Testa o croce
... Ovvero, del mutevole mondo dell’imballaggio. di Stefano Lavorini
«Ma chi sei? Sei mia madre, la sorella, la terra, la luna? Chi sei?» dice Marcello Mastroianni ad Anita Ekberg nel film La dolce vita di Fellini... in un certo senso mi faccio la medesima domanda mentre penso a due eventi che, come in un bizzarro caleidoscopio, ho vissuto nell’arco di pochi giorni: il convegno Comieco al Refettorio della Caritas Ambrosiana di Milano, in cui si è parlato con puntualità di packaging e di lotta allo spreco alimentare domestico, e Luxe Pack, la fiera “glamour” per eccellenza, dove ho visto lo stesso essenziale mezzo di protezione vestirsi di lusso, nobilitato con colori e finiture sempre più incredibili e complesse, sovraccaricato di funzioni seduttive e di servizio, fino a diventare quasi un’icona del superfluo.
«Packaging cosa sei? Quante facce hai?». “Sei” Pietro Attoma, vicepresidente Comieco, di blu d’ordinanza vestito, che parla in modo compassato del ruolo dell’imballaggio in termini di protezione dei prodotti e informazione per minimizzare la quantità di cibo che, in modo sistematico, viene buttata in pattumiera? Oppure, “sei” Nathalie Grosdidier, direttrice di Luxe Pack Monaco, che, nel suo bel vestito bianco a pois neri, passeggiando tra gli stand comprensibilmente soddisfatta dell’andamento dell’edizione 2015, faceva da specchio alle sofisticate forme dei nuovi flaconi per la profumeria selettiva, alle mille finiture a sbalzo e in rilievo di astucci e scatole per cosmetici, alle sleeve materiche per bottiglie di spumanti e liquori, di derivazione modaiola?
Evidentemente, sempre di imballaggio si tratta e, al di là delle manifeste differenze a cui si riferiscono gli esempi, non mancano i punti di contatto.
A Milano, Luciano Gualzetti della Caritas Ambrosiana, ha raccontato che il Refettorio, ricavato dall’ex teatro della parrocchia San Martino, nasce da una collaborazione con Massimo Bottura, chef pluristellato, e dalle donazioni di aziende e artisti, con l’obiettivo di trasformare le eccedenze alimentari di Expo (a ottobre 15 tonnellate di cibo) in eccellenze per gli ospiti - «persone che dal nostro sistema economico sono considerate scarti» - che Caritas intende accompagnare in un percorso verso l’autonomia. Un progetto, quindi, “per il recupero del cibo, ma anche per nutrire l’anima, per generare energie per la vita”.
A Monaco, accanto alle frivolezze del regno dell’apparenza, delle illusioni del “vorrei ma non posso” che titillano i sogni e non conoscono crisi, anche tanta attenzione alla sostenibilità di imprese e prodotti che, lentamente, al di là delle chiacchiere, si sta facendo sempre più reale e concreta.
Esempi ancora di nicchia ma non privi di valore, non solo simbolico: dalle carte speciali in cui trovano riutilizzo sfridi di lavorazione di altri processi - dalle bucce del vino ai ritagli di pellame - alle confezioni multidose in materiale flessibile con chiusura richiudibile anche per prodotti di bellezza, e ancora ai refill per creme che sembrano contraddire le attesa di esclusività promesse dal contenuto.
Ma la materia, il packaging, non ammette semplificazioni, e questo su entrambi i fronti.
Sono da segnalare infatti, da una parte l’accordo siglato da IMA con la FAO, che prevede un investimento di 450mila euro in tre anni per lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione e il confezionamento di prodotti alimentari nei paesi subsahariani; dall’altra, la lotta alla contraffazione dei prodotti (falsi beni di lusso, ma anche medicinali, che danneggiano in primis i consumatori) con soluzioni innovative, come quella di Arjo Wiggins Security adottata da Cosmografica Albertini, in grado di leggere la fibra del cartoncino di un astuccio, in un punto a scelta, e di abbinare il dato al relativo numero di lotto.
Insomma, sembra proprio vero quello che dice un proverbio cinese: “Quando si hanno solo due centesimi, acquista una pagnotta di pane con uno, e un giglio con l’altro”.
E io aggiungerei, non buttare il pane e non lasciar appassire inutilmente il giglio.
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