Oltre l’orizzonte
Napoli, 16 e 17 ottobre. I lavori del XXIX Congresso di autunno del Giflex dedicato a “Il futuro dell’imballaggio flessibile... Economia, fine vita, distribuzione” sono ben riassunti nelle parole con le quali il presidente Michele Guala con lucidità ha chiuso la due giorni partenopea... Editoriale di Stefano Lavorini
...«Magari, tra dieci anni, ci ritroveremo tutti qui a parlare di chi ha creato un’azienda in Ghana, magari in joint venture con i cinesi, un’azienda che dovrà trattare con clienti che venderanno i loro prodotti on line, con l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare».
Viene da pensare, ma è una personale suggestione, che al di là di quanto esposto puntualmente dai relatori, Guala abbia in qualche modo trovato concordanza con il sentimento di una città unica come Napoli, in cui “molti assai” cercano di sopravvivere o vivere inventandosi un lavoro che non c’è, guardando per scelta o necessità oltre l’orizzonte di quello che appare ragionevolmente possibile.
Nella disperazione, infatti, c’è anche una grande forza, quella di una città che, fuori di retorica, non è (solo) i grandi e bellissimi alberghi su lungomare Caracciolo, ma anche quartieri popolari come quelli intorno a via Toledo, a via dei Tribunali, in un alternarsi di antichi palazzi nobiliari e abitazioni miserrime, con una varia popolazione intenta ai più disparati commerci e frotte incredule di turisti alieni.
Non mi riferisco a ciò che è “giusto”, a quello che dovrebbe e potrebbe essere, ma solo a quello che riesco a capire: di una città che poco conosco, di un settore, che da lungo tempo accompagno, raccontandone i cambiamenti.
Prima di tutto, allora, va sottolineata l’evidenza di un successo, con oltre 250 iscritti alla due giorni di lavori del Giflex, in crescendo anno dopo anno.
Praticamente c’era quasi tutto il comparto dell’imballaggio flessibile italiano e dei suoi fornitori, a riprova del valore dell’evento e della necessità per le persone - tutt’ora viva - di incontrarsi, conoscersi, confrontarsi, magari fare affari guardandosi in faccia.
E in effetti, per volontà del presidente e grazie alla “gestione” attenta del segretario Italo Vailati, che ha portato avanti in modo intelligente quanto avviato dal precedessore, Cesare Salini, il Convegno di Autunno è cresciuto in interesse per i temi affrontati, senza peraltro trascurare pause e momenti conviviali.
Come sempre molto si discorre fuori dalla sala dei lavori, ma ovviamente questa è la cronaca dell’ufficialità di quanto detto.
A volo di uccello, per sapere quello che conta
Ripartiamo da Michele Guala che ha ricordato, in premessa della prima sessione, i dati macroeconomici a livello nazionale, per sottolineare quanto poco siano significativi per l’industria del packaging: il settore dell’imballaggio continua infatti a crescere più della media del manifatturiero, con il flessibile che “sovra - performa” rispetto agli altri materiali, come testimonia il fatto che il 2013 si è chiuso con un + 3% (ovvero con lo stesso incremento degli anni precedenti) e con prospettive interessanti per l’anno in corso, grazie anche alle esportazioni, che costituiscono ormai oltre il 56% della produzione.
Ma l’obiettivo dell’incontro non era certo fare un’elencazione di numeri, bensì - ha messo in chiaro il presidente - trovare spunti per «una visione del futuro più ampia di quella che si può avere in azienda».
Così alla ricerca di punti di vista diversi, il professor G. Galasso dell’Università di Napoli ha tentato una sintesi della storia del Mediterraneo, con riferimenti alle diverse culture che si affacciano su questo mare, che “include e divide, allo stesso tempo”.
L’intervento successivo ha allargato l’orizzonte spostando l’attenzione sulla Cina, ormai argomento d’obbligo. Come ci si poteva aspettare, di qualità la presentazione fatta da Pinuccia Parini (Aletti Gestielle) una “vecchia” conoscenza che, con indeflettibile lucidità e sentimento, ha presentato i sogni di Mr. e Mrs. China, ovvero dei 350 milioni di persone che costituiscono la classe media del paese e che, al momento, trovano un limite alla loro potenzialità di spesa nella mancanza di un sistema di welfare, ovvero di sicurezza sociale. Ci sta pensando il partito e, c’è da scommetterci che, presto, le cose cambieranno.
