Quando il farmaceutico va verso il green

Il Gruppo Chiesi, azienda farmaceutica e Società Benefit, con oltre 6000 dipendenti e 2,4 miliardi di euro di ricavi, ha intrapreso da anni un percorso che unisce sostenibilità e innovazione sociale per guidare il cambiamento in un settore dove l’attenzione alle tematiche green deve coniugarsi con normative stringenti, improntate alla sicurezza dei consumatori/pazienti..

M. Costanza Candi

Gli SDG’s a guidare il codice di interdipendenza, che regola i rapporti con i fornitori; l’adesione all’universo B Corp, che unisce sostenibilità ambientale a innovazione sociale; contest per i fornitori, e una cultura etica che spinge l’azienda ad anticipare quanto il regolatore ancora non prevede.

Ecco alcune delle iniziative spontanee che il Gruppo Chiesi porta avanti ormai da anni, con un impegno che punta a obiettivi concreti in particolare sul fronte della riduzione delle emissioni, e con dati di grande impatto, se si pensa all’investimento da 350 milioni di euro per lo sviluppo di una nuova formulazione per inalatori spray (pMDI) che ne ridurrà del 90% la carbon footprint.

I dati vengono resi disponibili in assoluta trasparenza, rendendo pubblica l’impronta carbonica con il Carbon Disclosure Project, che include emissioni dirette e indirette. Inoltre, in attesa di raggiungere il saldo zero di emissioni di anidride carbonica, net zero, entro il 2035 e a rafforzamento delle azioni in corso, nel marzo 2021 Chiesi ha aderito a B Corp Climate Collective (BCCC) sottoscrivendo il “Race to Zero”, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Ne parlano a ItaliaImballaggio due figure chiave nel processo di adeguamento agli standard di sostenibilità che il Gruppo Chiesi si è dato; si tratta di Anna Maria Cantarelli, head of corporate product industrialization e Guido D’Agostino, head of global procurement, responsabili di fasi produttive e organizzative dove la scelta dei fornitori è dirimente per accelerare il percorso intrapreso dall’azienda, lavorando sia sul prodotto finale sia sul processo di industrializzazione.

Grazie alle policy di selezione aziendale, infatti, i partner di Chiesi vengono spinti a compiere scelte sostenibili con politiche di supplier engagement che producono effetti anche sul modello di business di chi si avvicina all’impianto etico del colosso parmense, rimanendone contagiato.

Va sottolineato che sono l’adesione al movimento B Corp e la convinzione che la sostenibilità sia imprescindibile, a guidare le scelte del Gruppo, laddove il regolatore e tutti gli enti preposti come EMA e AIFA, non hanno ad oggi fornito indicazioni su un tema che viene ancora ritenuto di secondo piano rispetto alla sicurezza di farmaci e pazienti. La scelta di Chiesi anticipa quindi quello che, auspicabilmente, sarà il mondo pharma in futuro, attento all’ambiente come parte integrante del concetto di salute.

Il cambiamento parte dall’interno

Guido D'Agostino

«Ritengo che Chiesi sia driver di innovazione» esordisce Guido D’Agostino, responsabile globale del procurement. «È dal 2018 infatti che tutte le funzioni del Gruppo Chiesi sono state oggetto di veri e propri stravolgimenti organizzativi orientati alla sostenibilità. Abbiamo costituito un dipartimento di sustainable procurement, che si occupa dell’ingaggio dei fornitori: qualifica spinta e selezione, guardando al materiale come leva di reclutamento, presente e futura. Organizziamo workshop, richieste e proposte che valutiamo poi con i responsabili dello sviluppo prodotto per l’applicazione sul campo. A cavallo della certificazione B Corp, ci siamo infatti dotati di un codice di condotta - il Codice di interdipendenza - che è oggi la base dei nostri rapporti con i fornitori.

