Buone notizie
L'editoriale di Stefano Lavorini.
L’occasione di guardare alla realtà con un po’ di ottimismo mi è data dalla scoperta casuale di un disegno di vita, personale e professionale, che vuole scoprire le diverse e possibili forme della felicità, intervistando donne e uomini sparsi nei sei continenti.
L’ideatore si chiama Giuseppe Bertuccio d’Angelo che col “Progetto Happiness”, si è dato di fondo l’obiettivo di migliorarsi e avvicinarsi sempre più alla persona che aspira a essere: «Abbiamo solo una chance per una vita incredibile e non voglio sprecarla».
D’altronde, si tratta di una “aspirazione” che ha profonde radici nella nostra cultura. Non vi è conoscenza senza introspezione, non vi è sapere che non stia già dentro di noi, ammoniva l’esortazione iscritta all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi. La stessa sentenza “Conosci te stesso” posta , tra gli altri, da Socrate alla base della sua filosofia.
Se è poi vero, come sostengono gli studiosi, che Apollo intimasse agli uomini di “riconoscere la propria limitatezza e finitezza”, entriamo in un ambito controverso e ampiamente dibattuto.
Sta di fatto che l’autore di Progetto Happiness è, più o meno in modo consapevole, l’epigono di una filosofia che fa scrivere a Kierkegaard1: «Ciò che in fondo mi manca è di veder chiaro in me stesso, di sapere ciò ch’io devo fare e non ciò che devo conoscere, se non nella misura in cui la conoscenza ha da precedere sempre l’azione. Si tratta di comprendere il mio destino».
E allora, gambe in spalla, il Bertucco d’Angelo continua a girare il mondo cercando di carpire e cogliere l’attitudine alla felicità dei rappresentanti di tradizioni e culture diversissime: dai bambini del campo profughi siriano, alle ragazze nord coreane, dall’eremita sardo alle persone che vivono nella baraccopoli più grande dell’Africa... passando poi dall’uomo più solo dell’Islanda, al clan delle montagne marocchine, al maestro di sushi di Tokio e alle altre decine e decine di persone che «con le loro storie straordinarie sanno ispirarci e motivarci a fare della nostra vita molto di più di quello che avessimo mai pensato». Una serie di reportage ben fatti, con contenuti sinceri, spontanei, realizzati senza mai cadere nell’ovvio e nel banale.
Tra l’altro, la simpatia dell’autore introduce nel programma una «voce affidabile, una presenza umana che ci attrae perché ci arricchisce con l’esempio».
Giuseppe Pontiggia a questo punto ci avrebbe messo in guardia dal cedere alle suggestioni di un pathos invadente. «Diffidiamo di un autobiografismo romantico che cerchi la complicità attraverso la confessione non intima, ma privata; e che oscilla tra denigrazione e celebrazione, fedele a un’unica divinità, il narcisismo».
Ma non è questo il punto della faccenda.
Piuttosto, per restare in tema e per continuare a vedere il bicchiere comunque mezzo pieno, magari possiamo appellarci al fatto di aver messo tutto il nostro impegno nel cercare di raggiungere gli obiettivi e questo, a dispetto di averli raggiunti, perché… qualcosa abbiamo comunque imparato.
Fin troppo facile trovare in queste parole l’eco degli stoici, da Epitteto, a Seneca e a Marco Aurelio, ma per venire a tempi a noi più prossimi - si fa per dire - come non ricordare le parole di Sant’Agostino2: «La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle». Homo faber fortunae suae.
1Søren Kierkegaard, (Copenaghen, 5 maggio 1813 - Copenaghen, 11 novembre 1855), filosofo, teologo e scrittore danese.
2Aurelio Agostino d’Ippona (Tagaste, 13 novembre 354 - Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo, teologo monaco e mistico romano di origine berbera e lingua latina.