Pensieri per il "dopo"
Fino a poco fa (marzo forse) molti erano quelli che pensavano che il “dopo” sarebbe stato come il “prima”: passata la “buriana” - la tempesta -, lentamente avremmo ripreso ad agire i comportamenti e i modelli sociali ed economici precedenti. E quindi anche i comportamenti e le qualità manageriali coerenti con quell’ambiente.
Sono sempre meno quelli che la pensano così, ed io sono fra quelli.
Certo è facile immaginare, ad esempio, che il telelavoro avrà sempre più spazio, il distanziamento sociale anche, nella vita quotidiana di relazione come in quella professionale, o che sempre più intenso sarà l’utilizzo della tecnologia e l’emergere di modelli distributivi, e di fruizione di servizi, diversi (si pensi ai siti che già oggi “leggono” libri).
Ma quali saranno i comportamenti manageriali e le attitudini personali rilevanti in un (semi) nuovo mondo?
Innanzitutto la capacità di operare /gestire /decidere in condizioni d’incertezza e instabilità.
Disporremo di meno informazioni dall’ambiente e dallo scenario competitivo. Le informazioni non saranno sempre omogenee, non sempre sincrone né certe, ma tuttavia occorrerà comunque decidere e farlo con minori e più aleatorie variabili a disposizione.
L’instabilità e l’incertezza saranno, per lungo tempo, caratteristiche strutturali di ogni impresa, di ogni iniziativa imprenditoriale e di ogni decisione manageriale.
Dovremo sviluppare capacità nuove di adattamento rapido ai cambiamenti e a mutate imprevedibili condizioni.
Cosa significa?
Esercizi e pratiche di analisi dei rischi dovranno essere molto più frequenti ed estese perché più elevato sarà il gradiente di rischio insito in ogni decisione.
Tali analisi non condurranno necessariamente a intercettare anticipatamente rischi esogeni e immani (come la pandemia attuale) ma saranno indispensabili perché stimoleranno meccanismi di flessibilità e di riflessione sulle alternative possibili, e sul peso da attribuire a ogni rischio per probabilità di accadimento e impatto dello stesso, e quindi obbligheranno a valutare rapidamente le incerte alternative possibili.
Tali analisi saranno più frequenti e dovranno condurre a una capacità di mitigazione o di valutazione quanto più possibile corretta delle conseguenze di ogni scelta imprenditoriale.
E sbaglieremo, ovviamente, molto molto di più. Quindi dovremo essere molto più rapidi (e molto molto più lucidi e sinceri) nell’imparare dagli errori. L’apprendimento sarà giornaliero, continuo.
Gli errori saranno inevitabili, e tanto prima saremo in grado di riconoscerli “ammetterli”, individuarne le cause che li hanno generati e correggerli, tanto prima e più sicuramente si potrà ricominciare a perseguire l’obiettivo, il percorso di scelta definito.
La capacità di appendere dall’errore dovrà diventare patrimonio intangibile delle imprese.
Le strade che si deciderà di intraprendere siano esse investimenti, nuovi prodotti, progetti di sviluppo organizzativo o di contenimento dei costi, potranno non essere adeguate o non esserlo abbastanza e perseguirle molto più complicato e incerto.
Le ipotesi sottostanti a ogni scelta dovranno essere rapidamente rivisitate.
Infine dovremo inventare nuove metriche per misurare i processi industriali ed economici.
Sarà necessario maggior intuito e rapidità nell’individuare le variabili chiave e interpretarne l’andamento, in molti casi rinunciare alle abitudini consolidate di misurazione e controllo.
Il budget sarà ancora uno strumento utile? E il piano a tre/cinque anni? E l’analisi degli scostamenti? Forse sì, forse no.
Sarà premiata non più solo la qualità del prodotto, ma sempre più la qualità del processo e della relazione con l’ambiente, l’ecologia complessiva dell’impresa.
Il principe di Salina ne “Il gattopardo” diceva: “Occorre che tutto cambi perché nulla cambi”… Ma qui è diverso: tutto è cambiato e niente sarà più come prima.
Marco Gradenigo
Temporary manager, consulente in sistemi di controllo interno; opera anche in organismi di vigilanza 231 di società industriali e di servizi.