L’importanza dei materiali
QUADRO NORMATIVO Cosmetico
e alimentare: due settori all’apparenza lontani che, con l’evolversi delle norme che disciplinano l’utilizzo dei materiali per l’imballaggio e la valutazione delle componenti suscettibili di mutare la natura del prodotto, stanno in realtà trovando numerosi punti di contatto. Anche grazie al contributo di Giancarlo Melato di Cosmetica Italia*, un aggiornamento sulle regole di riferimento in ambito europeo che disciplinano prodotti, materiali da imballaggio e macchine. A cura di Riccardo Ceredi
Una premessa, in questo caso, è d’obbligo. Lo scopo ultimo delle normative applicabili all’ambito cosmetico e alimentare è la tutela della salute del consumatore, che dev’essere garantita dal rispetto di alcune norme: dall’osservanza delle restrizioni su taluni ingredienti alla limitazione nell’impiego di coloranti e conservanti, fino alla pubblicazione di informazioni chiare e fruibili sull’etichetta del prodotto.
La legislazione europea
Per quanto riguarda il cosmetico, l’ultima normativa entrata in vigore in ambito comunitario è la 1223 del 2009. Disciplina innumerevoli aspetti, dalla valutazione sulla sicurezza del prodotto alle restrizioni sull’utilizzo di determinati materiali, e introduce alcune novità rispetto al passato, riordinando disposizioni già presenti nella direttiva 76/768.
In ambito alimentare, si fa invece capo alla normativa 1935 del 2004, anch’essa incentrata su fattori quali l’attenzione ai materiali utilizzati. Di primaria importanza, per entrambi i settori, risulta essere la tracciabilità di processi, materiali e macchinari impiegati dai vari fornitori (con l’eccezione dei consumatori finali), secondo la modalità del “one step back-one step forward”: in pratica, ogni attore della filiera dev’essere a conoscenza di ciò che riguarda chi viene prima e chi dopo, facendosi carico della raccolta della documentazione di conformità e, allo stesso tempo, attenendosi alle norme di buona fabbricazione.
Il prodotto e il packaging
Ambito cosmetico. Esistono liste di sostanze che, come disciplinato dall’articolo 14 della normativa CE 1223/2009, non possono essere utilizzate per la preparazione dei prodotti. Allo stesso tempo, esistono elenchi che contengono i coloranti, conservanti e i filtri UV ammessi. Un discorso specifico riguarda le sostanze classificate come CMR (cancerogene mutagene e tossiche per la riproduzione), ai sensi dell’allegato VI, parte 3 del regolamento (CE) n. 1272/2008, il cui utilizzo è vietato.
Tuttavia le suddette sostanze possono essere eccezionalmente impiegate nei prodotti cosmetici se, successivamente alla loro classificazione come sostanze CMR, risultano conformi a quattro condizioni: alle prescrizioni relative alla sicurezza di cui al regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare; se non sono disponibili sostanze alternative adeguate,; se l’applicazione è fatta per un uso particolare della categoria di prodotti con un’esposizione conosciuta e, infine, se sono state valutate sicure da SCCS (Scientific Committee on Consumer Safety). Inoltre, la presenza involontaria di una quantità ridotta di una sostanza vietata, derivante da impurezze degli ingredienti naturali o sintetici, dal procedimento di fabbricazione, dall’immagazzinamento o dalla migrazione dall’imballaggio (tecnicamente inevitabile nonostante l’osservanza di buone pratiche di fabbricazione) è consentita a condizione che sia conforme all’articolo 3, che prevede l’immissione in commercio solo di prodotti cosmetici sicuri. All’atto pratico, questo apre una finestra sulla presenza di sostanze teoricamente vietate, a patto che durante il processo produttivo, siano state rispettate le migliori procedure per assicurarne il contenimento. Per contro, la presenza ridotta di sostanze di questo tipo (per esempio, alcuni metalli pesanti come il nichel), viene sfruttata dalle aziende produttrici come arma di marketing. Allo stesso modo in cui, in ambito alimentare, vengono enfatizzati i prodotti senza conservanti.
