Distillati: grandangolo sui consumi

Il 61,5% del consumo mondiale di distillati avviene nell’area dell’Asia-Pacifico dove però - dopo il forte incremento fra il 2007 e il 2011 (+74,31%) - la crescita dovrebbe rallentare, attestandosi da qui al 2016 su un +13,63%.

Con una precisazione: il Baijiu, ovvero un alcol bianco a base di sorgo, frumento o riso che spopola in Cina (primo consumatore di distillati del pianeta), soddisfa da solo più di un terzo della domanda. Queste stime sono tratte da uno studio sul mercato dei vini e distillati, commissionato all’International Wine and Spirit Research dalla fiera Vinexpo (Bordeaux, 16-20 giugno 2013). Secondo lo stesso studio, nel mondo i consumi di vodka si vanno stabilizzando: tra il 2007 e il 2011 sono diminuiti del 4,93% ma dovrebbero nuovamente progredire dell’1,56% tra il 2012 e il 2016. La domanda di brandy aumenta in media del 23,24%, con l’eccezione di cognac e armagnac, che tra il 2007 e il 2011 si sono mantenuti quasi stabili (-0,92%) ma che, a loro volta, dovrebbero riprendere (+12,22% fino al 2016). Sempre tra il 2007 e il 2011 il rum è cresciuto del 22,32% a volume e del 43% a fatturato; l’Asia ne assorbe il 48,6%, con un’accelerata del fenomeno di “premiumisation”anche sul mercato cinese.

E in Italia? Nel 2011, il consumo nazionale di distillati si è attestato sui 15,75 milioni di casse da 9 litri (pari a 141.750 milioni di litri), segnando un calo del 6,85 % sul 2007, e si prevede un’ulteriore diminuzione del 4,7 % tra il 2012 e il 2016. In controtendenza il trend della vodka, che tra il 2007 e il 2011 è aumentata del 27,51% e dovrebbe salire ancora fino al 2016 (+18,25%), e del rum che dovrebbe registrare una crescita dei consumi del 9%.

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