Ultimo saluto a Giuseppe Meana

Bresso 10 dicembre. Centinaia di persone hanno reso commosso omaggio a Giuseppe Meana, presidente di Pusterla 1880, durante le  esequie che si sono tenute nella Parrocchia San Nazaro e Celso. Una cerimonia semplice, toccante, composta come l’avrebbe voluta lui, ma anche segnata da tanta incredulità, sgomento e dolore sincero.

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Numerose le figure note del mondo imprenditoriale: dai suoi “amici” del Gifasp ai competitor (mai nemici, per favore), dai rappresentanti delle associazioni agli operatori della comunicazione.
Ma soprattutto tanta gente - collaboratori, mondo del volontariato, cittadini - che con unanimità di sentimenti si sono stretti con calore intorno alla famiglia.

La moglie Anita, i figli Luca, Francesca e Matteo, i parenti più stretti hanno risposto all’affetto di tutti con spontaneità e grande forza d’animo.

Durante l’omelia, don Angelo (parroco di Bresso) lo ha ricordato come “uomo giusto e buono”, che ha speso la vita non cercando di star bene, ma di fare il bene. Aggiungendo che, per Meana «l’amore non era un sentimento ma uno stile di vita: quest’uomo non ha mai chiamato “servo” nessuno, tanto meno i suoi dipendenti. Ha vissuto la vita come un servizio, e molto si è speso per i poveri, gli ultimi, gli anziani».

In un altro intervento, don Ettore, suo amico e confessore, ha puntualizzato come molti avrebbero voluto dire “grazie” a Giuseppe: «E io sono uno dei tanti, che da lui ha ricevuto molto: in termini di amicizia e di stima, ma anche perché ha saputo darmi un grande aiuto nel realizzare opere di bene a favore dei meno fortunati».

Cariche di emozioni le voci dei figli, in chiusura di cerimonia, che con accenti diversi, hanno reso partecipi i presenti del loro vissuto e degli insegnamenti ricevuti da un uomo «che ha fatto tutto senza aspettarsi nulla in cambio, mai», da una persona «coraggiosa, ferma, presente, dolce, affidabile, da cui farsi abbracciare nei momenti bui», da un padre «che non ha mai fatto mancare nulla ai figli, ma che ha fatto in modo che conoscessero il valore di quello che avevano, così da apprezzarlo».

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