Un bel posto dove lavorare

La visione di “sostenibilità rigenerativa” di Davines Group, leader nel campo della cosmetica professionale, perseguita con un approccio integrato che coniuga benessere individuale e collettivo ai temi ambientali e della solidarietà.

a cura di Milena Bernardi

Come sostiene  Alexander Kjerulf  (massimo esperto a livello mondiale sul tema):  “La maggior parte delle persone insegue il successo sul lavoro pensando che li renderà felici. La verità è che la felicità sul lavoro ti farà avere sucesso”. Secondo Davines Group, sostenere la felicità e il benessere individuale e collettivo è un’azione direttamente correlata col tema ambientale e contribuisce alla costruzione di un futuro rigenerativo.

Nel 2005 l’azienda ha fondato la sua prima Carta Etica, un documento che ha dato il via a una serie di iniziative, tra cui la nascita di communities di collaboratori che su base volontaria creano e seguono progetti di benessere quali il maggiordomo (iniziative di work-life integration), di solidarietà e volontariato aziendale, ludico sportivi ecc al fine di offrire cura vera in un’azienda che si pone come obiettivo quello di creare buona vita per tutti.

A quarant’anni dalla sua nascita, ciò che caratterizza il Gruppo Davines, leader nel campo della cosmetica professionale, è la sua visione di “sostenibilità rigenerativa”, adottata con un approccio integrato e collaborativo.

Un progetto olistico basato su tre pilastri fondamentali - Planet, People e Community – che insieme formano il Davines Group Regenerative Evolution. Le attività sono guidate dai concetti di bellezza e sostenibilità, dalla produzione al packaging, fino all’etica nei rapporti interni all’azienda e con la clientela e con tutti gli stakeholder essendo Davines una azienda stakeholder driven.

B Corp dal 2016 e Società Benefit dal 2019, nella sede di Parma conta 517 collaboratori di cui il 60% è rappresentato da donne. Ciò che contraddistingue il welfare aziendale, o well-fair, è un evoluto piano di work life integration che implica la convivenza armoniosa tra lavoro e vita privata. Partendo dall’assunto che un lavoratore felice è anche più produttivo, Davines si è posto l’obiettivo di agevolare il dipendente nella gestione degli impegni quotidiani, coerentemente con la sua mission:” Facciamo del nostro meglio per il mondo creando buona vita per tutti attraverso bellezza, etica e sostenibilità.

Stefania Bollati, board member e head of wellbeing di Davines Group, ci racconta perché è così importante potenziare il clima positivo nell’ambiente di lavoro.

Perché negli ultimi anni l’attenzione verso il dipendente è aumentata così tanto?

Per una B Corp, e per di più per un’azienda familiare, la costruzione di un senso proprio scaturisce dalle persone che ne fanno parte, rendendola un “organismo vivente”.

Persone soddisfatte, riconosciute, in equilibrio, felici, sono persone in grado di portare energia positiva creatrice all’interno di un’azienda, arrivando fino ai clienti che, oltre ad essere uno stakeholder chiave, sono la linfa da cui attingere risorse per continuare a creare buona vita per tutti. È in atto oggi una grande denuncia nei confronti del modello di business tradizionale, denuncia che si esprime attraverso la Great Resignation, il Quiet Quitting e la Yolo Economy.

Le aziende devono raccogliere questo messaggio forte e restituire ai giovani un significato “altro” rispetto all’avere un mero ritorno economico dal proprio lavoro.

Quando avete iniziato a gettare le basi della vostra piattaforma welfare?

Il benessere delle persone ci sta a cuore da sempre. Possiamo considerare come inizio il lavoro fatto sulla nostra Carta Etica nel 2005; questo ha dato il via a buona parte delle iniziative per favorire il benessere dei nostri collaboratori.

La Carta Etica è il meraviglioso libro che racchiude quei valori del Gruppo Davines che i colleghi presenti a quella data hanno inteso voler vivere all’interno dell’azienda. È stato un esercizio di maieutica in cui le persone hanno potuto esprimere la loro vicinanza ai principi cardine della nostra realtà. A questa prima Carta ne è seguita una seconda, nel 2018, realizzata con l’aiuto di un filosofo di stampo Olivettiano che ci ha ispirato durante i workshop.

Per un’azienda manifatturiera come la vostra esistono dei limiti all’applicazione del modello work life integration?

In quanto azienda manifatturiera avremo sempre un limite funzionale,che riguarda l’esistenza di linee di produzione; tuttavia la realizzazione di un’ambiente di lavoro rispettoso della work-life integration rimane per noi prioritario.

