Acciaio: forte e gentile
Considerando i tassi di imballaggi in acciaio sottratti alla discarica, il Consorzio RICREA ha conseguito risultati di eccellenza, grazie a una gestione efficiente che punta molto sulla valorizzazione di un materiale “nobile”. Parola del presidente Domenico Rinaldini. Stefano Lavorini
L’imballaggio di acciaio, come la materia prima che lo costituisce, ha una lunga storia. Oltre a proteggere il prodotto in modo sicuro, può essere riciclato all’infinito senza perdere qualità. Al consorzio RICREA spettano dunque oneri e onori nello sfruttarne appieno le potenzialità...
Come consigliere d’amministrazione lei ha partecipato attivamente alla vita del consorzio, in pratica dalla sua fondazione. Una lunga storia...
Vengo dal mondo dell’imballaggio industriale. Negli ultimi vent’anni ho lavorato - e in parte continuo a lavorare - per un’azienda che produce fusti in acciaio. Già tra il ’94 e il ’96, avevamo anticipato il modello che si è poi affermato su scala nazionale nel ’97.
Infatti, avevamo formato una sorta di consorzio tra produttori di imballaggio industriale, chiamato Fusteco, per organizzare la raccolta, il riuso e il riciclo dei fusti di acciaio.
Sciolta questa associazione, sono entrato nel consiglio di amministrazione del consorzio RICREA, appeno fondato, che allora si chiamava CNA.
Quindi, non solo lo conosco bene, ma ci lavoro da 20 anni e l’esperienza maturata è sicuramente importante.
Fare il presidente, però, è diverso.
Certo. Tuttavia, il fatto che il consorzio sia molto unito - almeno in questi vent’anni abbiamo sempre saputo trovare punti di consenso e obiettivi comuni - rende facile l’espletamento del mio attuale incarico.
Che rappresentanza avete rispetto alla filiera?
In generale, tutte le aziende produttrici di acciaio per imballaggio sono consorziate. Dal punto di vista delle materie prime, delle acciaierie insomma, abbiamo con noi l’Ilva, leader in Italia, ma anche altri produttori e importatori. La filiera, insomma, è ben rappresentata, con la quasi totalità degli attori. Molte aziende aderiscono per legge, altre in modo volontario.
D’altronde, in base alla legge, nel nostro Paese i produttori di packaging hanno due possibilità: o si associano al consorzio, e quindi al sistema CONAI, o si assumono il compito di organizzare in proprio la raccolta, il riutilizzo e il riciclo degli imballaggi usati. È un onere difficile da assolvere, perché occorre organizzare una rete in grado di gestire il riciclo su tutto il territorio nazionale. Il che è assai complesso...
Com’è strutturata l’attività del Consorzio?
Il punto di partenza è l’accordo con i comuni stipulato da CONAI e ANCI, a cui le amministrazioni locali aderiscono su base volontaria: le attività di raccolta differenziata sono affidate ai comuni o ai loro delegati e il Consorzio ne sostiene i maggiori oneri. Una parte dei costi è coperta acquisendo e valorizzando il materiale, che in seguito viene venduto direttamente alle acciaierie o, in molti casi, ai riciclatori stessi tramite aste che poi si occupano della successiva vendita.
Il contributo ambientale CONAI versato dai produttori contribuisce a coprire circa la metà dei costi: infatti, ammonta oggi a 13 euro/ton, mentre, in base all’accordo esistente, per la materia prima raccolta in prima fascia di qualità, i comuni ricevono dal Consorzio dai 90 ai 95 euro/ton.
La differenza proviene dai ricavi della valorizzazione. L’impegno che c’è stato in questo senso lo rivelano i numeri. Abbiamo avuto risultati ottimi che ci hanno consentito di guadagnare di più dalla vendita dei materiali, e quindi di contenere il CAC.
Nel caso della plastica, è stato introdotto il principio di differenziare il contributo in base alla riciclabilità. Cosa ne pensa?
Il concetto di fondo è ineccepibile: il materiale che si ricicla più facilmente paga meno di quello che si ricicla più difficilmente, come d’altronde prescrive la legge stessa.
Che obiettivi si dà oggi il Consorzio? E quali sono i risultati più interessanti che ha ottenuto?
Occorre fare una premessa: il sistema CONAI funziona bene, non solo perché ha raggiunto ottimi risultati, ma anche perché la sua stessa struttura normativa consente una gestione efficiente ed economica delle attività.
Basti pensare che, all’inizio di questa “impresa”, il tasso di riciclo degli imballaggi di acciaio immessi sul mercato era intorno al 15-19%, mentre l’anno scorso abbiamo raggiunto il 77,5%.
È un risultato eccezionale, reso possibile grazie al lavoro fatto per migliorare la valorizzazione del materiale.
Secondo fattore di successo è la proprietà specifica dell’acciaio che, come si usa dire, è un “materiale permanente”, riciclabile all’infinito. Una volta raccolto, opportunamente lavorato e valorizzato, viene rimandato in acciaieria tornando a essere materia prima di qualità, dove magari, invece che per l’imballaggio, viene utilizzato per produrre altro, ad esempio rotaie, tondo per cemento armato, travi ecc... Ad oggi, abbiamo già largamente superato gli obiettivi di legge.
Per il futuro la sfida sarà raggiungere la soglia minima dell’80%, che verrà prescritta dalla prossima direttiva europea attualmente in fase di discussione.
La strada è quella dell’innovazione tecnologica, che consenta un maggior riutilizzo?
Più che altro sarà necessario migliorare l’efficienza del sistema di raccolta. In questo caso siamo noi gli attori in gioco.