Nel documento partiamo dagli SDGs (Sustainable Development Goals) per definire il concetto di catena del valore sostenibile e guardiamo in particolare al controllo delle emissioni con obiettivo di NetZero impact entro il 2035. Prodotto e packaging svolgono un ruolo essenziale nella gestione di tali obiettivi e il codice è la soglia di ingresso nel mondo Chiesi. I nostri partner devono infatti avere raggiunto un determinato rating di sostenibilità (ESG) e noi non lavoriamo sotto a un certo livello, se non intravediamo la possibilità di miglioramento del fornitore entro 12 mesi. Dal 2019, con i Vendor Day e i Supplier Award, inoltre, premiamo i fornitori che hanno proposte più sostenibili, coinvolgendoli in global challenge che vedono filoni progettuali con durate fino a 5-7 anni».

Un tool per valutare l’impatto ambientale

A tale scopo, Chiesi ha lanciato un’iniziativa per la valutazione di sostenibilità di processi interni e prodotti, avvalendosi di un tool per la misurazione della life cycle perspective, che considera vari indicatori oggettivi e misurabili di processo e prodotto - come la sintesi chimica, la produzione dei materiali, l’energia utilizzata… - per creare una matrice quali-quantitativa, che consente di identificare le aree di intervento strategiche per ridurre l’impatto complessivo.

Packaging farmaceutico, protagonista di una transizione

Anna Maria Cantarelli

Interviene al proposito Anna Maria Cantarelli, head of corporate product industrialization.

«Se nel processo di confezionamento sono impiegati materiali ad alto impatto, poco riciclabili, molto costosi o privi di alternative green, vengono identificate delle aree di miglioramento su tutta la filiera, in modo da intraprendere azioni puntuali e, in un certo senso, compensatrici. Abbiamo quindi identificato ogni singolo componente del packaging, per valutare l’impiego di materiali riciclati o green, senza dimenticare le fasi del processo da cui derivano.

Ad esempio, un device per inalatori che riceviamo su vassoi di PET, può ridurre il suo impatto complessivo applicando la logica di riuso da parte del fornitore. Abbiamo anche valutato di sostituire i cassettini in materiale plastico o polistirolo interno agli astucci con carta e cartone».

Carta vergine e plastica? Insostituibili, ma da governare.

«Guardando in particolare agli astucci - prosegue Cantarelli - abbiamo lavorato a lungo per capire se potessero avere una percentuale di carta riciclata, ma non abbiamo ancora trovato una soluzione a causa di problemi di macchinabilità e di corrispondenza ai requisiti qualitativi del packaging ottenuto. I requisiti di leggibilità dei dati variabili e delle informazioni concordate con le autorità regolatorie, infatti, sono molto severi: per ora non c’è alternativa alla stampa su cartoncino bianco».

«È importantissimo dire - sottolinea D’Agostino - che serve sempre la misurazione di impatto per valutare la sostenibilità complessiva di un prodotto. Il riciclato, ad esempio, contribuisce maggiormente alle emissioni della cellulosa vergine. Pertanto chiediamo ai nostri fornitori di utilizzare carta certificata FSC legata a processi di replanting, sia che si tratti di carta per fotocopie o del packaging (astuccio, etichetta, foglio illustrativo)».

La stessa logica di valutazione dell’impronta carbonica viene applicata ovviamente anche alla plastica, che per il mercato farmaceutico è insostituibile.

«Stiamo quindi agendo anche in sede EFPIA (European Federation of pharmaceutical industries and associations, Ndr.) per promuovere un coordinamento europeo di imprese, che identifichi un processo condiviso di smaltimento o riciclo di materiale farmaceutico, soprattutto in plastica. Pensiamo ai blister, agli spray, che coniugano plastica e alluminio, oppure alle polveri inalatorie, erogate con un device multi-materiale. L’obiettivo è mettere in campo dei programmi di take back e corretto disposal (riciclo e smaltimento) di questi materiali, valutando anche, dove possibile, la sostituzione del materiale plastico più in uso con un prodotto più sostenibile, perché riciclato o derivante da processi sostenibili».

Va infatti ricordato che, contrariamente ad altri mercati, qualunque intervento su un prodotto farmaceutico impone una serie di complessi passaggi che comportano anche lunghi test sul prodotto, seguiti da variazioni regolatorie che devono essere approvate: non si tratta quindi di un’azione immediata.

«Tra le varie azioni stiamo anche valutando l’utilizzabilità di materiali bio-based o riciclati» prosegue Cantarelli.

