Volete bellezza? Eccola
L'editoriale di Stefano Lavorini.
«Vogliamo giustizia sia per il corpo sia per l’anima».
Così scriveva Aldous Huxley in una raccolta di saggi pubblicata quasi un secolo fa.
E mi sembra che questo suo richiamo valga tutt’ora, come dimostra l’ossessione dell’apparire e della bella immagine di sé a cui, in generale, non si lesinano energie, tempo e denaro.
Ma cos’è la bellezza, se non l’ombra artificiale dei sintomi della salute? Tutt’al più un’imitazione abbastanza buona da venire a volte scambiata per l’originale.
Si potrebbe immaginare che, in un domani, donne e uomini saranno tutti belli senza aiuti chimici e chirurgici, ma è cosa poco probabile perché come ribadisce Huxley, la bellezza non è solo una questione esterna, ma anche interna.
E spiega: «La bellezza di un vaso di porcellana è data dalla forma, dal colore, dalla grana. Il vaso può essere vuoto ed ospitare ragni, può essere pieno di miele o di fetida poltiglia: questo non altera minimamente la sua bellezza o bruttezza. Ma la donna è viva, e la sua bellezza non è dunque superficiale. La superficie del vaso umano è influenzata dalla natura del contenuto spirituale». Sempre che, aggiungo io, l’AI non riesca in breve a sovvertire questo ordine naturale delle cose.
Comunque, dopo aver elencato vari tipi di bruttezza psicologica - stupidità, incoscienza, avidità…- il pensatore inglese mette in evidenza che “peccati” come questi, peccati capitali che negano la bellezza, appaiono spesso «sul viso di chi cerca di divertirsi in continuazione, lasciando trapelare una noia e un broncio che guastano tutto il fascino».
In pratica, dal punto di vista di un “esperto di porcellane”, ci sono persone bellissime; eppure, in verità, il loro viso, l’andatura e i gesti esprimono a tal punto svogliata indifferenza che risulta penoso guardarle.
In conclusione, Huxley non manca di offrirci una nota di speranza moderata: «Finché continueranno ad esserci queste dissonanze, finché esisteranno buoni motivi per provare noia e svogliatezza, finché gli esseri umani si lasceranno possedere e ossessionare da vizi monomaniacali, il culto della bellezza non avrà mai vero successo. […] Gli uomini e le donne saranno belli solo quando l’organizzazione sociale darà a tutti loro la possibilità di vivere in maniera completa e armoniosa…».
Il saggio di Huxley, dal titolo “The Beauty Industry”, è stato pubblicato a Londra nel 1931. Non ho pensato neanche lontanamente di emendare il testo in direzione di quel “politicamente corretto” tanto in auge di questi tempi, perché sono convinto che l’arte, degna di questo nome e in tutte le sue forme, sia più accettabile e convincente della realtà. Mi scuso fin da adesso con coloro che non saranno d’accordo.