Etichette: un settore in buona salute

Dall'ultimo convegno Gipea i trend di mercato in Italia e in Europa, l'Osservatorio con le analisi sulle performance aziendali, il confronto degli operatori sui nuovi prodotti e tecnologie e i programmi dell'associazione per l'anno che viene. Una prima cronaca.

Molte informazioni utili, molta partecipazione, nessuna ritualità senza contenuto, neppure nel discorso di prammatica, tenuto in apertura del lavori dal presidente in carica, Alberto Quaglia (Aro SpA). Il XXVIII Convegno Tecnico del Gipea, che si è svolto venerdì scorso, 28 novembre, al Novotel di Milano Linate, ha mantenuto alti i livelli di informazione che da tempo connotano gli incontri del gruppo etichettifici di Assografici. Uno standard che si basa su tre scelte fondamentali, facili da dire ma non “da fare” né da mantenere nel tempo: chiedere (e offrire) all'associazione servizi concreti, da condividere con chiarezza e trasparenza; attivare una collaborazione partecipata, che mobiliti le migliori energie e la buona volontà dei membri; superare la naturale diffidenza al confronto diretto fra concorrenti e convertire in stimolo l'altrettanto naturale rivalità. E se Gipea non è il solo ambito associativo che si misura con questi obiettivi, tuttavia si distingue per i risultati ottenuti negli ultimi anni, frutto dell' “accelerata” impressa da una nuova generazione di imprenditori che hanno rivitalizzato l'associazione nazionale e tessuto una bella rete di rapporti internazionali (in primis tramite la federazione Finat).
Riportiamo “a botta calda” alcune delle informazioni trasmesse durante l'incontro che ha visto in campo, oltre al presidente Quaglia e ai relatori di seguito citati, il segretario del Gipea Italo Vailati (che ha anche coordinato la tavola rotonda del pomeriggio); Alessandra Calemme (Fidocart) che ha sviluppato il tema “Fine vita del prodotto: nuovi orientamenti legislativi in Europa e Italia; i relatori e animatori della sezione tecnica, dedicata all'aggiornamento sui nuovi materiali e a una valutazione dell'UV Led (ne daremo notizia sul prossimo numero di Converting).

Europa e Italia a confronto nel 2013-14
Per valorizzare i dati di mercato raccolti nel corso tempo, Finat ha attivato Radar: una pubblicazione semestrale dedicata agli associati, che aggiorna su trend e tassi di crescita nella supply chain europea della banda stretta, e collega le analisi di mercato con le prestazioni di trasformatori, brand owner, fornitori di materiali e beni strumentali. L'idea è molto bella e, per iniziativa del suo presidente, Gipea ha deciso di fare altrettanto. Il primo studio di questo tipo è stato esposto durante il convegno milanese dal past president Alfredo Pollici (Notarianni), che ha offerto numerosi spunti di riflessione.

L'Europa. Anzitutto, considerando le cifre relative al 2013, se l'America cresce a doppia cifra in tutti i segmenti della filiera, in Europa la domanda di etichette mostra un'assai più modesta progressione media del +3,5%, con un andamento differenziato per materiale (la plastica cresce circa il doppio della carta). Questo premesso, Pollici ha suddiviso le aree geografiche del Vecchio Continente per macro regioni omogenee e stilato una classifica della crescita, dominata dall'Est (Russia, Polonia, Ungheria, Cechia ecc. al +6,9%). Il Sud, però, chi l'avrebbe detto?, figura al secondo posto: Francia, Italia, Spagna, Grecia - ovvero i PIGS di antica memoria con in più i “cugini” francesi - si attestano al +3,5%. Gli altri seguono: Nord e Centro Europa e il Regno Unito, che fa zona a se stante, crescono meno. Insomma, tifando per l'industria nazionale non va poi così male...
Non solo. Guardando ai dati relativi al 2014, per quanto limitati ai primi mesi, vediamo che il Sud Europa passa in testa alla classifica (+9,9%) con il Nord alle spalle (+7,2%) seguiti da Est (+6,8%), UK (+3,7%) e Centro (+2,9%). Naturalmente, l'avvertenza “vedremo il bilancio di fine anno ” si impone.
Pollici informa anche sull'andamento dei materiali, dove la plastica cresce più della carta se consideriamo i rotoli, e viceversa la carta è in netto vantaggio se guardiamo ai fogli (e fra foglio e rotoli sono i secondi a mostrare la progressione maggiore). Inoltre, i dati mostrano un Sud Europa più portato al consumo di carta e un Nord decisamente orientato alla plastica.

