Stefano Lavorini












È un tempo strano quello che stiamo vivendo, eppure i vizi che riconosciamo intorno a noi sono sempre più o meno gli stessi di sempre: quello che cambia, forse, è l’intensità e la diffusione di certi comportamenti, che fa scadere la nostra vita quotidiana nella patologia.
Siamo in un tempo in cui tanti, troppi, sgomitano per presentarsi migliori di quello che sono, nella convinzione che “apparire” sia più importante che “essere”.
In fondo, da poco ci siamo ripulite mani e unghie dalla terra dei campi, e tolto via dagli abiti le macchie di grasso di una tradizione operosa, eppure sembra che fare bene il mestiere di uomo sia ormai l’ultima preoccupazione che abbiamo. Meglio dedicarsi a mistificare la realtà, per riuscire a svenderla a caro prezzo al gonzo di turno.
Fa tenerezza ricordare un passato in cui si insegnava a Pinocchio che le bugie avevano le gambe corte o il naso lungo. Certe cose non cambiano, solo che oggi sembra più difficile accorgersi del raccapricciante bestiario che si ha intorno.
Non c’è di che fidarsi: quello che si afferma la mattina viene smentito al pomeriggio, contro ogni evidenza e in spregio a qualsiasi coerenza, che non sia quella di fare i propri interessi.
È sempre la solita canzone stonata. Nonostante gli uomini di buona volontà - che ci sono – facciamo molto per presentarci come un popolo di pusillanimi, falsi e voltagabbana, che non sa dare valore alla parola data e non sa dar corso agli impegni assunti, se solo i conti non tornano.
Ciò che fa più male, però, non è tanto il comportamento disinvolto e truffaldino di alcuni, ma l’indifferenza dei tanti che, non avendo a pagare apparentemente scotto, bellamente se ne fregano.
Brutta roba l’acquiescenza, la connivenza con comportamenti parassitari e prevaricatori, che fanno dei valori morali un orpello da amministrare secondo convenienza.
Quanta sconsolante miseria regna intorno a noi! E non solo nella politica. Se quest’ultima è infatti lo specchio della società civile, c’è poco da stare allegri. La prova è sotto i nostri occhi. Negli affari quotidiani ci si trova a dare collaborazione - disponibilità di tempo, competenze, idee - a persone che ti lusingano da una parte e ti pugnalano dall’altra, in nome di una pretesa equidistanza, che è solo interessato menefreghismo.
Oppure si incontra gente piccola piccola che, per ottusità e misero calcolo, inventa nuove formule per battere cassa, mettendo magari a repentaglio delicati equilibri costruiti sul rispetto reciproco, nonostante abbiano saputo dare a tutti opportunità di crescita e buoni risultati di lungo periodo.
Non si tratta di casi personali, ma di comportamenti che offendono il bene comune, non di difetti dei singoli personaggi, bensì di mancanza di virtù civili, che portano ad assecondare il mercato ma non a governarlo.
La situazione è ben grave se si deve tornare a spiegare la differenza tra “arrivare a un compromesso”, ovvero a un accordo che può essere raggiunto con reciproche concessioni, e “scendere a compromessi”, cioè rinunciare ai propri principi in vista della realizzazione di fini pratici.
Se qualcuno non vuole cogliere questa sfumatura, e si ostina a ripetere che i soldi “non hanno odore”, abbiamo a che fare con dei balordi, da cui - senza mezzi termini - prendere le distanze. Diciamola tutta: anche fare la cresta sulla nota della spesa, o millantare titoli inesistenti (quanti sono da noi i Leader della Carabattola Arrugginita?) è roba da saltimbanchi, da additare al pubblico ludibrio. Punto e basta.
Sta ad ognuno decidere se farsi complice di una farsa da quattro soldi o contrastare queste tristi abitudini.
Niente alibi, non è mai troppo tardi. Ora e subito, ribelliamoci all’indifferenza, al fatalismo qualunquista che vorrebbe che il mondo fosse solo così: riserva esclusiva di caccia per i più furbi.
Cominciamo a far qualcosa…
Esiliamoli sull’Isola dei Famosi!








We were not made
to live as brutes…

We are living in strange times, though all the same we are surrounded by more or less the same irksome habits: what has changed is perhaps their intensity and the fact they are a lot more widespread, pushing our everyday living to the verge of the pathological.
We are experiencing times where many, all too many, are jostling to show themselves off as being better than what they are, in the conviction that “appearing” is more important than “being”.
When it comes down to it, we have only recently washed the earth from our hands, dug the dirt of the fields from under our nails and removed the grease-stains of a hardy working tradition, and yet it now appears that fulfilling the task of being a man has become the least of our worries. We are better off spending our time mystifying reality, to be able to sell it at a high price to the next simpleton that comes along.
One coyly looks back on past times when Pinocchio was taught that lies had “short legs” or gave people long noses. Certainly things have always been that way, only today it is harder to notice the horrifying bestiary that surrounds us. You can’t trust anything: what is stated in the morning is denied in the afternoon, against all proof and defying all coherence, apart from that of cultivating ones own interests.
It’s the same old sad song. Despite the men (or women) of good will – that indeed exits - we do a lot to show ourselves off as pusillanimous, false and turncoats, who do not keep our word and are incapable of following through the commitments we have taken, should things fail to add up.
What hurts the most though, is not so much the impudent and fraudulent behaviour of some, but the indifference of the many who, not having to suffer the consequences first hand, really don’t give a damn. Acquiescence is an ugly beast, connivance with parasitical and provocative edge, that make moral values a frill to be applied where and when it suits one.
Is there no end to the disconcerting poverty around us! And not only in politics. If that latter in fact is a reflection of our society, we have little to be cheerful about! The proof is before our eyes. In going about our daily business we find ourselves cooperating - sharing time, knowhow, ideas - with people that flatter us on one hand and stab us with the other, this in the name of supposed equanimity, that is only a couldn’t-care-less approach motivated by self-interest.
Or one finds miniscule people that, in their baseness and connivance are ever intent on inventing new formulas to raise cash, and through this jeopardising delicate equilibriums built on reciprocal respect, despite the fact the same have given everyone the opportunity to grow and good results in the long run.
These are not personal cases, but behaviour that offends the common good, not the flaws of single characters, but rather a lack of civic virtue, that leads one to follow the market but not to govern the same.
One has the measure of the gravity of the situation if one has to resort to explaining the difference between “reaching an agreement”, or that is an agreement that can be reached making reciprocal concessions and “resorting to a compromise”, that is to forgo ones own principles to attain practical ends.
If someone does not wish to grasp this nuance, and obstinately goes on saying that money “has no odour”, then we are dealing with hoodlums that should be left high and dry where they stand. Let’s not hold back: even filching on expenses or boasting inexistent titles (how many of us are the heads of stupid things) should be made the object of public scorn and no two ways about it. It is up to everyone to decide whether they want to be an accomplice in this petty farce or whether they wish to counter these sad habits. No alibis, it is never too late. Let’s rise up against the indifference, to the don’t-give-a-damn fatalism that wants the world that way: exclusive hunting ground for the sly and the crafty.
Let’s start…by banishing them to the “Isola dei Famosi*”!

* Predominant Italian TV reality show