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Ambito alimentare. Viene data grande importanza ai materiali, nello specifico a quelli destinati a venire a contatto col prodotto, tra cui plastica, gomma, alluminio e acciaio, il cui utilizzo è disciplinato dal sopra citato regolamento CE n. 1935/2004, che riguarda sia i materiali destinati a entrare direttamente in relazione con il prodotto (per esempio l’imballaggio) sia quelli suscettibili di farlo in maniera indiretta. Quest’ultima specifica risulta molto rilevante e comprende i casi in cui possa avvenire un trasferimento di sostanze da materiali (e oggetti) verso i prodotti alimentari, in condizioni di impiego - recita la legge - “normali o prevedibili”. Questo tanto per i costruttori di macchine quanto per le aziende clienti, il che significa che è necessaria un’attenzione particolare non solo nelle fasi di packaging primario ma anche in quelle secondarie.
Infatti, partendo dal presupposto che la “migrazione 0” (ossia il caso in cui un prodotto non venga minimamente alterato da agenti esterni) è una condizione quasi impossibile da raggiungere, si devono prendere in considerazione non solo i materiali utilizzati direttamente per l’incarto, ma anche agli imballaggi secondari e quelle parti della macchina che, in un modo o nell’altro, possono venire a contatto con l’alimento, trasferendo componenti indesiderate sul prodotto. Si pensi, per esempio, al caso in cui una macchina riempitrice abbia un ugello sporco o, nel caso del packaging secondario, a un cartone “contaminato” a contatto con un prodotto dotato di imballaggio traspirante. Quindi, se in ambito alimentare risulta fondamentale la ricerca sui materiali d’imballaggio e, più in generale, su tutti quelli che possono entrare in relazione (o anche solo trasferire componenti) nel corso del processo industriale, nel cosmetico (altrettanto attento agli aspetti di cui sopra) è necessario considerare un ulteriore elemento: la presenza di componenti potenzialmente dannose nel prodotto contenuto.
Le GMP. Poiché la presenza involontaria di sostanze può influire sulla sicurezza del prodotto, quest’eventualità dev’essere ridotta al minimo, per quanto possibile, secondo le buone pratiche di fabbricazione.
Nel caso del settore cosmetico, l’attenzione è ancora una volta principalmente al prodotto. L’ISO 22716 è la norma che fornisce le linee guida per la produzione, il controllo, l’immagazzinamento e la spedizione dei prodotti cosmetici, ed è stata specificatamente studiata per l’industria cosmetica. Offre consigli organizzativi e pratici per la gestione dei fattori umani, tecnici e amministrativi che influenzano la qualità del prodotto, che andrebbero seguiti da quando una materia prima /contenitore entra in stabilimento a quando il prodotto esce, applicandosi a tutte le attività di produzione, confezionamento, controllo, stoccaggio e spedizione di un cosmetico (con il conseguente coinvolgimento di molti comparti aziendali).
In relazione ai criteri costruttivi delle macchine coinvolte nel processo di confezionamento, è fondamentale che esse possano essere pulite con facilità e, se necessario, igienizzate e mantenute agevolmente. Inoltre, la macchina dev’essere progettata in modo da prevenire la contaminazione ed assemblata in modo che le componenti siano protette dai contaminanti dell’aria (polvere e umidità). Infine, il materiale di costruzione deve essere compatibile con i prodotti e gli agenti di pulizia e igienizzanti. Anche il posizionamento all’interno del contesto produttivo è importante: la macchina dovrebbe infatti essere collocata in modo da far sì che la movimentazione di materiali, attrezzature mobili e personale non presenti rischi per la qualità.
Per quanto riguarda l’alimentare, è il regolamento CE n. 2023/2006 a stabilire le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) per i gruppi di materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti, e si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti, ad esclusione della estrazione e fornitura delle sostanze di partenza. Ciò significa che ogni fase della lavorazione deve essere eseguita in ambito GMP, ad esclusione della produzione delle materie prime. Allo stesso tempo, viene posto l’accento sull’importanza di istituire una filiera tracciabile e controllata. Da qui nascono i concetti di selezione dei materiali e di scelta e qualifica del fornitore, importanti per la gestione del processo produttivo, legati alla preventiva valutazione, anche da parte delle aziende costruttrici di macchine, dei fornitori in grado di soddisfare tali richieste. Le forniture dovrebbero infatti essere dettagliate in appositi accordi contrattuali, dove siano chiaramente definite le responsabilità del fornitore e del converter.