L'Italia. Estrapolando dal totale le cifre riguardanti l'Italia, nel 2013 il valore del nostro mercato era di 740 milioni di euro su un totale europeo di 5.000 milioni, corrispondente a una quota del 14,7% che fa del nostro paese il quarto (in valore), con un trend di crescita negli ultimi 5 anni del 5,8%. Inoltre nel periodo giugno-settembre 2014 il fatturato dell'industria italiana di settore è crescito dell'8,80%, soprattutto ad opera delle imprese di dimensioni maggiori (oltre 5 milioni di euro).
Gipea, è stato qui opportunamente ricordato, ha per ora una base statistica ristretta (il monitoraggio si è limitato al fatturato, e non ha interessato neppure la metà degli associati); le potenzialità di questo studio sono però molto buone perché il gruppo degli etichettifici di Assografici comprende 84 imprese che rappresentano il 74,7% del mercato domestico.

Investire in un etichettificio conviene?gipea_visconti-e-vailati.png
Se lo zio d'America vi regalasse qualche milione di euro a patto che venisse investito in un'attività manifatturiera, voi avviereste un etichettificio? La domanda, formulata da quel navigato comunicatore che è Federico Visconti (docente alla SDA Bocconi e socio fondatore di partners SpA), è giunta alla fine della presentazione del terzo Osservatorio Economico Gipea, clou dell'incontro di fine novembre. Ha permesso, così, di compendiare i risultati del monitoraggio di settore, esposti da Gianluca Cinti e commentati da Visconti con spirito e chiarezza. La risposta appare senz'altro affermativa, anche tenendo in conto le opportune precisazioni dei due economisti e le risposte alle domande della platea (con i past president in prima fila, tutt'altro che “pensionati”), che hanno permesso di evitare un'esposizione “agiografica” dello studio. Ecco qualche spunto.
Anzitutto l'industria italiana delle etichette mostra un forte recupero di fatturato e di redditività, e appare sostenuta da un ribasso dei prezzi delle materie prime. Le cause, avvertono peraltro gli analisti, possono essere molteplici, soprattutto riguardo alla recuperata marginalità: uno spostamento del mix dei prodotti, un cambiamento nel parco clienti, la diminuzione dei costi, una riduzione della forza lavoro... vediamo bene che senza informazioni concrete sulla vita delle imprese, i dati possono essere intesi in modi assai diversi...
Cinti e Visconti hanno passato in rassegna i molti parametri significativi dello stato di salute di un'impresa, fra cui il reddito operativo (Ebit), che in questo settore mostra un recupero di efficienza anche senza raggiungere i picchi degli anni migliori; il conto economico, con le aziende che operano con risultati negativi in diminuzione da 26 a 16; il mix dei costi costante, a riprova della consistenza dei risultati reddituali; la redditività dei capitali che migliora; una propensione all'investimento media del 6,9%, valutata positivamente.
Interessanti le considerazioni sulla riduzione dell'indebitamento (segno di forza o di inerzia?) e l'apprezzamento per la crescente solidità finanziaria delle imprese di settore, che mostrano una crescita costante e sensibile della patrimonializzazione, a riprova della crescente attenzione degli imprenditori per le loro aziende.
Insomma, sì: investendo in un'etichettificio, oggi in Italia si possono fare buoni affari. E poter disporre della stesura integrale dell'Osservatorio Gipea è senz'altro interessante.

Orientamenti prospettici
Fatta la “fotografia” del settore, cosa suggerisce l'Osservatorio alle aziende impegnate a disegnare una strategia di crescita? La necessità di una strategia, sottolinea appunto il presidente Quaglia "scherzando seriamente", e un più deciso orientamento all'export. Infatti, anche se non si dà una correlazione immediata fra esportazione e crescita, le migliori performance degli etichettifici più grandi appaiono legate proprio alla superiore propensione a operare sui mercati internazionali. Se, dunque, le PMI già mostrano notevoli capacità commerciali e un grande impegno in R&S, ora è tempo di allungare la prospettiva nel tempo e di allargarla nello spazio.
Magari con un salto di taglia ulteriore, e non necessariamente da soli.

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