Il packaging durante e dopo il Covid-19
La situazione generata dall'emergenza epidemiologica in atto spinge a ragionare sul presente e sul futuro. Lo ha fatto anche Alberto Palaveri (R&D manager di Sacchital e CEO presso Åkerlund & Rausing - Gruppo Sacchital, nonché vice-presidente di Giflex) che si è posto alcune domande e a cui, ovviamente, ha fornito anche le risposte che riguardano una sorta di “riabilitazione collettiva” dell'imballaggio e del suo ruolo proattivo, passando per la disamina delle modalità di consumo emerse in questa fase e della qualità delle relazioni instaurate tra fornitori, utilizzatori e grande distribuzione. Riportiamo integralmente le sue riflessioni, che rimandano alla possibilità di dar vita a un “mondo nuovo” grazie anche a un modo nuovo di fare impresa.
In poche settimane l’intero mondo ha subito uno shock che ha creato dentro ad ognuno di noi ansia e incertezza. Tutto ciò ha coinvolto un settore essenziale per la vita di un Paese: quello del packaging.
Un settore, che, anche nei momenti più difficili, non si è mai fermato: la dedizione dei dipendenti e la capacità delle aziende di riorganizzarsi in termini di sicurezza e flessibilità hanno reso possibile la continuità produttiva; ai brand-owner non sono mai mancati i materiali di imballo, che hanno permesso la distribuzione e il commercio di tanti beni essenziali che, in alcuni momenti, con apprensione abbiamo temuto di non trovare sul mercato.
In queste settimane di lockdown si è tornati a valorizzare i valori e i beni essenziali: i consumatori con comportamenti di acquisto, lo hanno certificato.
Inizialmente si è avuto un effetto stock, con acquisto di prodotti essenziali quali farina, riso, conserve, latte uht e un naturale effetto “prevenzione e salute” con crescita di vendite di prodotti di igiene personale - sanificanti - parafarmaceutici; nelle ultime settimane di lockdown si è avuto un effetto “resto a casa”, con impatti negativi sulla cosmetica e positivi per il comfort food.
Insieme alle scelte dei beni essenziali si è tornati ad apprezzare le caratteristiche proprie del packaging: la capacità di preservare e proteggere qualsivoglia bene.
Si è riscoperta la capacità dell’imballo di conservare, anche per lunghi periodi, il gusto, il sapore e l’integrità dei prodotti. Si è soprattutto apprezzata la sicurezza che il pack dà nell’evitare possibili contaminazioni durante la sua manipolazione. Inoltre, ancora di più con le consegne a domicilio, è stata apprezzata la capacità di proteggere e rendere possibili tutti gli spostamenti del prodotto, dalla fonte fino alla soglia di casa, mantenendo inalterato il contenuto.
Anche sui quotidiani (vedi articolo di Marino pubblicato su “Il Giornale” del 23/03 o quello di Stagnaro su Il Foglio del 16/04) hanno fatto capolino articoli circa l’importanza della plastica, con la giusta richiesta di un ripensamento e rimodulazione della plastic tax.
Superato questo momento particolare, si è alla ricerca di qualche certezza per il futuro, che ho cercato di trovare rispondendo ad alcuni interrogativi che mi sono posto.
In termini di scelte di consumo, cosa ci lasceranno questi primi mesi di convivenza con il Covid-19?
Ancora per parecchi mesi, anche quando ristoranti e bar riapriranno, sarà privilegiato il consumo a casa, con una crescita costante dei prodotti alimentari confezionati, in particolare i ready meals. Questi ultimi saranno probabilmente preferiti nel consumo al lavoro. Driver di questa scelta saranno le caratteristiche di sicurezza della fonte e di chi li manipola, di igiene e di qualità. E, probabilmente anche la colazione sarà diversa: meno bar e più casa. Senza contare che una quota importante di lavoratori avrà un numero maggiore di giorni di smart working e che, anche in questo caso, i pasti saranno consumati tra le mura domestiche: ci aspettiamo quindi, anche se meno accentuati, dei trend simili a quelli dei mesi di lockdown.
Quale scenario economico ci aspetta nei prossimi mesi?
