Il Piano Transizione 5.0 per l’industria del packaging
Questa misura non rappresenta solo un’occasione per ridurre consumi ed emissioni, ma un movimento strategico per valorizzare le eccellenze italiane in chiave innovativa e sostenibile
Stefano Lugli e Priscilla Russo

Il settore delle tecnologie per il packaging ha sempre posto grande attenzione al tema dell’efficientamento energetico e, più in generale, alla sostenibilità ambientale, guardando con favore a tutti i provvedimenti agevolativi europei e nazionali a supporto. Tali provvedimenti sono sfociati nel nuovo Piano di Transizione 5.0 che, per quanto riguarda l’Italia, prevede un importo di 6,3 miliardi di euro, devoluto dalla UE, da destinare esclusivamente all’efficientamento energetico dell’industria italiana. Questa misura ambiziosa coniuga le sfide della sostenibilità energetica con le opportunità offerte dalla digitalizzazione avanzata. La Transizione 5.0, infatti, non rappresenta solo un’occasione per ridurre consumi ed emissioni, ma un movimento strategico per valorizzare le eccellenze italiane in chiave innovativa e sostenibile. Il piano risponde alla necessità europea di una maggiore indipendenza energetica dalle forniture di gas russo, ponendo le basi per una trasformazione produttiva all’avanguardia che promuova la circolarità. La dotazione finanziaria prevista per il l’Italia trova infatti il suo presupposto nel Piano Europeo REPowerEU.
Il Piano italiano nello specifico
La nuova misura, introdotta nel PNRR dopo la decisione di esecuzione del Consiglio dell’UE 2023/16051 dell’8 dicembre 2023, mira a favorire la transizione digitale ed energetica delle imprese tramite la concessione di crediti d’imposta e dovrebbe determinare per l’Italia (cifra concordata con l’UE) un risparmio di 0,4 Mtep nel consumo di energia finale relativo al periodo 2024-2026. Da allora si sono succeduti una serie di provvedimenti nazionali per dare attuazione al piano, l’ultimo, che ha determinato l’apertura della piattaforma digitale sulla quale presentare i progetti, è del 6 agosto scorso. In seguito, sono state emanate diverse circolari applicative e FAQ per risolvere i principali dubbi che il nuovo strumento aveva suscitato tra gli esperti.
Per una serie di motivazioni legate in primis alla complessità della procedura, ma anche agli obblighi di monitoraggio quinquennali post investimento e ai costi non indifferenti della pratica, in questo primo trimestre di applicazione il Piano Transizione 5.0 sta facendo fatica a decollare, tanto è vero che il Governo ha provato a correre ai ripari introducendo in sede di Legge di Bilancio 2025 alcuni correttivi e semplificazioni, in primis l’automaticità della procedura nel caso di sostituzione di macchinari vetusti, che dovrebbero consentire un rilancio della misura agevolativa.
A maggior ragione, quindi, si tratta di uno strumento agevolativo che tutte le aziende del settore stanno attentamente valutando. Infatti, a titolo di esempio un investimento di 2,5 milioni di euro, a seconda della soglia di risparmio raggiunta, può usufruire di un credito d’imposta pari a 875.000 euro se la soglia di risparmio energetico raggiunta è compresa tra 5 e 10%, di un milione di euro se la soglia di risparmio energetico raggiunta è compresa tra 10 e 15%, di 1.125.000 euro se la soglia di risparmio energetico raggiunta è superiore al 15%.
L’applicazione del Piano nelle aziende
L’Industria 4.0 aveva già rivoluzionato il comparto introducendo automazione avanzata, robotica e gestione dei dati in real-time. La Transizione 5.0 spinge ancora più in là questi concetti, non limitandosi a migliorare i processi ma promuovendo una produzione interconnessa e sostenibile. L’integrazione di strumenti di analisi predittiva, intelligenza artificiale e Internet of Things (IoT) con sistemi di gestione dell’energia verde consente di ottenere un’efficienza ottimale senza compromettere l’ambiente.
Punto di partenza fondamentale per valutare il progetto 5.0 è il suo corretto inquadramento all’interno della definizione di processo produttivo interessato all’investimento e alla sua classificazione/suddivisione, tenendo in considerazione che gli interventi devono riguardare un solo processo produttivo per volta.
Il settore del packaging all’inizio sembrava penalizzato da tale indicazione, in quanto c’era chi sosteneva che tutto il processo di confezionamento, composto normalmente da una pluralità di linee, dovesse essere inteso in modo unitario.
