Il nuovo Regolamento imballaggi

Spunti di riflessione da un convegno, che consolida il fronte italiano delle filiere industriali coinvolte. Voci critiche sia sul merito di un regolamento che impatta sulle imprese, sia sul metodo del processo decisionale europeo, dove mancano chiare e trasparenti valutazioni scientifiche.

A cura della Redazione

Tenuto nella sede di Galdi il 9 febbraio scorso, l’incontro “Regolamento imballaggi e impatto per la filiera del packaging” è stata l’occasione per un confronto ad ampio raggio tra player istituzionali, end user e stakeholder, coinvolti a vario titolo dal nuovo regolamento europeo sugli imballaggi.

Fortemente voluta da Ucima, Amaplast e Confindustria come occasione di incontro con le aziende dell’area veneta, la giornata ha in realtà rappresentato un importante momento di sintesi, coniugando visione istituzionale, analisi tecnica del regolamento e punti di vista delle imprese, espressione di segmenti con peculiarità produttive come il farmaceutico e il lattiero caseario.

In apertura lavori, Amaplast, Ucima e Confindustria Veneto Est hanno evidenziato criticità, possibili evoluzioni e nuovi scenari di mercato, con l’obiettivo comune di confrontarsi sulle azioni in atto a livello nazionale ed europeo.

Concetti evidenziati dal responsabile Politiche industriali e per la sostenibilità di Confindustria Marco Ravazzolo, che ha espresso un’opinione molto chiara sulla linea decisa dagli industriali italiani:

«Non accettiamo lo spostamento di paradigma del nuovo regolamento europeo dal riciclo al riuso» ha affermato, anche perché è opinione comune che il Regolamento si basi su un approccio non suffragato da dati scientifici e misurabili. Al proposito, basti accennare alla mancata valutazione del massivo uso di acqua necessaria al riutilizzo. Ed è proprio il rapporto tra demagogia e misurazione oggettiva degli impatti, dati alla mano, a essere protagonista della giornata, con una serie di interventi che hanno messo in evidenza i limiti di una decisione che non indica standard basati su dati scientifici, ma segue i movimenti dell’opinione pubblica spesso schiacciati su letture semplicistiche, i cui effetti possono essere devastanti sul tessuto economico e industriale del nostro Paese.

L’Italia ha infatti percentuali di riciclo vicine al 75% e un comparto industriale capace di coprire l’intera filiera, dallo sviluppo di materiali innovativi al packaging sostenibile, dalla gestione dei percorsi di riciclo al fine vita. Un aspetto sottolineato in particolare dall’intervento di Alberto Palaveri, Presidente di Giflex, che ha espresso le sue perplessità asserendo: «Riteniamo che questo regolamento non acceleri lo sviluppo, bensì lo freni, con il rischio di trovare le nostre aziende più povere e i consumatori meno tutelati sotto il profilo della sicurezza».

No a scelte arbitrarie e penalizzanti

L’incontro è stato anche teatro di un’analisi puntuale della direttiva da parte di gruppi di interesse come EUROPEN (The European Organization for Packaging and the Environment), di associazioni di categoria come Giflex, lasciando però spazio al fondamentale punto di vista degli end user; Labomar e Latterie Montello (Nonno Nanni), player del largo consumo, hanno infatti offerto un quadro delle problematiche connesse all’ipotesi di riuso applicato a settori critici come farmaceutico e lattiero-caseario.

  • Molto analitico, l’intervento di Francesca Stevens, Segretario Generale di EUROPEN, che ha tratteggia to alcuni degli elementi più critici ma non necessariamente negativi della Direttiva, facendo però emergere i nodi fondamentali, primo fra tutti la necessità di fare fronte comune, coordinare le azioni e creare alleanze tra stati membri con filiere attive nel mercato del riciclo, del packaging e dei materiali.

Grande preoccupazione desta il carattere generale della Direttiva, che manca di dettagli essenziali per la sua applicazione: «Gli stati membri si sono espressi contro su diversi aspetti - ha affermato Stevens - e la Commissione sta aprendo a misure divergenti a livello nazionale sia su etichettatura che su target di riuso, offrendo maggiore libertà anche rispetto alla lista di materiali interessati dai target».

La proposta si applica infatti a tutti gli imballaggi, indipendentemente dal materiale e dai tipi di riciclo previsti, guardando alla riduzione complessiva dei volumi di rifiuto sulla base di target fissati al 10% entro il 2035 e al 15% entro il 2040. Sono previste anche restrizioni su diversi formati di packaging, sull’overpakaging non più giustificato dal marketing e sui volumi complessivi, in particolare considerando lo sviluppo dell’e-commerce.