La crisi dovuta alla fermata di interi settori produttivi e la riduzione al minimo di alcuni ambiti quale turismo, eventi pubblici, trasporti aerei per citarne alcuni, per molto tempo, sarà importante sia in termini quantitativi per la sua profondità (circa 10% del PIL) sia per il numero di persone colpite.
Questo polarizzerà le scelte di consumo e le aspettative degli end-user?
Da una parte, una fetta importante dei consumatori si concentrerà sulla variabile “prezzo”, privilegiando i prodotti private-label e le confezioni più grandi perché più convenienti: questo creerà una compressione delle marginalità di chi produce beni di largo consumo e, a cascata, sull’intera filiera del pack. Questo spingerà il sistema produttivo a cercare efficienza e saturazione degli impianti con una focalizzazione sul contenimento costi e aumento della competitività.
Un’altra parte dei consumatori vivrà la ripartenza del “dopo corona virus” come un’opportunità per creare e vivere un “mondo nuovo” diverso da prima: più attento all’ambiente, alla salute, alla qualità della vita.
Cercherà questi valori nei beni che acquisterà e nel pack che li accompagna: il che spingerà a scegliere packaging capaci di differenziare il posizionamento del contenuto e allineati con i valori che il prodotto porta con sé. Le aziende del nostro settore dovranno essere innovative e capaci di proporre soluzioni chiavi in mano alle richieste dei brand-owner.
Tutto ciò genera una grossa opportunità per il Sistema Italia, poiché nel nostro Paese convivono importanti realtà manifatturiere, leader mondiali nei diversi ambiti della catena del valore del pack: macchine confezionatrici, produttori e trasformatori di materie prime, produttori di macchinari per il converting.
E, aggiungo, il ripensamento delle catene di fornitura lunghe, che fino a qualche mese fa privilegiavano il costo alla sicurezza della fornitura, spingeranno le aziende europee a scegliere partner europei. Ancora meglio se i partner sono tra loro capaci di sinergie, che generano soluzioni chiavi in mano provenienti da catene di fornitura corte e interdipendenti. E questa sfida può essere raccolta con successo dal tessuto manifatturiero del nostro settore in Italia.
Infine nelle catene distributive avremo una crescita importante dell’e-commerce: qui per anni chi prevaleva in questo mercato imponeva il tipo di imballo, ma grazie alla crscita di questo segmento avremo più concorrenza e nuovi player.
Da qui si apre l’opportunità per chi produce e progetta packaging di essere attore pro-attivo nelle soluzioni di imballaggio che la distribuzione a domicilio richiede. Innovazione e flessibilità, design thinking e creatività sono ingredienti fondamentali per conquistare quote di mercato.
Come reagire ai rischi e opportunità?
Le aziende devono ripensarsi in termini organizzativi e di governance, dato che l’esperienza di questi mesi obbliga a riflettere sull’importanza di alcune aree aziendali: produzione e logistica hanno permesso alle società di tenere la barra dritta in un mare in tempesta; le buone relazioni con i dipendenti hanno reso possibile la continuità, nonostante i rischi che comportava. Per questo motivo sarà necessario rimodulare la suddivisione delle risorse economiche tra le diverse aree aziendali e rifocalizzare formazione e incentivi aziendali.
Inoltre, in molte realtà, i rischi connessi al Covid hanno privilegiato la presenza in azienda delle generazioni più giovani che, in autonomia e con grande senso di responsabilità, hanno garantito il funzionamento delle aziende. Che sia questa, finalmente, un’accelerazione di quel passaggio generazionale sempre rimandato…
In conclusione
I danni che la crisi porterà, richiederà alle aziende dell'imballaggio di essere competitive in termini di convenienza e di servizio in quella parte di mercato ove la variabile costo sarà un fattore critico di successo. E, specularmente, richiederà alle stesse, di essere capaci di creare sinergie tra realtà posizionate nelle diverse fasi dei processi legati al pack.
Questo per poter proporre soluzioni innovative e chiavi in mano ai brand owner, sempre più alla ricerca di imballi che, oltre a preservare e proteggere, comunichino i valori del “mondo nuovo” che questa crisi ci ha fatto venire voglia di costruire.