Fortunatamente le circolari interpretative e le FAQ diffuse hanno introdotto il concetto di sottoprocesso e aperto a valutazioni di valori medi dei consumi facendo sì che il settore potesse usufruire a pieno titolo dei benefici del Piano. Via libera, dunque, alla sostituzione della singola linea di confezionamento, all’incremento produttivo con l’inserimento di nuovi macchinari, ma anche a integrazioni o sostituzioni di singole macchine laddove il raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico sia comunque raggiunto a livello di sottoprocesso.
Vi sono poi alcune tecnologie che, secondo l’Associazione di riferimento Ucima, configurano un processo a sé stante, ovvero la pallettizzazione e il fine linea, ma anche i sistemi di trasporto integrati che collegano le varie macchine, oltre alle soluzioni per la sterilizzazione e il lavaggio.
L’accesso agli incentivi
Gli interventi devono riguardare un singolo processo produttivo per progetto.
La valutazione va sempre fatta caso per caso e non è escluso che si possano presentare anche progetti relativi a due o più processi di cui sopra in continuità tra loro, oppure progetti con processi ulteriormente segmentati rispetto alla soluzione prospettata.
Infatti, come per la precedente 4.0 (tuttora applicabile, ma alternativa e non cumulabile con la 5.0) il perimetro dei beni agevolabili su cui si fonda la misura sono i beni strumentali, accompagnati dai software per il monitoraggio e il miglioramento energetico nonché dai sistemi per il controllo qualità e dell’ambiente.
Da tenere ben presente che il risparmio energetico da ottenersi non è in valore assoluto (minimo di x kwh risparmiati), ma sempre relativo a una percentuale di incremento (minimo del 5% nel caso di interventi sul singolo processo produttivo) rispetto alla situazione esistente in azienda prima dell’intervento. Appare quindi evidente che più si interviene su processi obsoleti e non più tecnologicamente all’avanguardia, più è facile centrare gli obiettivi previsti per il raggiungimento dei valori di risparmio che consentono l’ottenimento del beneficio fiscale.
Non solo. Un fondamentale aspetto da considerare (che UCIMA ha fin dall’inizio fortemente rimarcato con il Ministero competente) è quello della normalizzazione del dato di consumo energetico: il risparmio va sempre correlato al dato di produzione ottenuto sia prima dell’intervento che successivamente; in altre parole anche a parità di consumo energetico un progetto può centrare l’obiettivo, e quindi ottenere il beneficio, anche solo grazie al fatto che la produzione annua aumenta significativamente oppure diminuiscono i tempi di manutenzione, gli scarti, i tempi per gli attrezzaggi della linea (si veda di seguito la tabella relativa alle tecnologie per il confezionamento tratto dalla Circolare applicativa Mimit/GSE del 16 agosto scorso).
Infine, molto interessante il fatto che al progetto principale cosiddetto “trainante” e basato sui beni strumentali è possibile aggiungere anche beni “trainati” ovvero l’introduzione/implementazione di sistemi di fotovoltaico o progetti formativi, tutti finanziati con le stesse aliquote dei beni trainanti, con l’esclusione del fotovoltaico, che ha addirittura un’ulteriore maggiorazione, peraltro ulteriormente maggiorata dalla recente Legge di Bilancio 2025.
Riflessioni applicative
Fatta salva una coda di due mesi (febbraio 2026) per la presentazione da parte delle aziende della corposa documentazione richiesta, il Piano terminerà il 31/12/2025. Entro questa data i beni devono essere consegnati, installati, collaudati e interconnessi (la perizia 4.0 è comunque richiesta). Poiché le tempistiche sono molto strette, UCIMA si è già attivata per chiedere una proroga che oggi, verosimilmente, potrebbe essere di circa 4 mesi, anche se in sede di stesura della Legge di Bilancio 2025 tale misura non è stata purtroppo recepita.
Circa gli aspetti procedurali, si tenga conto che:
- Il riferimento è sui consumi annui (2024 su 2023, ecc.)
- Non è necessaria una temporalità di misurazione dei consumi particolarmente prolungata, né è prevista una frequenza minima nei campionamenti: si può andare di stime, supportate (è il consiglio) da misurazioni in grado di fotografare correttamente il ciclo produttivo e la sua intensità
- Non è possibile presentare più di un progetto alla volta per singolo stabilimento; prima di presentarne altri è necessario che sia ultimato quello presentato
- La certificazione energetica ex ante e ex post che attesta i valori progettuali di risparmio energetico e giustifica tecnicamente i risultati raggiunti deve essere predisposta da specifico soggetto abilitato, che dovrà attestare la sua terzietà rispetto al beneficiario e essere dotato di apposita copertura amministrativa
- È prevista una procedura di accesso al beneficio anche nei casi (es. nuovo stabilimento) in cui manchi la possibilità di un confronto con una situazione iniziale pregressa (si ricorrerà al cosiddetto scenario controfattuale).
