L’industria alimentare in Italia (2013)

FOOD E BEVANDE Struttura e tendenze del mercato in Italia, con un distinguo sulle diverse tipologie di confezionamento destinate ai due settori.

Il settore alimentare italiano nella globalità - food e bevande - ha concluso il 2013 con un fatturato in crescita dell’1,5%, grazie al positivo andamento delle esportazioni che hanno segnato una crescita del 6,9% (fonte Federalimentare).
Si valuta che l’area food esprima una produzione di circa 106.000 milioni di euro e l’area bevande di circa 16.500 milioni di euro. L’export rappresenta una significativa valvola di sfogo e fattore di redditività per il comparto. Le potenzialità di sviluppo ci sono, seppur al momento frenate dall’estrema frammentazione del settore, composto da innumerevoli piccole aziende che, in genere, hanno difficoltà a operare fuori dall’Italia.

Germania, Spagna e Francia evidenziano incidenze superiori delle esportazioni rispetto ai loro fatturati. Questa situazione trae origine da due fattori: presenza di aziende alimentari di dimensioni mediamente maggiori rispetto a quelle italiane e significativa presenza all’estero di aziende della GDO sui mercati UE.
La domanda interna ha invece concluso il 2013 in arretramento del 4%.
La crisi dei consumi interni è purtroppo in atto dal 2010, con l’evidenza di una progressiva contrazione: -1% nel 2010, -2% nel 2011, -3% nel 2012 e -4% nel 2013. La diminuita capacità di acquisto delle famiglie italiane, a partire dal 2010, ha portato quindi a pesanti penalizzazioni.
A fronte di un aumento delle importazioni, cresciute globalmente del 29% dal 2010 al 2013, il “venduto” in Italia di prodotti nazionali ha subito una sensibile flessione: la massiccia presenza in Italia della GDO estera ha giocato un ruolo determinante nella crescita delle importazioni nel nostro Paese.

I modi e le forme del confezionamento   
In ambito alimentare, l’imballaggio, come noto, svolge anche una funzione essenziale dal punto di vista della sicurezza e in qualità di strumento di comunicazione.
Con l’intento di evidenziare al meglio le diverse tipologie di confezionamento è opportuno esaminare separatamente l’area del food in senso stretto e quella delle bevande.

Area food
Il confezionamento dei prodotti alimentari, data la diversità delle voci merceologiche, presenta una significativa varietà di soluzioni di imballaggio.
La movimentazione della produzione totale dei venticinque settori monitorati dall’Istituto Italiano Imballaggio nell’area alimentare ha comportato un impiego, nel 2013, di circa 2.700.500 t di imballaggi.
Nel computo sono compresi sia gli imballaggi a perdere che quelli a rendere, nonché i primari, i secondari e quelli da trasporto.

Secondo una valutazione dell’Istituto Italiano Imballaggio i valori sopra indicati rappresentano il 75% circa dell’impiego di imballaggi dell’intero settore del “food”.
È interessante evidenziare che, in genere, il trend evolutivo del consumo di imballaggi è migliore rispetto all’evoluzione dell’area alimentare relativa al food; infatti, nel 2013, l’impiego di imballaggi per il confezionamento dei cibi ha sostanzialmente riconfermato i valori 2012, il che deriva dai seguenti fattori:
- aumento dei prodotti preconfezionati (per esempio, formaggi e salumi);
- aumento dell’acquisto di monodosi, connesso all’aumento dei single.
La riduzione della capacità comporta, in genere, un maggior peso medio dell’imballaggio: per inciso, sostituendo una confezione da 550 grammi di qualsiasi tipo di imballaggio con due da 250 grammi, il peso globale dell’imballo è superiore.

Imballaggi cellulosici. Con uno share del 42,8% sul totale in peso degli imballaggi destinati al food, sono i più diffusi.
In qualità di imballaggio da trasporto, il cartone ondulato è la tipologia principale, con una quota del 16,5% circa.
Gli astucci pieghevoli rappresentano invece il 3,5%. Vasto il loro campo di impiego: prodotti da forno, pasta, surgelati, cluster per bevande ecc.
Sacchi, sacchetti e incarti sono le altre tipologie afferenti alla famiglia dei cellulosici.
In questo ambito, troviamo anche i poliaccoppiati rigidi cellulosici, utilizzati in molti settori, tra cui quello delle conserve vegetali.

Imballaggi di vetro. Imballaggio “storico” che continua a essere ampiamente diffuso. La quota di mercato si posiziona al 23,6%. La presenza maggiore è quella dei vasi di vetro (80% circa); il restante 20% è imputabile alle bottiglie, utilizzate fondamentalmente nel settore dei derivati di pomidoro (passate e polpe).

Imballaggi di plastica (compreso i poliaccoppiati flessibili da converter). Globalmente presentano uno share del 18,1% e comprendono varie e variegate tipologie: film da trasporto, film da incarto, contenitori, accessori, vaschette, sacchi e sacchetti, tubetti flessibili, bottiglie, secchielli e fusti. Prodotti da forno, paste alimentari, surgelati, salumi e caffé sono i settori di punta in termini di impiego di questi imballaggi.
La grande famiglia comprende anche le confezioni realizzate con i poliaccoppiati flessibili che, per le loro caratteristiche, svolgono un ruolo rilevante in ambito food.
Il posizionamento degli imballaggi di plastica è in crescita tendenziale a seguito di un orientamento di mercato, che testimonia l’ampia diffusione degli alimenti preconfezionati da banco presso la D.M.

