Feeding the brain

Cronaca e - parafrasando Expo - “cibo per la mente” dal 30° Congresso d’Autunno di Giflex*, che non perde la battuta e sostanzia, in modo convincente, il proprio impegno a ragionare intorno al grande tema dell’alimentazione e della riduzione degli sprechi. Ospiti di levatura internazionale hanno animato a Milano un confronto sereno e imparziale, da cui l’imballaggio - non solo flessibile - esce rinfrancato nel suo essere strumento indispensabile per la lotta al food waste. di Stefano lavorini

Lo sviluppo di un sistema alimentare sostenibile è materia di estrema complessità. Gli equilibri in gioco sono infatti numerosi, considerando anche i molti attori coinvolti nella supply chain, chiamati ora più che mai a condividere visioni e strategie per definire politiche di “ragionato” sviluppo.

A questo proposito, il congresso Giflex (Milano, 30 settembre - 1 ottobre) ha avuto il merito di mettere intorno a un tavolo esponenti di “fazioni” tradizionalmente contrapposte: rappresentanti delle istituzioni, dell’industria, della distribuzione e dei consumatori, accademici e ricercatori.
Tutti, alla resa dei conti, hanno convenuto sull’assegnare al packaging il ruolo che gli compete nella prevenzione dello spreco alimentare e nell’ottimizzazione delle risorse economiche e ambientali, riconoscendolo come mezzo ideale per suggerire ai consumatori (in particolar modo a quelli “occidentali”) modalità di consumo più consapevoli e virtuose.

RIPENSARE I MODELLI
È opportuno ricordare la distinzione tra spreco e perdita alimentare, su cui gli esperti si sono spesi a vario titolo.
È nell’Occidente evoluto che si registra infatti lo spreco maggiore di alimenti, per acquisti in eccedenza, cattiva gestione delle scorte in ambito industriale e domestico... a fronte delle perdite alimentari che, invece, intervengono lungo la catena di produzione, trasformazione e distribuzione nei Paesi meno industrializzati.  
E se Bernd Jablonowski, responsabile dell’iniziativa Save Food, ha ribadito - parlando del Mango Project in Kenia - che nelle aree in via di sviluppo servono soluzioni tecnologiche di confezionamento “su misura”, adatte a valorizzare e commercializzare le specifiche risorse di ogni territorio, è stata Helén Williams della Karlstad University a sottolineare che, nella “nostra” parte del mondo, è ancora necessario studiare packaging innovativi e con formati più adeguati, così da contrastare gli sprechi.

Nei Paesi “sviluppati”, ad esempio, si butta moltissimo cibo anche per via della scadenza di consumo consigliata sulle confezioni: per questo il packaging dovrebbe essere più “intelligente”, comunicando lo stato di freschezza e di conservazione dei prodotti.
Come ha spiegato Carmela Favarulo di COOP (Settore Politiche Sociali Associazione Nazionale Cooperative Consumatori) è necessario, in questo senso, uno sforzo anche a livello legislativo: «Oggi COOP lavora su vari fronti per minimizzare il food waste: campagne di sensibilizzazione nelle scuole, razionalizzazione degli approvvigionamenti, politiche promozionali responsabili che non inducano all’accumulo (come il classico 3x2), donazione delle eccedenze alle ONLUS...». Riguardo quest’ultimo punto, Favarulo ha rimarcato che «se fosse possibile donare anche i prodotti che superano il termine minimo di conservazione, come già avviene in molti altri Paesi, potremmo creare una filiera ancora più virtuosa».        

Le ha fatto eco la Direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni, suggerendo che il sistema legislativo dovrebbe premiare e incentivare gli operatori che adottano politiche sostenibili, con risvolti positivi per la collettività.
E della “centralità” dell’uomo ha parlato anche Claudio Ramonda (Università di Pollenzo - Slow Food) riferendosi a un modello produttivo “naturale”, alternativo all’attuale, in cui tutto è interconnesso e in cui si produce la giusta quantità di cibo, minimizzando l’impatto ambientale dei processi.
Peraltro, secondo Massimiliano Boccardelli, Responsabile Politiche Industriali e di Filiera, Relazioni Parlamentari e Lobby Federalimentare, le aziende alimentari sono già fortemente impegnate (e interessate) a non sprecare le materie prime acquistate, nonché a valorizzare i sottoprodotti delle lavorazioni e a “fare qualità”, mettendo prodotti e packaging sullo stesso piano.   

