Le parole della realtà

L'editoriale di Stefano Lavorini.

Siamo a un punto di svolta molto importante per quanto riguarda il nostro futuro come Paese, ma non possiamo rischiare di vivere il presente, ignorando il passato e non riuscendo a immaginare il futuro.

Purtroppo, i fatti ci guidano in questa direzione.

Trovo un significativo parallelismo in quanto sta accadendo in termini di linguaggio. Scrive Cristoforo Clavé:

«La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, passato semplice, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato...) dà luogo a un pensiero al presente, limitato al momento, incapace di proiezioni nel tempo. La generalizzazione del “tu”, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono altrettanti colpi mortali portati alla sottigliezza dell’espressione.

In altri termini, probabilmente, meno parole e meno verbi coniugati rappresentano inferiori capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.

Studi hanno dimostrato che parte della violenza nella sfera pubblica e privata deriva direttamente dall’incapacità di mettere parole sulle emozioni».

E dio sa quanto questo, oggi, abbia effetti nefasti.

Sta di fatto che fino a pochi giorni fa pensavamo di vivere un momento in cui non solo potevamo ripensare e ridisegnare la nostra economia, la nostra società, ma di avere anche, grazie al piano PNRR, i mezzi per farlo, varando finalmente quelle misure strutturali dimenticate da anni.

Poi… poi la guerra in Ucraina, la drammatica esperienza di vedere gli uomini trasformati in prede, un’aberrazione per il sistema di valori che ritenevamo acquisito in secoli di civilizzazione occidentale.

Una realtà che sembra inconciliabile col mondo fin qui immaginato e vissuto, che ci interroga su cosa significhi essere umani, sul posto che occupiamo sulla Terra in rapporto agli altri esseri viventi.

Mi viene solo da dire, con Mario Vargas Llosa, che

«…detesto ogni forma di estremismo, a base di idee piccole ed esclusive, che riduce l’orizzonte intellettuale e dissimula in sé pregiudizi etnici e razziali, trasformando in valore supremo, in privilegio morale e ontologico, la circostanza fortuita del luogo di nascita. Insieme alla religione, il nazionalismo è stato la causa dei peggiori massacri della Storia...».

Ieri e oggi, purtroppo.

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