Gambuli: "Immorale caricare di debiti le generazioni future"

23 aprile 2020 - Un Governo non all’altezza della situazione, permeato da una cultura anti-industriale, che ignora ciò che produce vero valore nel Paese e non offre alcun supporto reale al sistema industriale, bloccato da due mesi. Un popolo intero chiuso in casa, mentre le aziende perdono competitività e il debito pubblico lievita, con drammatiche conseguenze per le generazioni future.

Paolo Gambuli vede un presente a tinte fosche ed è convinto che la via d’uscita sia nella ripartenza del sistema industriale, trainato dai produttori di macchine e impianti. Non solo delle aziende di ACIMAC (macchine per ceramica) e di UCIMA (macchine per packaging) – le associazioni di cui è direttore e che fatturano insieme oltre 10 miliardi di euro - ma dell’intero sistema Federmacchine, la Federazione italiana delle aziende produttrici di beni strumentali che rappresenta un fatturato di 50 miliardi di euro (70% export), un’occupazione di 200.000 addetti e oltre 5.100 aziende, fulcro di una complessa rete di relazioni, con a monte le più avanzate industrie di fornitura elettronica, software, meccanica di precisione, reti di co-engineering e a valle tutto il sistema della manifattura mondiale.

Immorale caricare di debito pubblico le generazioni future. L’Europa fa comprensibilmente fatica a garantire il debito pubblico italiano. Il Governo è inadeguato: faccia ripartire subito le aziende che creano valore, perché ora dopo ora perdiamo competitività e quote nei mercati internazionali”. Paolo Gambuli attacca il Governo che sta gestendo male l’emergenza Covid-19 in quanto “politicamente debolissimo, privo di idee, imbevuto di cultura anti-industriale, non in grado di offrire alcun supporto reale al sistema industriale. I miliardi tanto decantati sono solo una garanzia offerta alle banche, non un sostegno di liquidità per le aziende”.

Gambuli sottolinea come le misure prese faranno lievitare ulteriormente il debito pubblico “con drammatiche conseguenze per le generazioni future: un’operazione politicamente immorale. In più, in un Paese che passerà da un deficit del 135% al 155% del Pil, non mi sorprende che altri Paesi europei non vogliano sottoscrivere il nostro debito, a maggior ragione senza alcuna certezza di un’inversione di tendenza sui conti pubblici”.

L’ultimo attacco all’informazione: “Trovo inaccettabile la modalità con la quale i principali mass media hanno gestito l’emergenza Covid-19, proponendola come mono-notizia ininterrottamente da ormai due mesi come un lavaggio del cervello e soprattutto confondendo i numeri e le informazioni”.

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