L’Industria farmaceutica italiana primeggia in Europa

Secondo il rapporto Farmindustria-Prometeia 2020, nel 2019 il valore della produzione è cresciuto a quota 34 miliardi di euro (32,2 miliardi nel 2018), esclusivamente grazie alla crescita dell’export (+25,6% pari a 32,6 miliardi di euro) che nell’ultimo triennio ha inciso per l’85% del totale. Milena Bernardi

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Che il farmaceutico fosse un settore forte e in salute era già cosa nota, ma di certo la pandemia ne ha evidenziato il peso e le forti potenzialità. In Italia l’industria continua a crescere e investire puntando su ricerca e sviluppo, confermando dinamismo e capacità innovativa.

I dati del rapporto Farmindustria la eleggono protagonista assoluta nel contesto europeo sia in termini di produzione, sia in termini di investimenti in ricerca e sviluppo (3 miliardi di euro). Il tricolore conquista il podio in Europa anche nella produzione di farmaci conto terzi (Cdmo) con 2,1 miliardi di produzione pari al 23% del totale europeo, ottenuti grazie a lungimiranti investimenti 4.0. 

A livello di struttura, l’industria farmaceutica italiana è composta in maniera bilanciata per il 42% da aziende a capitale italiano e per il 48% da società a capitale estero: prima tra i grandi Paesi europei per presenza di imprese a capitale statunitense e tedesco, seconda per imprese francesi, svizzere e giapponesi. Inoltre, è un hub mondiale per la produzione di vaccini per quanto riguarda le imprese a capitale UK. Le realtà a capitale italiano si caratterizzano per un fatturato realizzato all’estero superiore al 70% del totale, in notevole crescita e significativamente più elevato rispetto alla media manifatturiera (40%). Figura 1  

L’emergenza Covid e il contributo delle imprese
Nel trimestre del lockdown 2020, la produzione ha registrato un valore di 17 miliardi di euro (500 milioni in più rispetto allo stesso periodo 2019). 

Le imprese del farmaco hanno assicurato la continuità nella fornitura delle terapie, rispondendo in tempo reale a situazioni di carenza: dati Istat stimano in 26 milioni le persone che normalmente assumono farmaci, un numero che, considerando anche i nuclei familiari, coinvolge quasi tutta la popolazione in Italia.

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Oltre al forte contributo all’economia, la tendenza che ha consentito di mantenere stabili i livelli occupazionali, grazie anche all’adozione di importanti misure di prevenzione dei rischi, con task force su organizzazione del lavoro, produzione, ricerca clinica, distribuzione, informazione scientifica, per condividere best practice e individuare soluzioni che hanno garantito la continuità operativa in piena sicurezza.

L’incremento dell’export conferma la competitività del comparto
Nel 2019 le esportazioni dell’industria farmaceutica italiana hanno confermato il trend di crescita già in atto da diversi anni (+56% nell’ultimo quinquennio rispetto al +19% della media manifatturiera). Le vendite oltreconfine del settore (medicinali, sostanze di base, altri prodotti) sono aumentate del 25,6% raggiungendo i 32,6 miliardi di euro, di cui 21,8 riguardano i medicinali. Le importazioni totali ammontano a 29 miliardi di euro, cresciute del 9,1% con i medicinali a quota 15,2 miliardi di euro.

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Il saldo per i prodotti medicinali è positivo, pari a 6.580 milioni di euro, così come quello dei vaccini, pari a 478 milioni di euro.
La propensione alle esportazioni, ovvero la quota esportata della produzione è pari al 96% per il totale della farmaceutica, in forte crescita rispetto al 39% del 1999 e al 52% del 2009.

Il dettaglio per comparto merceologico vede prevalere i medicinali, che rappresentano il 67% delle esportazioni e il 53% delle importazioni. Le sostanze di base e gli altri prodotti incidono sull’export per il 30% e per il 48% sull’import. I vaccini, infine, rappresentano il 3% dell’export e il 2% dell’import.

