Emozioni da film

Il nuovo stabilimento SIT a San Marino riserva più di una sorpresa: all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, è un luogo del fare dove si respira entusiasmo (che non va confuso con incoscienza), dove tutto è programmato con accortezza e competenza, segnando la strada per future evoluzioni del gruppo nell’imballaggio flessibile.

Luciana Guidotti

Punto di svolta del percorso di crescita intrapreso da SIT Group, il nuovo stabilimento produttivo SIT a San Marino, collegato al sito originario e al quartier generale del Gruppo, è operativo da fine 2020.

Si tratta di una struttura bella, moderna ed efficiente, dove oggi lavorano oltre 300 persone e in cui trova collocazione un’avanzata tecnologia di stampa: quattro nuove macchine rotocalco BOBST fino a undici colori, un’accoppiatrice di ultima generazione, attrezzature ausiliarie, compreso un impianto di recupero solvente nuovo di zecca, nonché sistemi automatici per la movimentazione e lo stoccaggio dei materiali.

Uno stabilimento costruito ex-novo che è soprattutto la “prova provata” di come sia possibile coniugare efficienza e qualità, modelli organizzativi evoluti e capacità di relazioni tanto con il territorio quanto, a livello globale, con gli utilizzatori di flexible packaging.

Uno stabilimento con l’anima, verrebbe da dire, come suggeriscono tra l’altro le riproduzioni delle “madri del mondo” interpretate per l’azienda dall’artista brasiliano Kobra e che ora danno luce e colore agli spazi dove le nuove linee di stampa “girano” a pieno ritmo.

L’incontro con Simona Michelotti, Neni Rossini e Claudio Carattoni - i tre volti “pubblici” di SIT, che da sempre parlano con un’unica voce - ci consente dunque di fare il punto sui piani di espansione del Gruppo, “costati” tra il 2018 e 2020 quasi 70 milioni di euro tra investimenti in infrastrutture, tecnologia e acquisizioni. Un programma denso, che ha coinvolto a vari livelli anche gli altri stabilimenti SIT a Pesaro e Stanghella (PD) nonché le attività di ACM, «grazie a investimenti in buona parte finanziati con capitale proprio» tengono a precisare i nostri interlocutori.

Cartolina da Faetano
Lasciatecelo dire. Visitare “la” SIT è un’esperienza quasi inebriante, avvolgente, che fa bene allo spirito e alla mente. E questo per svariati motivi. Soprattutto perché in un luogo di produzione all’avanguardia (ma di questo parliamo nell’articolo), si riesce a cogliere il senso di un’imprenditorialità a misura d’uomo, competente e coraggiosa a un tempo, istintiva ma mai superficiale, capace di perseguire obiettivi alti e di saperli condividere con una comunità.
Visitare i reparti dello stabilimento insieme a Simona Michelotti, poi, è un’avventura del cuore, che ti fa apprezzare l’atmosfera unica di un incontro tra persone che si conoscono e si stimano per quello che oggi fanno bene e che vogliono continuare a fare bene, con determinazione ed entusiasmo.

Il momento delle scelte

Lo stanziamento più recente, concentrato sul sito di Faetano, trova ragione nella volontà di programmare un futuro vincente per una realtà industriale calata nel territorio e nella comunità, come di fatto la SIT è.

Spiega Neni Rossini che, a un certo punto, l’azienda si è trovata di fronte a un bivio: «Potevamo decidere se sfruttare gli impianti esistenti fino in fondo, e nel frattempo orientare l’attenzione verso altri investimenti, oppure scegliere di potenziare il sito di San Marino, reinventandolo dalle fondamenta e progettandolo in modo congruo a ulteriori ampliamenti. E questo abbiamo fatto, dato che qui tutto è nato e questo noi siamo, e qui vogliamo continuare a crescere…».

Con un investimento di 50 milioni di euro, lo stabilimento è oggi a regime e la produzione va di pari passo con il processo di riorganizzazione degli spazi, che prevede di dedicare il reparto stampa del sito originario alla finitura, nonché lo smantellamento dell’impianto di recupero solventi, ormai superato da quello in funzione nella nuova area produttiva. «In pratica, nel giro di un anno il cerchio sarà chiuso».

A dare significato e rendere vivo questo patrimonio tecnologico, resta comunque e soprattutto un’organizzazione di persone preparate e capaci unite da competenze e passione. Rispetto al passato, la nuova fabbrica consentirà dunque di realizzare circa il 25% di volumi in più, nonché una riduzione dei costi di produzione dovuta alla maggiore efficienza dei nuovi macchinari.

Al centro, Simona Michelotti, che ha creato e fatto crescere la SIT a sua immagine. Accanto a lei, la Presidente del gruppo Neni Rossini, piccola grande donna, che respira da sempre l’aria dell’azienda di famiglia e Claudio Carattoni, l’Amministratore Delegato, capace di far apparire semplice e normale quello tanto normale non è.

Una cosa tira l’altra…

Mentre procedeva la costruzione e la messa a regime del nuovo sito, la SIT ha avuto l’occasione di comprare un capannone industriale adiacente alla nuova area. Occasione che l’azienda non si è lasciata sfuggire e che, anzi, ha suggerito la possibilità di concretizzare un nuovo, importante filone di servizi.