Ci aspettiamo - e stiamo lavorando molto in questo senso - che la raccolta differenziata venga incrementata in alcune regioni, in particolare nel sud del Paese, dove i tassi sono ancora molto bassi. Se queste aree riuscissero a raggiungere gli stessi livelli del nord, l’obiettivo sarebbe già raggiunto.
Bisogna, però, riconoscere che anche nel meridione, ad esempio a Napoli e in Campania, ci sono già buoni risultati. A Roma, li stiamo ancora aspettando. In ogni caso, abbiamo attivato dei flussi che funzionano, anche se in percentuali molto basse, e che chiaramente potrebbero crescere nel momento in cui venisse razionalizzata e resa più efficace la raccolta.
Una maggiore consapevolezza dei cittadini può giocare un ruolo importante: state lavorando in tal senso?
Come RICREA, il nostro obiettivo è investire di più in comunicazione per informare i cittadini sulle qualità dell’acciaio e sul perché bisogna differenziarlo correttamente.
Per questo, oltre al lavoro dell’area tecnica, che comprende convenzioni e accordi con i comuni, stiamo progettando campagne di sensibilizzazione che aiutino a migliorare non solo la quantità, ma anche la qualità dei rifiuti da imballaggio e la loro “pulizia”, intesa proprio come corretta separazione nello smaltimento. Infatti, è proprio la qualità del materiale raccolto che ne facilita la valorizzazione, consentendo di aumentare i ricavi e quindi contenere i costi.
Tra l’altro, stiamo predisponendo, in collaborazione con le associazioni dei produttori, l’applicazione di un marchio da apporre sugli imballaggi di acciaio, che ne richiami anche la qualità specifica di materia prima “permanente”.
Lo scopo è duplice: quello di migliorarne la riconoscibilità per la raccolta differenziata, ma anche, soprattutto, quello di promuoverne la sostenibilità. Una campagna informativa spiegherà agli utilizzatori che l’imballaggio di acciaio è amico dell’ambiente e contribuisce a realizzare quell’economia circolare di cui tanto si parla. Così, chi andrà al supermercato potrà fare una scelta consapevole.
Infine, stiamo lavorando molto anche sulla ricerca, allacciando rapporti con alcuni istituti universitari, per avviare studi volti a migliorare la tecnologia legata al riciclo.
Proseguite anche il lavoro di sensibilizzazione sui giovani?
Dopo l’iniziativa di AcciaioAmico, abbiamo pensato di estendere le campagne educative anche a livello nazionale, rivolgendoci non solo alle scuole elementari con il format “Ambarabà RICICLOclò” e medie con “Riciclik”, ma anche alle superiori e alle università con “Steel Life”.
Quanto è importante lavorare sul territorio?
Moltissimo. Ecco perché, a partire da quest’anno, abbiamo puntato molto su eventi locali che mettano i cittadini in relazione diretta con gli attori che, nelle rispettive aree geografiche, si occupano di recupero dell’imballaggio.
È il caso di “Capitan Acciaio”, un’iniziativa che abbiamo portato nelle piazze dei capoluoghi (Lecce, Napoli, Trieste, ecc..) per dimostrare come lo sforzo quotidiano di riporre l’imballaggio nel giusto contenitore avvii un ciclo virtuoso in cui sono coinvolti soggetti concreti e riconoscibili: l’azienda responsabile della raccolta, che ha un nome noto, l’acciaieria a cui sarà venduto il materiale recuperato che è collocata sul territorio, gli operatori RICREA, che si presentano in prima persona.
Occorre, insomma, far capire ai cittadini che c’è una filiera reale, grazie a cui la scatoletta, dal cestino dei rifiuti, torna a nuova vita. Questo dà loro maggiore coscienza e motivazione.
In effetti il consumatore è spesso portato a credere che sia tutto una farsa; teme che ciò che è stato differenziato venga poi “ributtato” insieme, anche perché forse non ha visto benefici in termini economici. Ma chissà come sarebbe la tassa sui rifiuti senza il lavoro dei Consorzi...
Il sistema CONAI finanzia annualmente il lavoro dei comuni con circa 450 milioni. La valorizzazione del materiale ci consente di aumentare i ricavi e di contenere il contributo ambientale, che altrimenti sarebbe molto più gravoso.
In Italia i consumatori non hanno sufficiente percezione di come il sistema nazionale rappresenti un’eccellenza e un esempio virtuoso, non solo nel nostro Paese ma anche in Europa.
Ci sono novità a livello di governance?
C’è stato un problema relativo allo statuto, oramai superato. Dopo che il ministero ha chiarito quale sia lo statuto “tipo” dei consorzi, entro l’autunno abbiamo previsto di indire un’assemblea straordinaria per l’approvazione delle nuove regole, in ottemperanza alle prescrizioni di legge, che dovrebbero entrare in vigore l’anno prossimo.
Cosa cambierà?
Non prevedo grandi cambiamenti. L’unica novità riguarda la rappresentanza dei riciclatori. Lo schema di statuto approvato dal ministero, infatti, prevede la possibilità che questi ultimi siano presenti in egual numero rispetto ai produttori di materie prime, ma solo previo accordo degli altri consorziati.
Bisogna considerare che, in questi anni, abbiamo raggiunto ottimi risultati grazie a una collaborazione, sempre molto trasparente, fattiva e disponibile con i riciclatori. Anche se, chiaramente, gli interessi in qualche caso possono essere contrastanti, i risultati dimostrano che abbiamo lavorato bene insieme. Dunque, se rimane questo clima di comuni intenti, non vedo perché l’assemblea non dovrebbe accoglierli.