ISO/TC 313 Packaging machinery: lavori in corso

Superare i conflitti settoriali tra norme europee e norme americane o di altri Paesi in materia di standardizzazione delle macchine e degli impianti per il packaging: questo il compito affidato al gruppo di lavoro internazionale a presidenza italiana, incaricato di mettere a punto norme uniche in materia, valide a livello mondiale. Impressioni dalla prima riunione plenaria, che si è svolta a Milano il 10 ottobre. L.G.

Prima di entrare nel merito dei contenuti emersi dall’incontro, è necessaria una premessa.

Lo scorso aprile, l’ISO - Organizzazione internazionale per la standardizzazione, ha infatti dato vita all’ISO/TC 313 Packaging Machinery Group, approvando una richiesta presentata dall’Italia (voluta e proposta da UCIMA, Ndr.)  in merito alla creazione di un nuovo gruppo di lavoro a valenza internazionale, cui affidare il compito di elaborare norme in materia di standardizzazione delle macchine e degli impianti per il packaging, con particolare riferimento agli aspetti di sicurezza, terminologia, classificazione, design, efficienza, disponibilità.

Sotteso al compito “operativo”, l’intento è di “trovare un linguaggio comune” per ridurre le potenziali controversie, migliorando la trasparenza delle negoziazioni e, in ultima analisi, condividere benefici di ordine economico grazie alla rimozione degli ostacoli.  

Ma quali sono le criticità maggiori per le aziende produttrici di tecnologie per il packaging che esportano sui mercati esteri?
Di fatto, gli ostacoli più difficili da superare sono proprio legati alla quantità di regole tecniche disuniformi, alla presenza di molte certificazioni nazionali e, non ultimo, agli standard aziendali della clientela, spesso differenti gli uni dagli altri.

Questo non consente di progettare in modo omogeneo e comporta una forte penalizzazione per alcuni costruttori di macchine, costretti a uno sforzo eccessivo  per adeguarsi alla molteplicità di norme tecniche.

A tutte queste problematiche il gruppo di lavoro cercherà di dare una soluzione con norme internazionali univoche, il che consentirà non solo di elevare gli standard qualitativi ma favorirà sia le aziende clienti sia i costruttori di macchine per il packaging.

MALAGOLI.pngIMPRESSIONI DI OTTOBRE
Per avviare l’iter di studio su questi delicati argomenti, il gruppo si è dunque dato appuntamento a Milano (presso la sede dell’Ente nazionale italiano di unificazione - UNI).
A fare gli onori di casa è stato il presidente eletto, Andrea Malagoli (nella foto, membro della famiglia azionista di riferimento del Gruppo IMA, di cui è Consigliere Delegato, nonché Vice Presidente Ucima), al quale abbiamo chiesto una valutazione sulla tempèrie del kick off meeting.  

«Anzitutto dobbiamo registrare il vivo interesse per questa iniziativa: lo dimostra - precisa Malagoli - il numero dei partecipanti alla riunione, a partire dall’importante presenza degli USA, mercato fondamentale per il nostro settore e che, dal punto di vista tecnico, ha regole molto diverse da quelle europee.

Ma oltre ai 15 membri effettivi in rappresentanza degli organismi di normazione dei singoli Stati che hanno formalmente aderito ai lavori dell’ISO/TC 313 Packaging Machinery Group, abbiamo accolto una delegazione di osservatori dal Giappone e dalla Francia: segno, questo, di una necessità avvertita a tutti i livelli».

Primo step: sicurezza   
Stabilire e condividere strategie future, individuare le tematiche a cui assegnare priorità all’interno dei lavori normativi, creando poi working-group mirati: questa l’agenda del primo incontro che «grazie al clima positivo, è stata pienamente rispettata» osserva il presidente, che precisa:
«Oggi abbiamo preso decisioni operative per il prossimo anno: abbiamo infatti definito la creazione di un gruppo di lavoro che svilupperà una norma generale relativa alla sicurezza delle macchine per imballaggio; sarà una norma ISO ma dovrà essere armonizzabile con la Direttiva macchine (quindi non solo ISO, ma anche EN).

E sebbene il mondo della normazione e degli standard tecnici sia per sua stessa natura “non vincolante”, resta il fatto che i contenuti tecnici approvati diventeranno inevitabilmente lo stato dell’arte del settore, quindi un punto di riferimento fondamentale per definire le caratteristiche tecniche delle forniture in materia di macchine per il packaging. Se poi pensiamo che molte aziende utilizzatrici sono multinazionali che applicano integralmente gli standard internazionali di settore, ben si comprende il livello di interesse per la nuova normativa».

A latere dell’incontro, Andrea Malagoli ha infine espresso piena fiducia nella capacità di risolvere i problemi che potrebbero insorgere durante il percorso.

«Penso che non dovremo affrontare problemi tecnici, ma di impostazione e visione generale dell’approccio normativo. In effetti tra americani ed europei c’è una certa differenza, dato che veniamo da scuole di pensiero che hanno viaggiato fino ad ora separate.
Il modo di presentare i dati non è ancora omogeneo e questo potrebbe creare qualche difficoltà nella messa a punto della norma; ma grazie alla definizione di un linguaggio comune, condiviso e comprensibile a livello globale, tutti potranno leggere i dati allo stesso modo, così da agevolare gli scambi e incrementare le possibilità di interazione.
Lo scopo è di trovare dunque dei punti di incontro su questo terreno.
D’altronde, tutti condividiamo gli stessi obiettivi, cioè rendere le macchine più sicure per gli utilizzatori ed evitare contenziosi legali, che molto possono incidere sulla competitività dei costruttori, anche in fase esportativa».
 

VOCI DI GRUPPO
Europei da un lato, americani dall’altro hanno comunque di fronte a sé un lavoro lungo, da portare avanti con determinazione e con savoir-faire politico per smussare le differerenze esistenti e trovare motivi di assonanza nel nome della sicurezza.

«In effetti - afferma Fred Hayes, americano, Direttore Tecnico PMMI - la prima domanda che dobbiamo porci è come sia possibile far coesistere le regolamentazioni europee e americane, a beneficio delle aziende che comprano e usano i macchinari, affinché i loro lavoratori siano più sicuri. L’obiettivo, quindi, non è tanto quello di soddisfare i requisiti di legge, ma di costruire macchine sicure per le persone che le devono utilizzare».

Di concerto con il presidente, alcuni delegati interpellati hanno espresso un giudizio decisamente positivo sulla possibilità di elevare gli standard europei a livello ISO.

«Sebbene le norme EU, ad esempio in fatto di sicurezza, igiene e consumi energetici, siano una realtà ormai consolidata - afferma Robert Höge (Bereichleiter, Corporate Quality Manager Multivac e capo della delegazione tedesca) - i costruttori avranno l’opportunità di presentare macchine progettate secondo inappellabili standard internazionali, con indubbi vantaggi per gli utilizzatori stessi».

Lo svizzero Gianni Cordasco (Head of Tools/Seals e Product Manager Signode) avverte che ormai «i tempi sono maturi per portare le norme a un livello superiore, perché il mercato globale lo richiede. E l’Europa, in questo senso, ha molto da dire».


 
 

 

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