La documentazione: attestati di conformità ed etichette. In ambito alimentare, il regolamento 2023/2006/CE impone l’istituzione di un sistema documentale completo; è infatti obbligatorio predisporre documentazione atta a dimostrare la conformità del sistema GMP dell’operatore del settore alle richieste del Regolamento, attraverso la preparazione di appositi documenti di registrazione e documenti operativi. Tra la documentazione delle GMP rientrano anche le Dichiarazioni di Conformità: i materiali e gli oggetti impiegati devono infatti essere corredati da una dichiarazione scritta che attesti la loro concordanza alle norme vigenti. L’articolo 16 del regolamento 10/2004/CE disciplina nello specifico la dichiarazione di conformità, e stabilisce che essa è sempre obbligatoria e va emessa e rilasciata a favore di tutti i clienti. Stabilisce inoltre che l’utilizzatore (in questo caso l’impresa alimentare) è tenuto a riceverla e conservarla, oltre a dover valutare l’idoneità tecnologica del materiale acquistato. Si tratta di un documento che ha anche implicazioni contrattuali e che deve essere redatto da una o più persone interne all’azienda che abbiano un’ottima conoscenza tanto della legislazione di riferimento, quanto degli aspetti tecnici e produttivi che sovrintendono, nonché delle applicazioni del prodotto finito.
È inoltre fondamentale un know how sulle leggi vigenti nei Paesi esteri di destinazione delle merci: ad esempio la conformità alla legislazione UE per i materiali e oggetti a contatto con gli alimenti è diversa dalla conformità richiesta dalla legislazione degli Stati Uniti d’America, disciplinata dall’FDA (Food and Drug Administration).
Nel cosmetico, fatte salve le dovute procedure di buona fabbricazione, ancora una volta viene posto l’accento sulla sicurezza del prodotto. Il Regolamento cosmetico 1223/2009 prevede che sia raccolta un’adeguata documentazione informativa su ciascun prodotto e che, prima dell’immissione sul mercato, esso sia sottoposto a una specifica valutazione della sicurezza da parte di un esperto qualificato. Questa deve infatti contenere una descrizione del prodotto cosmetico che consenta di risalire in maniera chiara alla relazione sulla sicurezza e alla descrizione del metodo di fabbricazione. Inoltre, l’allegato I del regolamento 1223/2009 riporta gli elementi che devono essere presenti obbligatoriamente nella relazione sulla sicurezza del prodotto cosmetico.
Per aiutare le aziende a realizzare al meglio tale relazione la Commissione, il 25 novembre 2013, ha pubblicato una decisione con le linee guida che descrivono in modo più dettagliato quanto occorre inserire.
In primo luogo, vengono definite le caratteristiche microbiologiche accettabili delle materie prime (sostanze o miscele) e del prodotto finito. Inoltre, vengono considerati i casi relativi alla presenza di sostanze indesiderate nel prodotto, nella fattispecie le “impurezze” (quando la sostanza indesiderata si trovi nelle materie prime) e le “tracce” (laddove essa sia presente nel prodotto finito).
Si prendono in esame anche i materiali per il confezionamento, considerando i casi in cui siano presenti tracce di sostanze vietate. Vengono definite e rilevate le caratteristiche pertinenti del materiale da imballaggio, con particolare riferimento alle loro caratteristiche di purezza e la stabilità.
Tra i vari scopi, vi è anche quello di evitare il potenziale rilascio di sostanze dall’imballaggio, o comunque evitare che queste possano portare a un deterioramento del prodotto successivamente al contatto.
Prodotti cosmetici e alimentari: come vengono definiti per legge Per “prodotto alimentare” si intende qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente l’ingerimento, da parte di esseri umani, comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, tra cui l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Per “prodotto cosmetico” si intende invece qualsiasi sostanza o miscela destinata a essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei. |
* Relatore al seminario tecnico organizzato da Ucima e Istituto Italiano Imballaggio, mercoledì 12 febbraio 2014 a Villa Marchetti (Baggiovara, MO), con l’obiettivo di fornire un quadro normativo aggiornato a livello nazionale, europeo e mondiale in materia di materiali a contatto con alimenti, prodotti farmaceutici, cosmetici, ecc.