«Una volta adeguata la struttura e gli spazi di questa fabbrica allo “stile SIT” - spiega Carattoni - diventerà il nostro Innovation Center.

Potremo quindi disporre di una “linea pilota”, che ci consentirà di svolgere attività di sviluppo e testing sulle nuove strutture, molto richieste dai clienti, liberando le linee dedicate alla produzione vera e propria. È un lusso che abbiamo deciso di concederci, considerandolo un passo ulteriore verso l’offerta di servizi e strutture di packaging più innovativi e sostenibili. Dopo averle rimesse a nuovo, vi installeremo infatti la migliore delle macchine da stampa e un’accoppiatrice che stiamo dismettendo. Abbiamo anche avviato degli accordi con alcuni costruttori per mettere in funzione una macchina confezionatrice… il che ci permetterà di testare, in un’area dedicata e segregata, i nuovi film in condizioni di utilizzo».

Progettare innovazione

L’avvio di una linea pilota non è dunque un azzardo, ma rientra nella filosofia di servizio al cliente che ha consentito a SIT di affermarsi sulla scena internazionale del flexible packaging come fornitore d’eccellenza.

«Pensiamo sia un passo necessario - prosegue Carattoni - soprattutto in un momento come questo, in cui è in atto un cambiamento sostanziale nelle strutture dei materiali, con un chiaro richiamo alle istanze di maggiore sostenibilità dell’imballaggio… perché si fa presto a pensare di cambiare una struttura o un materiale di confezionamento, ma poi ci vogliono le competenze giuste per far lavorare le macchine.

Dunque, sono due le direttrici che la nostra funzione “innovation” sta seguendo da tempo, anche su sollecitazione dei clienti per i quali già facciamo sviluppi: lo stream carta e quello dei film monomateriale.

Nel primo caso, stiamo lavorando su strutture a prevalenza carta, per creare soluzioni barriera e saldabili, un tema complesso che richiederà molto impegno e tempi lunghi.

Quando parliamo, invece, di monomateriale ci riferiamo a film interamente in polipropilene o polietilene, da sviluppare con l’obiettivo della semplificazione dell’imballaggio, per facilitarne anche il riciclo.

In ogni caso, comunque, si tratta di sfide impegnative, ma abbiamo persone molto competenti in grado di dar seguito alle necessità espresse dagli utilizzatori dei nostri prodotti».

SIT GROUP IN BREVE
168 milioni di euro di fatturato nel 2020, realizzati con oltre 700 persone in 4 stabilimenti. SIT Group è un’azienda specializzata nella stampa di alta qualità d’imballaggi flessibili, con tecnologie rotocalco e flessografia, destinati al mercato europeo del largo consumo, nei settori food e non food. Con la recente acquisizione del 70% della lombarda ACM, ha fatto proprie le potenzialità delle tecniche di stampa full led HD flexo per narrow web e della stampa digitale, “ereditandone” le competenze in fatto di produzioni personalizzate, mock-up e tirature brevi.

Completiamo il quadro

Gli investimenti di cui abbiamo fin qui parlato si inquadrano in un percorso di crescita organica, che il Gruppo SIT sta portando avanti anche tramite acquisizioni.

«Il nostro progetto iniziale era di raddoppiare il giro d’affari in un orizzonte di 10 anni, in cui rientrava anche un piano di acquisizioni, in particolare all’estero» ammette Simona Michelotti.

«In effetti le cose belle accadono anche in modo inaspettato e così la prima acquisizione è stata fatta in Italia, incontrando i proprietari di ACM, Massimo Raffaele e Antonio La Franceschina, che hanno lo stesso nostro approccio passionale all’impresa e con cui condividiamo la propensione all’innovazione. Il risultato è che siamo entrati con una quota del 70% nel capitale di questa società, specializzata nella stampa full led HD flexo per narrow web e nella stampa digitale di imballaggi flessibili per l’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica.

In seconda battuta ci ha spinto a rivedere la nostra organizzazione complessiva, che ora punta alla specializzazione dei diversi siti produttivi per poter offrire un servizio su misura alle diverse tipologie di clienti».

In pratica, oggi, SIT e SitItalia (con i poli di Pesaro e Padova) sono orientate e focalizzate sulla gestione e sulle esigenze dei clienti medio grandi, con tecnologie roto e flexo per volumi importanti, mentre ACM resta focalizzata sulla fornitura di brevissime tirature di imballaggi flessibili stampati, in particolare per clienti medio-piccoli.

Le sinergie tra le realtà del Gruppo si traducono anche nella condivisione dello stesso sistema informatico SAP e per un’unica centrale di acquisti.

«Il 2020, nonostante le difficoltà determinate dalla pandemia, si chiude con un fatturato di circa 168 milioni di euro, e con volumi di produzione in termini di metri quadrati anche superiori a quelli previsti a budgeta» interviene Neni Rossini.   

«E oggi, che il nuovo assetto del Gruppo si va consolidando, possiamo tornare al nostro progetto iniziale di Mergers and Acquisitions all’estero, con l’obiettivo di crescere ulteriormente e arrivare a essere uno dei principali player a livello internazionale, dando sempre e comunque valore alle nostre radici e alla nostra cultura: d’altronde, siamo convinti, si vive meglio se ci sono emozioni».

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