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Gran bel seminario quello organizzato il 7 novembre a Milano dal corso di laurea in Design della Comunicazione del Politecnico di Milano con il titolo “Packaging Contro.Verso”.
Interessante il tema affrontato, quello della “complessità” e delle criticità che caratterizzano l’ambito del packaging design, quali la scarsa qualità informativa e la bassa propensione a comunicare con fasce differenziate di destinatari.
Ben articolati i lavori della giornata: dai contributi della mattina che hanno inquadrato le problematicità socio comunicative del packaging, chiusi dalla presentazione della ricerca su “Durabilità e scadenza nella comunicazione di prodotto”, di cui riferiamo nelle pagine a seguire, alla tavola rotonda sul ruolo e le responsabilità di progettisti, produttori e utilizzatori di imballaggi.
Ma la parte più sorprendente è stata la presentazione di alcuni lavori realizzati dagli studenti, che ben testimoniavano possibili e praticabili linee di innovazione: la data di scadenza che, da “obbligo di legge” si trasforma in “brand” o l’imballaggio come nuovo mezzo per comunicare altro, rispetto al prodotto in sé, magari una problematica sociale; o ancora il rifiuto della banalizzazione del design che, sempre più, deve rispettare la diversità umana.
Due le riflessioni che si impongono a margine di questa scarna cronaca.
La prima è che il dialogo, la collaborazione e le contaminazioni tra mondo dell’università e industria sono ancora tutti da inventare: di fronte, infatti, a un’occasione di incontro di questo livello, nonostante l’impegno e la buona volontà degli organizzatori e i titoli e le credenziali dei relatori, la risposta in termini di partecipazione da parte del mondo dei packaging designer, dei produttori di imballaggi e di sistemi (di codifica e marcatura si è parlato molto) e degli utilizzatori è stata a dir poco deludente. Un vero peccato, perché, proprio partecipando a incontri come questo “si porta sempre via qualche cosa”.
Fatto sconfortante, dunque, che rimanda alla seconda considerazione, più legata alla competitività della nostra industria. Come Paese europeo siamo ormai già marginali per quanto riguarda le produzioni di massa rispetto alle economie egemoniche di Cina e India, ma, peggio di altri, non riusciamo a dare una nuova prospettiva al fare. In generale, si tira a campare - come il boscaiolo che continua a tagliare tronchi con una sega sdentata perché non ha tempo per affilarla - ignorando l’evidenza che il nostro benessere futuro è legato a una crescita, individuale e collettiva.
Abbiamo, per stratificazione storica, un patrimonio di competenze, esperienze, idee che potrebbe rappresentare, tradotto in prodotti e servizi, un reale fattore di successo, a patto di saperlo coltivare, dando fondi alla ricerca (non solo scientifica), contaminare con curiosità e passione, liberare da una logica retriva da “corporazioni e mestieri”.
«Più si conosce meglio è» ha ricordato il semiologo Marsciani, e questa non è roba da Accademia. Perché solo ampliando gli orizzonti del nostro sapere, possiamo fare meglio, possiamo aggiungere quel quid che altri ancora non posseggono, e venderlo: la nostra cultura.
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PACKAGING CONTRO.VERSO
Per una cultura critica del progetto
Valeria Bucchetti, docente di Comunicazione Visiva, Facoltà del Design, Politecnico di Milano
Semiotica e etica della comunicazione
Francesco Marsciani, docente di Semiotica, Università degli Studi di Bologna
Design for all negli atti quotidiani della vita
Mitzi Bollani, architetto, scultrice e designer, consulente della Commissione Europea, vice presidente e responsabile scientifico del Gruppo EGA (Expert Group on Accessibility)
Un caso-studio: durabilità e scadenza nella comunicazione di prodotto
Erik Ciravegna, dottorando di ricerca, Dip. Indaco, Politecnico di Milano
Stefano Lavorini, direttore ItaliaImballaggio
Sollecitazioni progettuali
Piero Capodieci, presidente Pro Carton Italia
TAVOLA ROTONDA: CRITICITÀ NASCOSTE E PRIORITÀ EMERGENTI
Piero Capodieci (moderatore). Anna Bartolini, rappresentante italiana nel Consiglio dei consumatori dell'Unione Europea, Luca Bergamaschi, Istituto dei Ciechi di Milano, Mitzi Bollani, Vermondo Busnelli, presidente Istituto Italiano Imballaggio, Stefano Lavorini, Francesco Marsciani, Ulisse Pedretti, direzione qualità e responsabile tutela ambientale COOP Italia.
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Industry where are you?
A great seminar that organized 7th November in Milan by the Milan Polytechnic Communication Design course entitled “Packaging Contro.Verso”. Interesting the subject tackled, that of the “complexity” and the critical points that feature in the field of packaging design, such as the poor quality of information and the low propensity to communicate with different levels of receivers.
The works of the day were well organized: from the contributions in the morning that focussed on the socio-communicative problems of packaging, that finished with the presentation of the study on “Durability and best before dates in product communication”, dealt with in the following pages, with the round table on the roles and the responsibilities of packaging designers, producers and users.
But the most surprising part was the presentation of the work created by the students that bear witness to possible and practicable lines of innovation: the best before date that from a “legal obligation” becomes a “brand”, or packaging as a new means for communicating other things apart from the product itself, like perhaps social problems; or again a rejection of the banalisation of design that should evermore respect human diversity.
Two reflections impose themselves at the margins of this bare account.
The first is that the dialogue, cooperation and exchanges between university and industry still has to get off the ground: what with an occasion of encounter at this level, despite the commitment and the good will of the organizers and the titles and the credentials of the speakers, the response in terms of participation from the world of packaging designers, packaging producers and systems (much was spoken about coding and marking) as well as users was to say the least disappointing. A real pity because it is by taking part in encounters like this that one “always comes away with something”.
A disconcerting fact hence that leads us to the second consideration, more associated with the competitivity of Italian industry. As a European country Italy has by now been shoved to the sidelines in terms of mass production, where economies like China and India now hold sway, but, worse than others, we seem incapable of carving out new prospects for ourselves. In general we get by - like the woodsman who continues to cut using a blunt saw because he has no time to sharpen it - refusing to see what is blatantly clear, that our wellbeing is associated with individual and collective growth.
We in Italy have a historic stratification of wealth of skills and knowhow, experience, ideas that, turned into products and service, could feature as a real success factor, this provided we are able to cultivate the same, by earmarking funds for research (and not only scientific research), mixing in a good deal of curiosity and passion, by freeing ourselves from the reactionary logic of “corporations and guilds”.
«The more you know the better» the semiologist Marsciani states, and this has nothing to do with the Academy. Because only by broadening the horizons of our knowledge can we do better, can we add that something that yet others do not have, and sell the same: our culture.
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