Mercati da esplorare: Libia

www.ice.gov.it L’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (in gestione transitoria) - ha avviato un rapporto di collaborazione con la rivista ItaliaImballaggio.

La rete di uffici all’estero dell’ICE fornirà un aggiornamento periodico sullo sviluppo del packaging nel breve/medio periodo in alcuni Paesi. Sotto osservazione, in via prioritaria, l’area del bacino del Mediterraneo, il Medio-Oriente e l’India: un focus che intende offrire spunti d’interesse alle imprese italiane, per sviluppare opportunità d’affari.
Per ulteriori informazioni sul settore contattare [email protected].

Libia
In Libia le macchine per confezionamento e imballaggio hanno un futuro, ma… non ancora un presente!  In questo momento, infatti, il Paese sta vivendo un periodo di ristagno economico, con infrastrutture a lungo trascurate, danneggiate ulteriormente dalla feroce guerra civile. La contingenza economica e politica vissuta dal Paese impone alle autorità libiche di concentrarsi, al momento, su interventi limitati, di natura emergenziale, volti al ripristino dei servizi di prima necessità. Nel settore pubblico l’interesse a fare qualcosa di nuovo resta forte, ma tale interesse si scontra, ad oggi, con le difficoltà che derivano dalla ristrettezza del bilancio dello Stato.
Da qui nasce un “effetto domino” su tutto il settore “privato”, che solo da poco si sta organizzando, e teme i problemi derivanti dalla “stagnazione” che il Paese sta vivendo. Praticamente, tutto è fermo.
Lo scenario futuro è ancora un’incognita, sia per quanto detto prima sia, soprattutto, perché potrebbe variare a seconda delle “inclinazioni” di coloro che vinceranno le elezioni. Purtroppo Gheddafi ha lasciato un'eredità devastante e il post-rivoluzione sta mostrando una nazione martoriata e divisa ma, comunque, matura per la ricostruzione. Bisognerà comunque attendere che il periodo di transizione passi.

Il settore privato si sta lentamente organizzando ma è ancora piccolo, svogliato e reticente, mentre il settore pubblico è gonfio e inefficiente ed è deformato da un sistema che premia le realazioni personali, piuttosto che le prestazioni. Il ristagno economico è frutto di questa situazione, ma il futuro, se affrontato con serietà, senza fretta e con programmi a medio/lungo periodo, sarà sicuramente colmo di soddisfazioni.

Dopo le elezioni (se confermate si effettueranno a giugno), i primi due/tre mesi saranno necessari a regolare il sistema politico, economico e legislativo del paese e, nel contempo, si metteranno le basi per fare ripartire l’economia. Uno dei settori sui quali si punterà sarà l’industria leggera, fortemente penalizzata dal regime gheddafiano.
Gheddafi, oltre all’Oil&Gas aveva puntato solo sull’industria pesante (acciaio, cemento) e aveva ostacolato lo sviluppo dell’industria leggera anche perché la considerava eredità degli italiani.
Prima dell’avvento di Gheddafi, infatti, la Libia, attraverso la comunità italiana, produceva ed esportava prodotti alimentari (succhi di frutta e acque minerali, latte, formaggi freschi, tonno, frutta e verdura, olio di oliva, datteri, arachidi, farine, etc.), nonché mobili, pelletteria, calzature, etc. Dopo la cacciata degli italiani, Gheddafi aveva “donato” alle maestranze le fabbriche che, nel corso degli anni, sono in pratica “evaporate”. Pochissime quelle che sopravvivono e, fra l’altro, sono ancora dotate di macchinari che risalgono agli anni ’70 (a esclusione del settore agro-alimentare). La maggiore parte delle suddette produzioni era nelle mani di società statali e il “prodotto” finale era per lo più destinato al mercato interno, non attento agli “standard” di controllo, qualità e sicurezza richiesti dai mercati internazionali, tant’è che i sistemi di confezionamento e imballaggio utilizzati risultavano obsoleti, lenti e privi di standard di sicurezza.

Il futuro dell’industria leggera libica sarà dunque nelle mani del “privato”. Alla citata produzione tradizionale, che il governo ha già annunciato di voler interamente privatizzare, se ne aggiungeranno altre: pelletteria, tessile, vetro, legno, etc… ovvero le industrie che negli anni Sessanta davano lustro alla Libia.

La “caccia” è già iniziata. L’attuale governo di transizione sta facendo pressione sull’Associazione degli Uomini d’Affari Libica (una sorta di Confindustria), affinché si prenda carico delle industrie leggere esistenti e rimetta in moto quelle ferme da anni. È ovvio che le più facili da “piazzare” sono le industrie esistenti che, secondo coloro che hanno intenzione di rilevarle, non dovranno produrre solo per il mercato interno, ma dovranno espandersi anche sui mercati esteri e, ovviamente, sarà necessario rinnovare e/o aggiornare il parco macchine esistente, ma nuove industrie sicuramente nasceranno.
Oggi esistono pochi, ma validi, imprenditori privati interessati a ricostruire  l’industria leggera libica, in particolare l’industria del legno e quella calzaturiera, la produzione di colori e vernici, di profilati di alluminio, etc. L’interesse espresso da questi imprenditori è rivolto ai “fratelli italiani”, che intendono partecipare al 50% dell’investimento.
Per quanto riguarda le macchine per confezionamento e imballaggio, si avrà a breve una crescita nella domanda di tutti i tipi di macchine necessarie nella filiera agro-alimentare (inclusa l’industria della pesca), mentre a medio/lungo periodo si avrà una richiesta per confezionare e imballare calzature, piatti, bicchieri, tessili, etc. Domande e richieste alle quali, si spera, l’industria italiana vorrà rispondere in modo adeguato.

Tenuto conto che per vendere macchinari in Libia è necessario avere un “Trade Agent” (il cui contratto è regolato dalla Legge n. 6 del 2004 che dichiara «…possono svolgere la funzione di trade agent esclusivamente persone fisiche di nazionalità libica ovvero persone giuridiche con sede legale nella Libia, interamente controllate da soci libici») sarebbe opportuno che i produttori italiani interessati alla Libia svolgessero azioni di scouting e/o missioni di presentazione, al fine di sondare le opportunità create dalle esigenze della ricostruzione post-bellica, tenendo ben presente quanto detto in questo articolo, in particolare circa gli obiettivi realizzabili a medio/lungo termine. Le aziende potrebbero sviluppare le loro strategie di marketing, toccando le principali città (Tripoli e Bengasi) per incontrare non solo le imprese locali già “competenti” in materia, ma anche la nuova classe di imprenditori privati che si sta formando, con l’obiettivo di “prepararsi” alla ripresa.

L’Ufficio ICE di Tripoli è a disposizione per affiancare e assistere le aziende nelle loro azioni
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