Riflessioni sul comparto
Abbiamo chiesto a Giuseppe Lesce, presidente Ucima, di fare il punto sulla situazione del mercato delle macchine automatiche italiane. Utile, da un osservatorio priviliegiato come quello dell’Associazione, a capire sia i motivi di successo sia le difficoltà che un comparto è chiamato ad affrontare. Dati, fatti, prospettive. S.L.
Cosa ha lasciato in eredità al sistema industriale italiano, e in particolare al comparto dei costruttori di macchine automatiche, la crisi di questi anni?
In questi anni sono state molte le analisi fatte da commentatori, economisti e rappresentanti del mondo industriale sugli effetti della crisi sul sistema industriale italiano. Personalmente credo che l’insegnamento maggiore che questi anni ci hanno lasciato sia la consapevolezza di vivere e lavorare in un mondo fluido, in continua evoluzione e con scenari di mercato e competitivi in continuo mutamento.
Questo richiede alle aziende una maggiore attenzione alla flessibilità organizzativa e gestionale e la tensione continua verso l’individuazione di nuovi mercati e nuovi clienti, che possano contribuire a diversificare i rischi d’impresa su scala internazionale.
A questo mutato scenario è strettamente legata la necessità di innescare un processo di crescita dimensionale, che consenta alle PMI italiane di “fare massa critica” e presidiare al meglio i mercati mondiali. Tuttavia, proprio la spinta all’internazionalizzazione fa emergere due problematiche, legate sia alla possibilità di cogliere opportunità di business all’estero (esportazione) sia al miglioramento della propria catena del valore, dato che, ormai, non ci si può esimere dal prendere in considerazione la global value chain. Per le aziende piccole questo è un problema, rischia anzi di diventare, in un certo senso, “il” problema: non è un segreto che, in questi anni di crisi, le realtà piccole del nostro comparto, analogamente a tanti altri, fanno più fatica e ottengono risultati meno brillanti, sebbene realizzino prodotti eccellenti.
È vero che il mercato domestico nel 2014 è andato meglio del previsto, ma non basta, se vogliamo guardare avanti con fiducia e crescere ancora.
Che cosa hanno da offrire in più le aziende italiane rispetto ai competitor internazionali?
Anzitutto occorre ricordare che i costruttori italiani di macchine per il confezionamento e l’imballaggio sono leader mondiali con una quota di mercato prossima al 26%. Negli ultimi anni abbiamo progressivamente guadagnato posizioni rispetto alla concorrenza e, oggi più che mai, le nostre aziende contendono il primato ai costruttori tedeschi.
Questi importanti risultati sono stati possibili grazie al livello tecnologico elevato espresso dalle nostre aziende, sia per quanto riguarda le soluzioni, che si ottengono solo tenendo pigiato il piede sull’acceleratore della ricerca e sviluppo, sia per l’elevato livello di personalizzazione dell’offerta. Ai due concetti espressi, innovazione e flessibilità, negli ultimi anni le realtà del comparto macchine automatiche hanno saputo aggiungere maggior attenzione ai servizi di assistenza post vendita e ricambistica, così da migliorare la performance globale dei propri clienti, incrementando l’efficienza produttiva dei macchinari.
Quali gli ultimi trend tecnologici?
L’evoluzione del nostro comparto ha seguito, spesso anticipandola, quella dell’industria dei settori serviti.
La sostenibilità, oggi, è tra i principali driver di sviluppo del packaging e ci aspettiamo molti passi in avanti sul tema dell’efficienza energetica degli impianti, anche alla luce degli obblighi normativi che coinvolgono costantemente il settore del confezionamento. L’innovazione punterà ancora di più alla flessibilità d’uso delle macchine, a migliorare le performance per quanto riguarda la movimentazione di prodotti delicati, all’efficienza dei sistemi di controllo qualità e di visione artificiale per monitorare etichettatura e marcatura nonché i parametri essenziali dell’imballaggio come ermeticità, peso, volume.
Ma, nell’immediato futuro, l’innovazione sarà anche guidata dall’applicazione dei concetti e delle procedure di Total Cost of Ownership (TCO) e di Reliability Centered Maintenance (RCM); e poi, dalla progettazione di macchine sempre più compatte, modulari e multifunzione, capaci di interagire tra loro e con il resto dello stabilimento, nonché dall’implementazione di tecnologie user friendly.
Quali le previsioni 2015, alla luce della svalutazione dell’euro e della diminuzione del prezzo del petrolio?
Negli ultimi dieci anni, ad eccezione del 2009, il nostro settore è sempre cresciuto. Secondo i dati di preconsuntivo 2014 raccolti dal Centro Studi Ucima, abbiamo stabilito un nuovo record storico: 6,2 miliardi di euro (+3,3%), di cui 5,1 miliardi provenienti dall’estero. Dopo tanti anni di crescita costante, però, assistiamo a un lieve rallentamento negli ordinativi, diffuso nelle principali aree geografiche. Gli out-look per l’anno in corso sono pertanto cauti, anche in considerazione dei tanti elementi di incertezza legati ai disordini socio-politici e al rallentamento delle economie di alcuni importanti Paesi. Speriamo che in questo quadro di chiaroscuro, il corso dell’euro possa rappresentare in primis un vantaggio rispetto ai concorrenti extra europei legati al dollaro e, in seconda battuta, vista la parità di condizioni con i competitor tedeschi, uno stimolo per gli utilizzatori finali a cogliere l’occasione di preferire gli italiani.