Dematerializzare in ottica green, facendo sistema

Un esempio portato come emblematico è l’introduzione del codice QR al posto del foglietto illustrativo, che comporterebbe un significativo risparmio di carta, dematerializzando una quota del packaging.

«Un gruppo EFPIA sta lavorando proprio su questa tematica - racconta Cantarelli - per influenzare le autorità regolatorie a intraprendere dove possibile, il percorso di valutazione della transizione, tenendo conto della safety e pensando alla popolazione anziana che non sa usare uno smartphone».

Prima l’etica, poi il business

A spingere Chiesi lungo lo sviluppo virtuoso appena descritto non c’è il marketing, ma la volontà di proseguire in un percorso coerente con l’essere B Corp e la consapevolezza che il paziente può identificarsi in quei valori, sia oggi che in futuro.

Una dinamica positiva che vede il paziente co-protagonista, spingendo il settore a scelte sempre più orientate in questa direzione.

«Il mercato farmaceutico è molto particolare» interviene ancora Cantarelli. «I farmaci con prescrizione non possono infatti essere oggetto di marketing, quindi le vie di promozione sono diverse, ma anche un paziente asmatico può preferire un inalatore realizzato con plastica riciclata, oppure un packaging dal peso contenuto, ottimizzato per ridurre le emissioni. Oggi Chiesi non guarda al guadagno immediato, ma a rispondere al proprio codice etico in qualità di B Corp e facciamo tutto per spingere un movimento d’opinione in tal senso, pensando che, in futuro, questo possa comportare anche un vantaggio competitivo».

In questo percorso, anche i fornitori giocano un ruolo da co-protagonisti, aderendo a un modello e supportando l’azione aziendale di Chiesi.

«Le nostre Product Challenge sono basate sul calcolo dell’impatto dei prodotti per migliorarne la sostenibilità già in fase di progettazione» prosegue Cantarelli. «Ma la sostenibilità ha un prezzo, restringe il numero di fornitori e dei materiali, impone costi per ogni cambiamento; tutti aspetti che vengono affrontati perché l’azienda ci crede senza riscontro economico immediato, che in questa fase è secondario. È lo statuto dell’azienda a guidarci nella direzione imposta dal concetto di B Corp, un insieme di società che credono nella sostenibilità come proprio valore fondante. Siamo convinti che in futuro, essa possa diventare una delle leve su cui scegliere un’azienda farmaceutica in gare d’appalto e forniture. Ogni farmaco viene infatti registrato e sottoposto a una negoziazione di prezzo e rimborso, dove la sostenibilità potrebbe fare la differenza nella scelta finale».

Se il green apre nuove prospettive di mercato

Sullo stesso tema fa eco D’Agostino: «Nelle gare per approvvigionare alcune tipologie di prodotti ospedalieri, la sostenibilità potrebbe essere addirittura dirimente. Inutile dire che è il regolatore a dover fissare i termini di questo nuovo importante requisito, che noi abbiamo già definito per selezionare i nostri fornitori. Nei paesi nordici avviene già: la certificazione B Corp e le azioni di ingaggio in sostenibilità ci permettono infatti di essere preferred supplier per molti acquirenti. I canali per incrementare le quote di mercato non sono quindi legati al marketing tradizionale, ma assumono un tratto più qualitativo. Nel tempo, comunque, riteniamo che possano rimanere competitive solo le aziende con parametri green integrati nei processi aziendali».

E a conclusione di tutto, Cantarelli fa un appunto sul green washing e sulla filosofia aziendale improntata al concetto di “actions over words”, che è anche il claim del percorso di sostenibilità sintetizzato nel sito web dedicato alle azioni di Chiesi.

«Siamo molto attenti a quello che diciamo sulla sostenibilità, evitando il green washing. Actions over words, per noi significa “fare prima di dire”, che è il nostro stile e il valore aggiunto delle iniziative che portiamo avanti. Come ovvio, Chiesi è un’azienda che deve fare profitti, quindi è naturale pensare a un ritorno economico per gli sforzi messi in campo in questi anni ma, al momento, non è certo la leva principale del nostro agire quotidiano».

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