In-sostenibili?
L'editoriale di Stefano Lavorini.
L'impegno per la Green Transition, caro al mondo dell’imballaggio, se non vuole risultare un infingimento, forse dovrebbe alzare lo sguardo e fare i conti con i grandi temi morali e sociali della nostra società e, come sembra suggerire Vittorino Andreoli, anche con la crisi di Civiltà in atto.
Neutralità tecnologica, LCA, Advanced Recycling e PPWR sono i temi che animano la riflessione sui problemi della sostenibilità e che sono destinati a costruire un nuovo mondo di valori per accompagnare il packaging verso un futuro più consapevole.
Messo in questi termini si tratta di un cambiamento culturale che interessa l’intera società, non senza contraddizioni e conflitti. Per capirci, è sufficiente ricordare che la Terra, per noi uomini moderni occidentali, è da secoli materia prima e niente di più: «Fedeli esecutori del comando biblico che invitava Adamo al dominio della terra, abbiamo trasformato il suo uso in usura. E per il breve periodo delle nostre vite e dei nostri miopi calcoli economici, forziamo la natura a essere risposta alle nostre esigenze oltre la giusta misura», come ci ricorda Umberto Galimberti (1).
Se non fosse sufficiente l’atavico delirio di onnipotenza che ci ha fatto dimenticare quanto le sorti dell'uomo non siano nelle sue mani, oggi «stiamo vivendo un momento di malessere diffuso, che raggiunge molto spesso livelli patologici».
Lo ha ben spiegato Vittorino Andreoli, psichiatra e componente della New York Academy of Sciences, in occasione della prolusione per l’inaugurazione dell’anno accademico 2023-24 dell’Università di Parma. Oggi, nella popolazione, è evidente un aumento generale della paura di vivere, della fatica di vivere, riconducibile a due scenari (quadri), correlati tra loro.
Secondo Andreoli, la prima evidenza è che siamo intossicati dal nostro Ego.
Si tratta di un processo psicologico generale che, nel mito, è rappresentato da Narciso, colui che non sa relazionarsi con gli altri, che non è interessato agli altri, che non sa che cos'è l'amore.
A questo si legano altre forme di patologia dell’Io, dalla maniacalità alla paranoia, che allontanano gli individui dalla percezione della propria fragilità. «Non è possibile essere umani se non si ha il senso del limite e tutto ciò che manca del limite diventa una patologia dell'Io». L'unico Io possibile, quindi, è l’Io fragile, quello che avverte i propri limiti e proprio per questo ha bisogno dell'altro. E così dall'Io si passa al Noi». Questo è il tempo per una psicologia del Noi, sostiene lo studioso, perché solo con il Noi è possibile sentire che l'altro è una forza, non perché sia più forte o più potente, ma perché è fragile anche lui come noi.
La seconda evidenza è che la “lotta per la sopravvivenza” non è più guidata esclusivamente dagli istinti e dalle pulsioni, come voleva Darwin nel 1859, ma è guidata anche dai desideri. «Il passaggio dalla sopravvivenza alla qualità della vita è legata ai desideri che possono mutare in funzione dall'ambiente e della storia. Questo grazie al fatto che una parte del nostro cervello è plastica, ovvero si modifica a seconda delle esperienze, e attraverso l'insegnamento».
Ne consegue che non è più possibile dire che l'unica via per sopravvivere è la lotta. È stato infatti ampiamente dimostrato che la cooperazione può farlo in modo altrettanto efficiente. «Se avvertissimo i nostri limiti e vedessimo che sono i limiti dell'altro e che pur tuttavia la mia fragilità unita alla fragilità degli altri mi dà la forza per vivere, allora non sarebbe più “io sono il più forte”, non sarebbe più “io sono maschio, lei femmina” e finalmente si potrebbe, a parte i diritti sociali che non è possibile diversificare in alcun modo, sostenere dal punto di vista umano quella compatibilità e coordinazione di storia che ci caratterizza».
In chiusura Andreoli, facendo una sintesi, mette in guardia dalla crisi di Civiltà in atto, ovvero dalla perdita dell'insieme dei principi primi che rappresentano i bisogni dell'umano.
«Ricordatevi che quest'uomo può cambiare, ma non è solo una questione di psicologia o di psicopatologia; la questione è far conoscere e difendere quelli che sono i principi di una civiltà, che a differenza delle dinamiche sociali sono frutto di un lungo corso. La nostra grande civiltà è quella che nasce nella Grecia antica a partire dal settimo secolo A.C., che prosegue con l’impero Romano, il medioevo e l’invenzione della scienza, e che può essere perduta portando rapidamente alla regressione: dalla civiltà, alla società degli eroi del nulla, alle barbarie».
Beh, tirando le fila del discorso, quando parliamo di sostenibilità, ci siamo fermati a riflettere su chi siamo? Abbiamo fatto nostra l’esortazione “Conosci te stesso” iscritta nel tempio di Apollo a Delfi? Ho dei seri dubbi!
(1) Umberto Galimberti: La natura inumana, 27 Dicembre 2004, https://www.feltrinellieditore.it/
(2) Vittorino Andreoli, psichiatra e componente della New York Academy of Sciences, il 22 febbraio, In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2023-24 dell’Università di Parma, ha tenuto la prolusione dal titolo “Dall’Io al Noi e dalla “lotta per l’esistenza” alla Cooperazione come fondamento di civiltà”. Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=TCV923ISQlE