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Sul fronte delle destinazioni geografiche, si nota la prevalenza dei paesi europei (68% dell’export e 81% dell’import), di cui l’Unione Europea a 28 Paesi rappresenta la componente di gran lunga maggioritaria (56% dell’export totale e 70,6% dell’import). Tra i paesi extraeuropei, il principale partner commerciale sono gli Stati Uniti (17,9% dell’export e 14,3% dell’import). Rilevante e in crescita anche il peso degli scambi con l’Asia, che registrano una quota pari al 9% delle esportazioni totali, con l’import al 4%. Seguono il Belgio con il 14,7% delle esportazioni totali, la Germania (10,9%), Svizzera (9,2%) e Francia (7,4%). Figura 2 

Secondo i dati pubblicati da Aifa, negli ultimi dieci anni l’Italia ha registrato l’incremento più alto tra i big europei: +168% rispetto a +86% della media Ue.

Salgono gli investimenti in ricerca e innovazione
Nel 2019 le imprese italiane del farmaco hanno investito in ricerca e sviluppo un ammontare pari a 1,6 miliardi di euro, corrispondente al 7% del totale degli investimenti in Italia. Dal 2013 al 2019 la crescita è stata del 31% (+24% il dato europeo), corrispondente a 400 milioni in più. Ne hanno beneficiato diverse aree di specializzazione, dai farmaci biotech (oltre 300 prodotti in fase di sviluppo) ai vaccini, dagli emoderivati alle terapie avanzate (2 su 10 autorizzate in Europa nascono in Italia), ai farmaci orfani.

Nella fase clinica ogni anno l’Italia investe oltre 700 milioni di euro ossia il 21% del totale nell’Ue (era 18% nel 2014). Più in generale le spese in R&S sono pari al 17% del valore aggiunto (10 volte la media nazionale) e gli addetti al 10% dell’occupazione totale: parametri per i quali la farmaceutica si colloca ben al di sopra della media nazionale (spese R&S/PIL1,4%; addetti R&S/occupati totali 1,1%).   Figura 3

A livello globale si prevede che nei prossimi 5 anni l’industria farmaceutica investirà intorno ai 1.000 miliardi di dollari in R&S, il più grande investimento al mondo tra tutti i settori.

Occupazione in crescita con risorse di qualità 
Anche dal punto di vista delle risorse umane l’industria farmaceutica in Italia si dimostra un settore avanzato: la qualità e il tasso di competenza degli addetti risulta essere il primo fattore di competitività e un volano fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del Paese.

Il 90% degli addetti farmaceutici è laureato o diplomato, una quota significativamente più elevata rispetto al 63% della media dell’industria. Rispetto agli altri settori, il comparto si distingue per maggiore produttività, più investimenti per addetto (+310% rispetto alla media manifatturiera), sia in produzione e R&S sia in protezione dell’ambiente.

In termini di crescita dell’occupazione, i dati Istat rivelano che tra il 2014 e il 2019 il settore ha incrementato il personale diretto più di tutti gli altri settori (+10% rispetto al +5% della media), raggiungendo le 66.500 unità.

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Il valore dell’ambiente
Le imprese del farmaco in Italia hanno colto la sfida ambientale con molta serietà, perseguendo con costanza gli obiettivi prefissati. In dieci anni, considerando la crescita della produzione, hanno infatti abbattuto del 50% le emissioni dei gas climalteranti, rispetto al -27% della media manifatturiera, e hanno ridotto i consumi energetici del 48% contro la media del 15% dell’industria manifatturiera.

I risultati sono frutto degli investimenti in tecnologie green delle imprese pari al 44%, rispetto a una media manifatturiera del 37%.
Nel 2015 l’industria farmaceutica ha anche dato vita alla cosiddetta Eco-Pharmaco Stewardship (EPS), un programma europeo a guida industriale di gestione intelligente e sostenibile dell’impatto ambientale del farmaco lungo tutto il suo ciclo di vita.

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