Infine, per portare a compimento questa panoramica mondale, R. Barlaam, Il Sole 24 Ore, ha raccontato dell’Africa, delle sue immense potenzialità, neglette fino a poco tempo fa agli “occidentali”, ma non a cinesi e indiani, ben avanti nella costruzione di una rete di relazioni politiche ed economiche con i 54 stati che fanno parte del Continente Nero. E poi ancora del ruolo dell’imballaggio nella riduzione dello spreco alimentare, e del successo della fiera East Afripack che si è svolta in settembre a Nairobi e che ha testimoniato la crescente attenzione di cui è oggetto quest’area (anche il Giflex era presente con un proprio stand, Ndr.).
Chiudere il cerchio, ovvero cosa fare e non fare
La seconda sessione dell’evento Giflex è stata dedicata alla valorizzazione dell’imballaggio in una prospettiva futura, sia come risorsa a fine vita sia come strumento per la riduzione dello spreco alimentare, con un focus su l’e-commerce, in chiusura.
Sono stati presentati due progetti di ricerca. Il primo illustrato da D. Boorman (Enval) ha riguardato il il riciclo dell’alluminio negli imballaggi flessibili, puntando l’attenzione sulla tecnologia Microwave Induced Pyrolysis messa a punto dall’Università di Cambridge (UK), che consente di realizzare impianti di recupero di piccole dimensioni, efficienti e con un interessante pay back.
Di materiali difficili da riciclare, come gli accoppiati, ha parlato anche U. Arena (Università di Napoli), che ha aggiornato il pubblico sulle ricerche in materia di gassificazione, sulle differenze tra la via italiana e quella giapponese, e sui risultati ottenuti con l’impianto pilota di Caserta, realizzato dalla Facoltà di tecnologia per l’ambiente.
A mo’ di contrappunto, l’intervento successivo di S. Glimm, rappresentante di Flexible Packaging Europe (l’ente che promuove il settore a livello europeo). Parlando infatti di ottimizzazione delle risorse, in riferimento alle priorità nella gestione dei rifiuti, ha puntualizzato con argomentazioni plausibili che per i materiali flessibili non è tanto importante il riciclo, quanto altri fattori come la prevenzione (riduzione della quantità dei materiali) e il recupero energetico.
Voltando pagina, anzi andando a guardare nel campo “rivale”, quello della carta e del cartone, indubitabili sono apparsi i risultati conseguiti in termini di recupero e riciclo, nonché il fatto che gli imballaggi cellulosici, compresi quelli a prevalenza carta, paghino il contributo ambientale più basso. Non di minor interesse, come ha avuto ragione di illustrare la brava Eliana Farotto (Comieco), è il lavoro fatto dalla filiera per definire un metodo, uno strumento tecnico per valutare e quantificare la riciclabilità degli imballaggi di carta e cartone e mettere di conseguenza a punto soluzioni per migliorarne la formulazione (in un’ottica di prevenzione!).
Del valore sociale dell’imballaggio
I lavori sono stati chiusi da due interventi che hanno messo in correlazione sviluppo del packaging e comportamenti sociali.
A. Segrè (Università di Bologna) ha richiamato l’attenzione sul food waste, introducendo subito la corretta differenza che c’è tra “spreco” e “rifiuto”, almeno nella lingua italiana. È un problema tecnologico (di processo e imballaggio) quello che porta a sprecare circa un terzo di tutta la produzione alimentare; al contrario è un problema di modelli di consumo lo spreco come rifiuto di cibo che si fa a valle, in ambito domestico (in Italia, circa 8 miliardi di euro... mezzo punto di Pil).
Per contrastare questa “ingiustizia” etica ed economica bisogna puntare alla prevenzione, come indicato nel piano nazionale rifiuti, e impegnarsi in un lavoro a rete tra l’industria dell’imballaggio e quella alimentare, per legare meglio il contenuto al contenitore.
Di cambiamenti in atto ha parlato anche l’ultimo relatore, R. Mangiaracina (Politecnico di Milano) che, presentando i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c, ha tratteggiato un quadro aggiornato del commercio on line nel nostro paese. Vendite in crescita (11 miliardi di euro nel 2013, con un +13% nell’anno in corso), fortissima concentrazione dei player (i primi 20 realizzano il 70% delle vendite) e un’incidenza bassissima delle vendite on line di prodotti alimentari (1% stabile negli ultimi 8 anni).
Dati su cui riflette. Attentamente, in previsione del prossimo congresso di autunno del Giflex.
Ad maiora.