Il packaging e le bioplastiche (2017)

Come enunciato nel rapporto annuale dell’associazione European Bioplastics, a livello mondiale nel 2017 sono state prodotte circa 2,05 milioni di tonnellate di bioplastiche, di cui il 60% destinato al packaging (1,2 milioni di t). Con uno share del 18%, l’Europa risulta essere è il secondo produttore di bioplastiche dopo l’Asia.

Il rapporto prevede anche una crescita costante del 20% circa nei prossimi 5 anni, fino a raggiungere i 2,44 milioni di t nel 2022.
Le ragioni alla base di questo sviluppo sono molteplici: la transizione verso un tipo di “economia circolare”, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio e la dipendenza dalle risorse fossili, l’avanzamento della ricerca che propone prodotti sempre più innovativi, con migliori proprietà e nuove funzionalità, ma anche la crescente consapevolezza dei consumatori nei confronti della salvaguardia ambientale nonché dei prodotti e degli imballaggi sostenibili. Come anticipato, il settore packaging si conferma essere il maggior “utilizzatore” di bioplastiche. I sacchetti - sia gli shopper bag per la spesa sia quelli utilizzati per la raccolta differenziata dell’umido - sono i prodotti di punta del comparto.

Come e dove vengono impiegate
In Italia, stando alle valutazioni più recenti disponibili, nel 2017 sono state prodotte circa 56.600 t di bioplastiche, di cui circa il 73% destinato agli shopper utilizzati per la spesa.
Secondo i dati dell’Istituto Italiano Imballaggio, gli shopper bag in plastica (sia tradizionali che biodegradabili) impiegati per la spesa alimentare hanno raggiunto le 103.000 t circa; in base alle stime dell’Istituto, il 40% circa è realizzato in bioplastiche (41.200 t).
Dall’analisi di questi numeri si evince che, dal 2016, si è registrato un calo del totale shopper (plastiche + bioplastiche) pari all’8% (nel 2016 si parlava di circa 112.000 t) ma, contestualmente, quelli realizzati con bioplastiche sono aumentati del 2,2% circa.
Dopo l’entrata in vigore della legge nel gennaio 2011 che vietava la commercializzazione dei sacchetti per la spesa di plastica non biodegradabile, sul mercato si è avuto un aumento esponenziale degli shopper in bioplastica che, di fatto, sono andati a sostituire quelli tradizionali.

Da gennaio 2018 è stata introdotta in Italia un’altra direttiva, per adeguare il nostro paese al resto d’Europa. Agli obblighi già in vigore dal 2011, si è quindi aggiunto quello di impiegare sacchetti ultraleggeri in bioplastica per gli alimenti sfusi o per i prodotti di ortofrutta, macelleria, pescheria e gastronomia, vale a dire sacchetti con spessore inferiori ai 15 micron.
Se, da un lato, le disposizioni legislative in materia hanno fatto sì che la plastica tradizionale venisse sostituita dalle bioplastiche, hanno anche influenzato le abitudini dei consumatori che, con sempre maggiore frequenza, per le loro spese preferiscono usare borse riutilizzabili in stoffa o plastica,  causando una diminuzione generale dell’utilizzo degli shopper.
Altri settori di applicazione delle bioplastiche sono: sacchi per la raccolta dell’umido (17%), film (4,5%), stoviglie monouso (3%), preforme, vaschette e   cancelleria (2,5%).   

L’INVENDUTO DEI MERCATI ORTOFRUTTICOLI SI TRASFORMA IN PLASTICA BIODEGRADABILE E IN IMBALLAGGIO PER FRUTTA. In collaborazione con la Società Gestione Mercato di Genova e Ascom, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ha messo a punto un progetto di economia circolare, che prevede di convertire gli scarti di frutta e verdura in una plastica totalmente biodegradabile “food grade”.
Il primo prodotto sperimentale nato dalle tecnologie brevettate da IIT, e presentato a inizio 2018, è dunque un “alveolo” protettivo per frutta, realizzato a partire da carciofi e pomodori invenduti sul mercato genovese. Secondo i ricercatori dell’IIT dal prototipo alla produzione dovrebbe passare circa un anno.

Barbara Iascone
Istituto Italiano Imballaggio

 

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