IL VALORE DELLA COMUNICAZIONE
Il packaging, infatti, non è solo strumento di protezione, ma è l’elemento su cui si fonda la relazione tra produttori e consumatori.  
Molto sta nel farne conoscere al meglio le caratteristiche...
Commentando alcune interviste filmate ad hoc e rispondendo alle domande strampalate di un trio di “improbabili” giornalisti (i Boiler di Zelig), il sociologo Mauro Ferraresi ha seriamente esortato a considerare quella che viene definita “disimmetria cognitiva”, ovvero la conoscenza diversa tra il produttore di un bene (che, come ovvio, sa tutto della propria merce) e il consumatore, che non sempre ha gli strumenti per comprenderne il “vero” valore.
«Troppo spesso i consumatori accusano il packaging di essere ridondante e lo vedono come un rifiuto. Occorre quindi pensare a una confezione orientata alla sobrietà, capace non solo di attirare l’attenzione ma di favorire la fidelizzazione attraverso i valori della trasparenza e della sostenibilità».

In altri termini, il consumatore vuole saperne sempre di più sulla storia del prodotto che acquista.
È quanto ha messo sul tavolo Coop, come ha raccontato  Massimiliano Lazzari (Direzione Operativa Commerciale Food del grande retailer), a proposito del supermercato del futuro allestito a Expo, concepito come la piazza di un mercato tradizionale, senza banchi alti per avere una completa visione d’insieme: prodotti che parlano, un layout coerente con questo concetto, etichette con realtà aumentata capaci di tradurre le informazioni in un linguaggio semplice... Ogni prodotto, in pratica, deve sapere raccontare la “sua” storia, non solo in relazione alla propria origine ma anche alla tecnologia impiegata per consentirne la fruizione.

«Oggi - non ha mancato di sottolineare Lazzari - chiediamo ai produttori di packaging di aiutarci a prolungare la shelf life dei prodotti freschi, perché il consumatore medio fa la spesa non più di una volta alla settimana. A maggior ragione, anche le nuove tecnologie di conservazione vanno spiegate, dato che il consumatore può essere portato a credere che il confezionamento alteri la naturalità del prodotto, nel momento in cui può essere conservato più a lungo di quanto è abituato a credere».
 

Flessibili, impegnati e soddisfatti
Nel corso della due giorni milanese, Giflex ha fatto ovviamente il punto sull’attività associativa, ricollegandosi anche al position statement “L’impegno di Giflex per la sostenibilità 2015” reso pubblico di recente: un documento che sottolinea, con evidenze scientificamente provate, il valore dell’imballaggio flessibile e la sua capacità di contribuire alla riduzione degli scarti alimentari.

Nel suo intervento, Alberto Palaveri, responsabile del Comitato tecnico Giflex, ha tra l’altro ricordato che «il cibo scartato ogni giorno a livello domestico, perché deperito e non consumato, inquina 5 volte di più della quantità di packaging che sarebbe stata necessaria per proteggerlo meglio e più a lungo».
Ma non ha omesso di sottolineare, per quanto riguarda la tutela ambientale, che  sebbene i flessibili siano i packaging più leggeri e quindi con minor impatto ambientale, non sempre oggi sono riciclabili. Giflex, quindi, sta lavorando a trovare una soluzione per valorizzare gli scarti produttivi e più in generale, a livello europeo, sta seguendo e supportando iniziative che concretizzino la possibilità di una completa riciclabilità dei materiali.

Da parte sua, Gustavo De Ponti, responsabile del Comitato marketing, ha riassunto l’impegno dell’associazione nel portare a conoscenza dei consumatori il reale valore del packaging, a partire dalle scuole. Significativo in questa senso il contest YOUPACK, iniziativa organizzata annualmente da Giflex per sensibilizzare le nuove generazioni attraverso l’ideazione e la presentazione di un “packaging sostenibile” ideale. I due video vincitori sono stati premiati nel corso dell’evento milanese, a cui si è aggiunta “a sorpresa”, una borsa di studio alle autrici delle opere, offerta dalla società Rossini SpA e consegnata da Felice Rossini.

A chiusura lavori, il Presidente Giflex, Michele Guala, dopo aver assegnato un riconoscimento speciale alle aziende sponsor del Congresso 2015, Dec Impianti e W&H Italia, nelle persone di Luciano Formigoni ed Enrico Vogogna, ha ben riassunto lo spirito dell’incontro:  «Il packaging flessibile è solo un piccolo attore in un grande sistema, ma abbiamo voluto creare un momento di dialogo per dimostrare la nostra volontà di scendere in campo e impegnarci a lavorare in questo senso per il futuro».

Obiettivo raggiunto. Bravi.

* GIFLEX è l’Associazione che raggruppa i produttori di imballaggi flessibili stampati in rotocalco e in flessografia, destinati al confezionamento di prodotti alimentari, farmaceutici, chimici e ad altre applicazioni industriali.
 

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