«Anche le percentuali di riciclabilità - continua Stevens - destano preoccupazione perché non sono chiari i volumi che garantiscono di rimanere sul mercato oltre il termine del 2030 e 2035. A impensierire è dunque il carattere generico della Direttiva, poiché si fa riferimento a decreti attuativi successivi alla sua adozione formale. L’assenza di una competenza tecnica specifica sui temi dell’imballaggio interna alla Commissione impone il coinvolgimento di tutte le filiere dei settori industriali interessati e suggerisce che questo avvenga a monte del regolamento, proprio per migliorare la proposta e uscire da una genericità che rischia di diventare un terreno scivoloso per tutti».

La parola ai produttori

  • Fondamentale nel corso della giornata, l’incontro con chi sta sul mercato, in particolare in due comparti come alimentare e farmaceutico ed è proprio di quest’ultimo che parla Walter Bertin, Presidente e CEO di Labomar Spa, che ha raccontato le criticità dell’uso di materiale riciclato per i farmaci.

«Abbiamo prodotti che sono sovrapponibili all’alimentare» ha affermato Bertin «ma una compressa contiene dei principi attivi che devono essere preservati fino alla somministrazione efficace della terapia. Tutto ruota attorno a un sistema di qualità e sicurezza, dove le prove di stabilità durano 24-36 mesi, non qualche settimana, mentre è proprio questo il periodo in cui un farmaco comincia a manifestare problemi di stabilità se confezionato in materiale riciclato. Ci stiamo muovendo per avere un blister monomateriale, ma al primo posto c’è la sicurezza del paziente. Altro tema è la macchinabilità, dove ad esempio, la carta riciclata incide sulla velocità di confezionamento ma solleva anche questioni di approvvigionamento, visto che è molto richiesta. Ma ci sono anche aspetti positivi: pensiamo alla standardizzazione imposta dalla Direttiva, che permetterebbe di entrare in tutti i mercati europei con le medesime regole di etichettatura e materiali, aprendo di fatto a una semplificazione importante che va a vantaggio della sicurezza del farmaco» .

  • Più ottimista, soprattutto riguardo alla capacità di innovazione del comparto è Alessandro Lazzarin, Presidente di Latteria Montello (Nonno Nanni), che ha messo in luce l’importanza di questo genere di eventi sottolineando come la capacità di innovare sia una delle chiavi di lettura principali.

«Aggiornare costantemente la tecnologia e impegnarsi nell’R&D» ha dichiarato «ci permette di essere reattivi a cambiamenti come quelli che si stanno configurando. I produttori di materiali, di macchine e i comparti produttivi come il nostro, dove la shelf life è essenziale, vivono un dialogo costante sempre alla ricerca di nuove soluzioni che oggi guardano prima di tutto alla sostenibilità. Siamo stati lungimiranti, puntando sulla flessibilità e non dimenticando mai di fare rete e costruire progetti basati sulla collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nelle nostre filiere. Ecco perché ci sentiamo pronti al cambiamento e riteniamo che due o tre anni, ragionando sull’innovazione, possano essere sufficienti per trovare nuove soluzioni che ci permettano di governare le grandi trasformazioni in atto, che riteniamo siano inevitabili».

Gli interventi di Ucima e Amaplast

Intervenuti in apertura lavori del convegno “Regolamento imballaggi e impatto per la filiera del packaging”, i presidenti di Ucima e Amaplast hanno posto enfasi sulla cultura dell’innovazione, in particolare orientata alla sostenibilità del comparto packaging italiano, ma anche sulla necessità di proteggere un patrimonio di know-how e competitività che non ha eguali nel mondo e che rischia di essere danneggiato da un provvedimento che, se calato nella pratica quotidiana, ha pochi tratti realistici.

«Noi non siamo contro il cambiamento» ha dichiarato Riccardo Cavanna, Presidente di Ucima. «Il problema è che questo regolamento sta creando confusione. Da sempre abbiamo avuto un ruolo da protagonisti nel portare la filiera a raggiungere importanti risultati in termini di circular economy, ma abbiamo bisogno di un approccio concreto, che valorizzi il percorso intrapreso fino ad ora. Non dimentichiamo che l’obiettivo comune è la salvaguardia del nostro Pianeta».

Fa eco all’appello di Ucima Dario Previero, Presidente di Amaplast, che ha proseguito sulla stessa linea, evidenziando proprio la dimensione pratica di questa presunta rivoluzione, che ha fino ad oggi il solo grande merito di aver consolidato un fronte comune tra i protagonisti della filiera industriale di riferimento.

A tal proposito ha infatti asserito che«La fattibilità tecnica del nuovo regolamento non è un aspetto da poco e va valutata attentamente. Fare fronte comune tra Associazioni ha lo scopo di poter dar voce alle perplessità delle aziende e poter lavorare per la miglior soluzione possibile».

 

Scopri maggiori informazioni sulle aziende citate in quest'articolo e pubblicate sulla Buyers' Guide - PackBook by ItaliaImballaggio
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