Uno dei nostri obiettivi è far diventare il Gruppo Davines un’azienda “educativa”, nel senso di “educere”, ovvero di riuscire a creare le condizioni per cui il sé delle nostre persone possa esprimersi. Uno dei nostri desideri sarebbe la creazione di un’accademia di formazione e crescita personale aperta anche agli esterni.

Quali attività avete previsto per garantire una buona sinergia tra casa e lavoro?

Alcuni esempi possono essere: eliminazione delle timbrature e flessibilità oraria in ingresso; remote working fino al 50%; integrazione della maternità facoltativa; cessione ferie; 20 ore annue di malattia autocertificata; 32 ore di permesso per incentivare il volontariato; 12 ore annue di permessi per visite mediche; iniziative di supporto quotidiano gestite dalle nostre community interne (manutenzione auto, lavaggio auto, lavanderia, consegna farmaci, consegna posta personale); convenzioni; giornate dedicate alle famiglie; piattaforma welfare Davines Care, sportello psicologico ecc..

Come hanno reagito i collaboratori a questa vostra apertura?

È stato un percorso al quale hanno partecipato gli stessi collaboratori, alcuni in modo volontario operando attivamente alla nascita delle nostre community interne. I feedback positivi si possono trovare nei risultati di survey importanti come quella di Great Place to Work, in cui i valori più alti sono: l’orgoglio, lo spirito di squadra e la credibilità.

Un modello di questo genere presuppone anche una grande fiducia da parte dell’organizzazione verso il dipendente. Siete mai stati delusi?

Siamo realistici! L’essere umano quando vede soddisfatte tutte le sue istanze (valoriali, di bisogni di varia natura ecc) difficilmente deluderà le aspettative, vero è che inevitabilmente l’uomo spesso ritiene di “valere” di più di quel che riceve. È un percorso di consapevolezza che riguarda il senso del lavoro, che deve andare al di là del valore prestazionale, ma deve rappresentare il modo in cui l’uomo può raggiungere una propria completezza e soddisfazione. Fin tanto che il lavoro verrà visto come strumento per soddisfare bisogni economici, la delusione sarà inevitabile da ambe le parti.

Con la work life integration potrebbe aumentare la percezione di non riuscire mai davvero a staccare dal lavoro. Vi siete dati delle regole di comportamento?

Più che regole abbiamo indicato alcune raccomandazioni e suggerimenti. Ad esempio, evitare di organizzare riunioni durante la pausa pranzo oppure prima o dopo il normale orario di lavoro, prendersi regolari pause dallo schermo, assicurarci un piccolo spazio libero tra una call e l’altra… E ancora, sconsigliamo di inviare mail durante i fine settimana o fuori dall’orario di lavoro; tuttavia, nel caso in cui accada, chi la riceve non è obbligato a rispondere.

Le politiche di smart working falliscono quando mal si interpreta il concetto di vita e lavoro che non devono essere separate, in quanto durante il lavoro si vive; non tutta la vita è lavoro, ma certamente il lavoro gioca un ruolo importante nella vita di ognuno di noi. Occorre trasmettere in modo attivo vita nel lavoro; il fallimento delle policy arriva quando è il lavoro a prevalere sulla vita.

Il modello presuppone un profondo cambio culturale. Rileva differenze sostanziali tra le diverse generazioni?

Si certo. Culturalmente molte aziende e le persone stesse, sono programmate secondo vecchi canoni: prima il dovere e poi il piacere, niente arriva senza sacrificio, primeggiare invece che cooperare ecc.

Serve un grande coraggio per rompere questi schemi mentali e riconoscere che il sacrificio, per esempio, altro non è che tornare al sacro. Ovvero dare sacralità a quello che si fa. Per fortuna il vero significato lo si trova all’interno delle parole. Ci sono manager che ancora prediligono il controllo alla fiducia ma i dati ormai dimostrano che il flow si raggiunge quando si svolge un lavoro sfidante in condizioni di autonomia e il flow è l’energia positiva che muove tutte le cose (per il flow si veda Mihàly Csìkszentmihàlyi).

Nelle generazioni precedenti queste programmazioni culturali sono più radicate, ma le differenze ancora una volta le fa la persona attraverso la learning agility, ovvero la capacità di adattarsi ai cambiamenti.

Cos’altro di nuovo avete in programma?

A seguito di un bisogno manifestato dai nostri collaboratori e confermato da svariate survey internazionali, nel medio termine implementeremo nuove azioni e piani di formazione sul tema della salute, fisica e mentale.

Ci occuperemo di prevenzione primaria (sane abitudini), secondaria (esami medici), benessere psicologico (sportelli psicologici), e della famiglia (figli, caregiver). In particolare, per i figli dei nostri collaboratori in Italia, abbiamo la volontà di introdurre una piattaforma di orientamento scolastico.

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