Contemporaneità

La butto lì. Azzardo l’accostamento del placido immutabile stormire delle foglie di un pioppo nella brezza mattutina, con il rumore sordo della città che si desta mettendo in moto la sua cieca macchina produttiva; e ancora il turbinio di polline che ricade come neve di primavera con le scelte di uomini che altrove, a nostra insaputa, disegnano il futuro dell’umanità. Editoriale di Stefano Lavorini

La vita, natura e società, si sottrae di continuo al nostro bisogno di conoscenza, facendoci rimbalzare in faccia i nostri limiti, la nostra finitezza. Ed è proprio la nostra inadeguatezza a cogliere la complessità che ci costringe a una continua rincorsa, a giocare simultaneamente su più tavoli, compiti, impegni, occasioni di svago.

Non ci basta il tempo che abbiamo, eppure… il sole continua ad alzarsi una sola volta al giorno e nessuno può dire che non faccia onestamente il proprio mestiere.

Non siamo mai paghi, vorremmo essere in ogni dove, conoscere tutto quanto potrebbe esserci utile e così ci immergiamo  in un flusso di informazioni che forse potremmo definire meglio lampi di accadimenti, spesso apparentemente ovvii e contraddittori. Ci passano addosso, scorrono, e di tanto in tanto finiamo per trattenere ben poco, smarrendone spesso il senso.

Con il web e in particolare con i social network tentiamo di collegare fatti e idee in un continuo dialogo con gli altri, spesso dando più attenzione alle eccezioni che alle regole, convinti che il nostro tempo sia sempre e comunque interessante.

Bisogna avere orecchio… cantava Iannacci, l’abilità di distinguere potenzialità, confini e falsità dei nuovi mezzi.

Per la generazione nata al lavoro nei tempi del telefax, l’oggi ha dell’incredibile al pari delle modificazioni del mercato del lavoro, della riduzione del vincolo di reciprocità tra cittadino e società, della dialettica tra locale e globale.

La nostra contemporaneità che, per restare ai nostri tempi,  riecheggia il “Tutto, ora e subito” di novecentesca memoria, ha invece una dimensione “liquida”, tutta nuova e da sperimentare.
Come scrive Zygmunt Bauman nel libro “Capitalismo parassitario” «l’arte del vivere in un mondo più che saturo di informazioni deve essere ancora acquisita. E ancor di più lo deve la ben più difficile arte di educare gli esseri umani a questa vita».

Una bella sfida che non può farci dimenticare l’importanza di saper prendere le distanze dai fatti, di darci il nostro tempo, per fare scelte consapevoli.

Restiamo collegati.

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