Come faccio da un po’ di tempo, raccomando agli operatori del nostro settore di prestare grande attenzione ai “nuovi mercati”, Africa in testa.
Cosa significa “fare associazione” oggi
«Oggi, come in passato - precisa il presidente di Ucima Giuseppe Lesce - fare associazionismo significa mettersi al servizio delle aziende del settore per supportarle in un processo di sviluppo sia attraverso servizi professionali sia attraverso politiche e scelte strategiche condivise. Per questo, dal momento della mia elezione nel 2010, ho lavorato assieme ai membri del Consiglio Direttivo per ridare a Ucima il ruolo che merita, tra le aziende del settore ma anche tra i referenti industriali e istituzionali, nazionali e internazionali».
E sebbene i tempi siano stati molto difficili, negli ultimi tre anni Ucima ha imboccato un cammino di crescita virtuoso, che sta dando ottimi risultati, tanto che il numero degli associati è aumentato di 49 unità. Un dato molto importante, specie perché si tratta di aziende di dimensioni medio-piccole, che hanno trovato nell’Associazione un punto di riferimento valido e credibile.
Il percorso di Ucima
Il rinnovamento è stato avviato con l’integrazione operativa con un’altra associazione nazionale di categoria dei beni strumentali, Acimac (Associazione Costruttori Italiani di Macchine e Attrezzature per Ceramica). Sono stati poi attivati molti servizi in ambito tecnico, formativo, promozionale e di internazionalizzazione. Precisa Lesce: «Abbiamo dato vita a una vera e propria scuola di formazione, SBS, che lo scorso anno ha erogato 60 corsi di formazione a oltre 1.200 persone, provenienti dalle aziende del settore e da altri comparti industriali dei beni strumentali. Il successo di questo e degli altri servizi offerti è tale che anche altre associazioni parte del Sistema Confindustria ci hanno richiesto di poterne usufruire. Abbiamo inoltre potenziato le analisi del Centro Studi, che offre indagini di mercato e studi statistici specifici di altissima qualità e molto apprezzati dai nostri Associati. Di recente abbiamo ulteriormente arricchito la nostra offerta con servizi di comunicazione e di assistenza sulla finanza agevolata».
Ucima ha inoltre organizzato molti tavoli di lavoro associativi, preziose occasioni di incontro che consentono scambi di esperienze, valutazioni sull’andamento del settore per affrontare problemi o esigenze comuni.
Le attività internazionali di promozione
Ucima offre ai propri associati una serie di servizi per favorire le esportazioni, attraverso una maggiore conoscenza dei mercati da penetrare grazie a studi di dettaglio, una presenza diretta all’estero con la partecipazione a fiere e simposi, un rafforzamento dei contatti con la clientela attraverso la partecipazione a fiere in Italia, missioni incoming di operatori esteri e la promozione generale del settore. Grazie al lavoro degli ultimi due anni, Ucima è diventata il maggiore organizzatore italiano di partecipazioni in collettiva alle fiere internazionali di settore. Lo scorso anno, l’Associazione ha coordinato la presenza delle aziende italiane a 10 fiere in altrettanti Paesi: 112 aziende che hanno occupato in totale 2.000 mq. Quest’anno saremo presenti in Asia a Propak Vietnam, Propak Asia, Propak China, China Pharm. In Africa, a Propak East Africa, Propak West Africa, Djazagro, Afro Packaging, Pharmaconex. In Nord America a Pack Expo Las Vegas e Expo Pack Mexico. In Sud America a Fispal Tecnologia.
La strategia di Ucima in campo fieristico
Tra i focus della politica associativa degli ultimi anni vi è stato anche quello di contribuire a rafforzare le fiere italiane di settore, appoggiando le cosiddette “verticali”, dedicate cioè a un settore merceologico specifico, in particolare food, beverage, farma, cosmo. Per questo ha creato la fiera Food Pack, che si è svolta in contemporanea a Cibus Tec nell’ottobre 2014. Spiega al riguardo Lesce «Cibus Tec è una manifestazione storica di Fiere di Parma, dedicata alle tecnologie di processo alimentare. L’innesto di Food Pack l’ha completata e rivitalizzata, registrando un’ottima risposta da parte degli operatori del settore, davvero oltre ogni ottimistica aspettativa. Concluderemo accordi analoghi nei prossimi mesi con altre importanti fiere italiane, focalizzate sugli altri settori merceologici. L’obiettivo di queste operazioni è di consentire alle aziende del comparto macchine automatiche di incontrare i propri clienti internazionali in Italia, facendo loro scoprire non solo le ultime innovazioni tecnologiche, ma anche la nostra cultura del “fare impresa”, a servizio del cliente e del nostro Paese».