Per i 5 anni successivi alla conclusione dell’investimento il GSE (Ente Gestore dei Servizi energetici nazionali), organismo tecnico del Ministero incaricato della gestione della procedura e delle verifiche, potrà effettuare controlli finalizzati alla verifica del mantenimento anche ex post dei valori di risparmio energetico dichiarati in sede di progetto.
A maggior ragione diventa importante, ad esempio, che le macchine per il confezionamento siano dotate di misure dei consumi energetici minimo tramite PLC, ma anche di veri e propri strumenti di misura da relazionare poi al numero di kg prodotti e alle ore lavorate. Questo monitoraggio accurato non solo facilita la rendicontazione del risparmio, ma contribuisce anche alla verifica continua della sostenibilità del progetto.
Il ruolo e le responsabilità del fabbricante
Va precisato che la Transizione 5.0 non ha portato all’insorgenza di specifici e aggiuntivi obblighi di efficientamento energetico in capo al fabbricante: le proposte tecnologiche più recenti sono infatti tutte “candidate” a garantire i target per ottenere il beneficio anche perché, a differenza della 4.0 dove le caratteristiche tecniche dei macchinari erano del tutto predominanti, il tema va necessariamente correlato alla situazione attuale ante investimento. Non potranno in altre parole esistere macchine “5.0 ready” ma “soltanto” tecnologie in grado di garantire un’adeguata efficienza energetica, né si potranno contestare le forniture perché non raggiungono determinate soglie o valori di efficienza, magari tratti dalla letteratura: vale esclusivamente il raffronto tra consumi ex ante e quelli ex post introduzione delle nuove tecnologie. Il ruolo del fabbricante sarà quindi fondamentale perché soltanto lui e nessun altro potrà fornire i dati di consumo “normalizzati” della nuova offerta tecnologica.
Peraltro, come ben espresso nella Circolare Operativa del 16 agosto scorso, nella certificazione ex ante (e anche in quella ex post) ci si dovrà basare su dati tracciabili desunti da opportuna documentazione tecnica. I fabbricanti, pertanto, non potranno limitarsi a fornire i valori di consumo “di targa” (tante volte inutilmente sovradimensionati), ma dovranno eseguire una stima/misura dei consumi energetici complessivi per ora di produzione o, ancor meglio, una stima/misura dei consumi energetici per unità/peso/m3 prodotti.
Il ruolo di UCIMA
L’Associazione è in grado di predisporre per le aziende fornitrici di tecnologia un documento denominato “Attestazione Tecnica di efficienza energetica” (per i contenuti si veda tabella 2) che riporterà le informazioni ritenute più probanti e qualificanti al fine di fornire un dato di consumo corretto. Per ottenerlo esperti in materia utilizzeranno apparecchiature di misura certificate MID, come emergerà dai test di prova allegati alle attestazioni. Tale attestazione potrà anche essere relativa alla singola fattispecie presente nello stabilimento interessato, diventando quindi una validazione a priori da consegnare al cliente a supporto della sua pratica.
Inoltre, tramite la propria Area Finanza Agevolata, Ucima è pronta a supportare i fabbricanti di tecnologie e le aziende del packaging nell’implementazione delle procedure legate alla Transizione 5.0, grazie alla profonda conoscenza dei processi produttivi del settore, mentre la Scuola di Formazione SBS ha tutti gli strumenti per fornire una formazione esaustiva e approfondita sul tema.
Conclusioni
La Transizione 5.0 introduce un cambiamento significativo, non solo tecnologico ma culturale, con l’obiettivo di integrare sostenibilità e innovazione digitale nell’industria. Pur presentando alcune complessità operative e regolamentari, con le dovute precauzioni può rappresentare un'opportunità di evoluzione per il settore ceramico. Grazie a un'attenta pianificazione e alla collaborazione tra aziende, fabbricanti e istituzioni, il comparto può avviare un percorso di adattamento graduale, contribuendo a ridefinire il proprio ruolo in un contesto produttivo sempre più orientato all’efficienza e alla sostenibilità.
Le Attestazioni includono informazioni chiave
• Stime/misure sui principali parametri di efficienza energetica del macchinario (es. potenza assorbita) relativamente ai consumi elettrici, aria compressa, energia termica, ecc
• Stima/misura dei consumi energetici complessivi per ora di produzione. Calcolo del consumo energetico per singola unità prodotta, fondamentale per valutare/confrontare il risparmio energetico rispetto alla situazione precedente
• Caratteristiche tecniche dei componenti più rilevanti (motori elettrici, ecc.) e loro valutazione in ottica di efficienza energetica
• Misure adottate dall’azienda costruttrice per ridurre i consumi energetici dei macchinari rispetto al passato.