Imballaggi di acciaio. Utilizzati da ormai due secoli anni, grazie alle continue innovazioni, mantengono una buona posizione con uno share dell’11,5%.
Le tipologie impiegate sono contenitori vari, chiusure, bombolette spray.
Il settore delle conserve alimentari è il maggior utilizzatore di imballaggi di acciaio, seguito da quello dei prodotti chimici.

Imballaggi di alluminio. Lo share di mercato nell’area alimentare è dell’1% circa. Se si prendesse però a riferimento il numero di unità di imballaggi utilizzati anziché il peso (l’alluminio è un materiale molto leggero, ancorché robusto), l’incidenza sarebbe senza dubbio più alta.
La gamma degli imballaggi di alluminio nel settore alimentare comprende scatolette per food, vaschette e incarti.

Imballaggi di legno (pallet). In ambito food, ma con l’esclusione dell’ortofrutta fresca destinata al consumo (non presa in considerazione nella presente analisi), i pallet detengono una quota del 3%.

Area bevande
Anche per le bevande il packaging rappresenta una variabile strategica; infatti, oltre a proteggere il prodotto e consentirne la movimentazione è anche, come rilevato per il confezionamento del food, un decisivo strumento di marketing.
Per il confezionamento delle bevande si ricorre in genere a un’ampia tipologia di confezionamenti, ad eccezione di due settori (i super alcolici e il vermouth, dove le bottiglie di vetro sono l’imballaggio di riferimento).
Tra le aree dove maggiore è la presenza di varie tipologie di imballaggi troviamo il vino, la birra, l’acqua minerale.
Nel comparto vino, la bottiglia di vetro esprime uno share del 71,5%, il contenitore cellulosico poliaccoppiato dell’11%, il bag in box del 9% e il restante 8,5% è suddiviso tra chiantigiane sia in PET che in vetro, bottiglie in PET e fustini (keg) per la distribuzione alla spina.

Il confezionamento della birra per il 77% riguarda la bottiglia di vetro (a rendere + perdere), il 7,5% è imputabile alla lattina (essenzialmente in alluminio) e il 15,5% interessa la distribuzione alla spina, che presenta un trend di crescita (la ristorazione è nettamente orientata alla mescita alla spina).
Sensibile la presenza del contenitore di PET (79%) per il confezionamento dell’acqua minerale; segue la bottiglia di vetro (20%) e il restante 1% interessa il contenitore cellulosico poliaccoppiato.
L’importante settore dei soft drink (in termini quantitativi si tratta di circa 2.800 milioni di litri) evidenzia la preferenza al PET (71,5%), mentre la lattina di alluminio è al 14% e il vetro al 7%; in questo caso il restante 8% è imputabile agli erogatori.
Descriviamo nel seguito la composizione del mix del packaging, in relazione alla globalità delle bevande.

Bottiglia di plastica. È al primo posto con una quota di partecipazione del 58%, tendenzialmente in crescita.

Bottiglia di vetro. In seconda posizione, con uno share del 30%, risulta  sostanzialmente stabile negli ultimi anni.
Per quanto concerne le bevande analcoliche, questo contenitore è invece al primo posto.

Contenitore di cellulosa poliaccoppiata. Con uno share del 3,8%, nel corso degli ultimi due tre anni è entrato in diretta competizione con in contenitori di PET.

Lattina di metallo. Si valuta esprima uno share del 2,7%, in tendenziale lieve ridimensionamento negli ultimi due anni.

Altre tipologie. Il restante 5,5% interessa altre tipologie di imballo, come  cheerpak, bicchierini di plastica, distribuzione alla spina, bag in box ecc.                                        

Innovazioni e prevenzione
Gli imballaggi usati per il confezionamento di alimenti e bevande continuano a essere interessati da significative innovazioni nonché da azioni di prevenzione, in merito alle direttive relative all’impatto ambientale.
Le bottiglie di vetro sono state sottoposte sia a un alleggerimento a parità di prestazioni sia a una incisiva azione di restyling, volta alla personalizzazione a seconda le esigenze del cliente.
Le bottiglie di plastica, in termini di prevenzione, hanno diminuito l’altezza del collo a seguito di un nuovo tappo a vite, mentre dal punto di vista del look e del contenuto di servizio troviamo colorazioni e forme diverse insieme all’aumento della gamma di capacità.
Altrettanto importante, per la produzione delle bottiglie di plastica, l’impiego oltre che di PET vergine, di PET proveniente da riciclo (rPET). Le lattine di alluminio e di acciaio, oltre a una progressiva diminuzione di peso, hanno impreziosito la litografia.
Lieve diminuzione del peso medio, infine, per i contenitori di cellulosa accoppiata, che hanno anche introdotto interessanti innovazioni in termini di forma, grafica e sistemi di chiusura.

Plinio Iascone
Istituto Italiano Imballaggio

 

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