nuovi partner e della stessa Multicedi contiamo di potenziare la presenza del consorzio nel resto d’Italia.
Con altre ricadute positive. Le attività di Coripet offrono nuovi stimoli tecnologici all’industria italiana del riciclo e contribuiscono, innegabilmente, ad aumentare la sensibilità dei cittadini alle problematiche ambientali: in concreto  e “sotto casa” dimostrano come i rifiuti possano trasformarsi in risorsa. I Comuni e le Province più sensibili (ma stranamente mancano le Regioni che pure hanno tutto l’interesse ad appoggiare iniziative sperimentali e progetti alternativi di riciclo) apprezzano e iniziano ad accordare il patrocinio a un’iniziativa che dà lustro alla comunità e rafforza li progetto collettivo di raccolta differenziata».                                                   

 

Il nostro network