Mondo macchine: precisazioni a margine

Ne abbiamo già detto sulla rivista di giugno e sul nostro webmagazine: il settore delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio procede macinando record positivi. Abbiamo avuto ulteriori conferme in occasione della conferenza stampa organizzata il 26 giugno a Baggiovara (MO), in concomitanza con l’assemblea annuale di Ucima, a cui hanno partecipato oltre un centinaio tra titolarie top manager di aziende costruttrici. Non senza qualche interessante spunto di approfondimento e riflessione. Stefano Lavorini

Il presidente Enrico Aureli e il direttore Paolo Gambuli sono apparsi soddisfatti, se non euforici.
A due voci hanno riassunto i dati più significativi della 5a indagine statistica nazionale sul settore e parlato delle prospettive per l’anno in corso.
In estrema sintesi, nel 2016 il fatturato totale del comparto ha superato i 6,6 miliardi, l’export i 5,3 miliardi e il mercato italiano 1,3 miliardi, con incrementi rispetto al 2015, rispettivamente del 6,6%, del 5,8% e del 9,8%. In aumento il numero delle aziende attive - 601 contro le 588 del 2015 - e gli occupati, che arrivano a un totale di 29.644 addetti (+6,2%).
Buone le prospettive di sviluppo: secondo i dati relativi al primo trimestre dell’anno in corso, cresce del 6,5% il fatturato generato dal mercato italiano (ordini a +9,9%) e vendite oltre confine in ripresa (+13%).

Botta e risposta
Sollecitati dalle numerose domande dei giornalisti, non sono mancate risposte puntuali che hanno contribuito ad ampliare l’orizzonte interpretativo: tutto bene, a patto però di salvaguardare in modo intelligente l’identità della nostra industria nazionale.

Qui non si danno numeri. Gambuli ha avuto ragione di sottolineare che durante l’assemblea sono state dettagliate non solo le nuove stime, ma sono stati indicati anche gli scostamenti tra le precedenti previsioni e i dati di consuntivo: «Il margine di errore oscilla tra lo 0,8% a livello di mercato mondiale e il 3-5% in relazione ad alcune singole aree geografiche».

Settori clienti in altalena. Aureli ha rimarcato che, per la prima volta nel 2016, nella ripartizione del fatturato per settore cliente, il food, cresciuto dell’11,4%, ha superato il beverage. Un risultato da attribuire, in parte, alla promozione dei prodotti made in Italy, trainata da Expo, che ha avuto ricadute positive anche sui macchinari, in parte «alla  capacità dei costruttori nazionali di adeguare l’offerta alle nuove richieste del mercato più rapidamente dei tedeschi».
In controtendenza il settore cosmetico, che ha fatto registrare una diminuzione di fatturato del 9,7% a causa delle minori dimensioni delle aziende del settore, rispetto al food e al farma, che ne hanno penalizzato le performance sui mercati internazionali.
Ciononostante questo settore insieme al farmaceutico figura tra i best in class per redditività.

Allearsi per competere. Il mercato mondiale delle macchine per l’imballaggio arriverà in pochi anni a valere circa 50 miliardi di dollari e sta attirando sempre nuovi competitor.
Per riuscire a cogliere le opportunità implicite in questa dinamica espansiva, ha detto il presidente, «riteniamo opportuno creare un network di fiere globali che veda italiani e tedeschi alleati».
Considerando infatti che questi due paesi sono i maggiori player a livello mondiale, fatturando più del 50% dei beni strumentali per il packaging, ci sono tutte le ragioni per arrivare a individuare congiuntamente quali siano le manifestazioni fieristiche e gli stati su cui investire.
«Per questo Ucima ha investito su Ipack-Ima e ha cercato un accordo con Messe Duesseldorf (interpack), che stiamo perfezionando, con l’obiettivo di promuove al meglio le tecnologie dei nostri associati».

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Tempo di shopping… per Cina e non solo. Le operazioni di acquisizioni di realtà di rilievo italiane e europee nel campo della macchine da parte di gruppi cinesi rappresenta una minaccia, ha ammesso senza mezzi termini Aureli. I dati 2015, peraltro, indicavano già una preoccupante inversione nella bilancia commerciale cinese di macchinari di packaging, con un aumento delle esportazioni verso mercati primari, come gli Stati Uniti: un primo chiaro campanello di allarme.
Nel 2016 questa crescita è rallentata ma, in compenso, sono avvenute «operazioni local for local che ci hanno stupiti».
In primis l’acquisizione da parte di Midea Group di Kuka,  una delle aziende tedesche più avanzate tecnologicamente, nonché quella più recente di Romaco,  passata a Truking Group, che hanno avuto la conseguenza di sbilanciare tutti gli indicatori e multipli di valutazione delle aziende del comparto.
«I cinesi hanno dimostrato che sono disposti a pagare un prezzo anche elevato pur di entrare nel nostro tessuto industriale e acquistare una posizione di mercato».
Tuttavia il comparto macchine in questo momento non è interessante solo per gli operatori cinesi, ma anche americani, come dimostra l’acquisizione della P.E. Labellers da parte di Pro Mach Inc.
«Per cercare di evitare ciò che è accaduto nel polo del lusso italiano, “passato” ai francesi, come associazione ci stiamo attivando per fare networking, in modo da poter dialogare tra di noi prima di offrire le nostre aziende “allo straniero”».

Il piano Industry 4.0. «Ci siamo battuti molto per il piano Industry 4.0, perché vedevamo le nostre aziende molto preparate a offrire al mercato manifatturiero italiano la possibilità di rinnovarsi, di svecchiare i propri impianti produttivi. Siamo orgogliosi del risultato ottenuto, nonostante il fatto che un progetto di questo genere avrebbe bisogno di tempi ben più lunghi di un anno». Il presidente ha poi ricordato che, comunque, il comparto ne trarrà vantaggio e che si prevede una crescita del mercato italiano ancora maggiore rispetto a un 2016 già molto interessante. Ha poi ammonito: «È solo un punto di inizio, perché dobbiamo stimolare e  formare  i nostri clienti a utilizzare al meglio le nuove tecnologie per trarne i massimi benefici».  

Ipack-Ima on my mind. Pensare che non solo il comparto tedesco, ma anche quello italiano abbia il diritto di presentare nel mondo le proprie tecnologie, è il pensiero dominante in Ucima.
«A meno di un anno di distanza da Ipack-Ima, che viviamo come la nostra fiera, siamo molto fiduciosi», ha riconosciuto Aureli. «Il nostro primo bacino di utenza saranno i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma il nostro obiettivo è sviluppare una fiera co-leader nel settore del packaging. Abbiamo investito notevoli risorse associative per far sì che l’edizione 2018 sia la prima di una nuova era».
Insomma ci si aspetta una vera e propria  rinascita, con il ritorno delle aziende più grandi e contenuti di qualità.        

 

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