Oltre l’imballaggio
Editoriale di Stefano Lavorini
II nostro è un mondo difficile. Un mondo in cui anche le paure sono cambiate, sembra in peggio. Questo il senso dell’intervento con cui il professor Paolo Legrenzi ha chiuso i lavori della quarta edizione della Economic Packaging Conference (Venezia, 30 e 31 maggio) organizzata a dall’Istituto Italiano Imballaggio in collaborazione con Conai.
Guardiamo alla nostra storia. «L’uomo, nel lungo corso della sua evoluzione, ha lavorato a ridurre l’incertezza nei confronti della natura, che ormai rappresenta solo raramente una minaccia». Spaventati da ciò che non possiamo prevedere, a partire dal 1600, abbiamo introdotto la misura del rischio. «Se c’è un evento che si ripete con una certa frequenza, si può costruire una serie storica in base alla quale trasformare l’incertezza in rischio». Due secoli fa, però, abbiamo scoperto l’incertezza costruita dall’uomo e che oggi si materializza nell’andamento dei mercati finanziari, storia recente, che offre regolarità molto deboli e basate su pochi casi.
«Il problema è che, combattendo la natura, avevamo paura degli eventi pericolosi ma, attraverso l’esperienza, imparavamo. La paura era un sentimento adattivo molto forte. Oggi la paura degli eventi finanziari non porta alla prevenzione ma segna un momento di opportunità solo per alcuni («le scommesse sui mercati finanziari sono dieci volte superiori alla capitalizzazione di tutte le Borse»), mentre ad altri dispensa rovina e povertà.
Qualcosa è stato sbagliato come è emerso, in modo ineluttabile, dalla Conference veneziana: interessanti e ben articolati gli interventi, qualificata la partecipazione del mondo associativo e imprenditoriale, curata e attenta l’ospitalità, suggestiva la location e pregevole la digressione culturale (la mostra di Urs Fischer a Palazzo Grassi).
Nulla da eccepire. Anzi è stata un’occasione utile di approfondimento e confronto su problematiche economiche e finanziarie, che ha permesso di contestualizzare il packaging in una prospettiva ben più ampia di quella tecnica e di settore.
È chiaro infatti che il mondo del fare conta sempre meno e che le problematiche ad esso connesse - e che tanto ci appassionano nell’operare quotidiano, nei dibattiti e sulla rivista - perdono di peso e di “realtà”, in un contesto che si sottrae non solo a qualsiasi controllo, ma alla stessa capacità di comprensione. Per noi mortali è dura continuare a dare senso a ciò che facciamo…
Homo faber fortunae suae… Peccato che “si corra dietro la storia, senza farla” (Barbara Spinelli), ovvero che la gara sia truccata: difficile capire come il sistema produttivo dei paesi democratici possa alla lunga competere con regimi di potere centralizzato come quello cinese. Lo ha ben spiegato Giuseppina Parini che, tra l’altro, ha messo in evidenza come la crescita della Cina negli ultimi 10 anni sia dovuta principalmente agli investimenti e solo in parte alle esportazioni e all’aumento dei consumi interni.
E poi la recessione che stiamo vivendo e che, come detto da Barbara Giani, «presenta una serie di aggravanti: è una broncopolmonite e non un raffreddore».
Cosa ci aspetta? Per stare sul pratico ecco quanto indicato da Alessandra Lanza. «In sintesi nel corso del 2012 rimarranno elevate le tensioni sui margini e sull’autofinanziamento. I fabbisogni legati al circolante tenderanno ad aumentare, anche in funzione della crescita legata ai mercati internazionali; continueranno le difficoltà dovute ai ritardi dei pagamenti; peraltro non ci saranno elementi a sostegno della capacità di investimento e le condizioni di accesso al credito permarranno di estrema difficoltà. È probabile che questa situazione perdurerà anche per buona parte del 2013».
Come ci arriveremo? Lo dicono i dati. Plinio Iascone ha aggiornato il quadro della produzione e dell’utilizzo dei diversi materiali da imballaggio, con puntuali riferimenti alle prospettive evolutive per il biennio 2012 - 2013.
Gli ha fatto eco Gianpaolo Bruno, che ha presentato un’analisi densa e interessante sul commercio estero degli imballaggi, ambito in cui il nostro Paese ha una bilancia in attivo per 2 miliardi e tiene le posizioni in termini di saldi normalizzati.
Ma forse la risposta più forte è in un articolo di Concita De Gregorio su Repubblica dal titolo “Io industriale, predico una religione estinta”. Un’intervista a Vainer Marchesini titolare della Wam, azienda di 2.200 persone, distrutta dal terremoto in Emilia: «Non ho fatto niente di speciale, era facile negli anni Sessanta, se avevi un'idea la realizzavi e via, poi lavoro lavoro lavoro, e basta. È oggi che non è più così, perché abbiamo smesso di vedere la ricchezza dov'è: la ricchezza è nelle cose, nella terra e nel mare, nel lavoro che li trasforma, nella manifattura, nell'ingegno che produce gli oggetti. Non nella finanza, no. Quello è un inganno... Il futuro è questa cosa qui. Fare le cose, produrre, inventare le soluzioni ai problemi. E non arrendersi mai, mai. Che il latte non arriverà se non dalla stalla, mi creda. L'unica cura che conosco è il lavoro. Un'altra non c'è».
Come ha detto, il dissacrante Paolo Rossi «È un tempo in cui… la lucidità è il massimo della perversione».
ECONOMIC PACKAGING CONFERENCE (VENEZIA 30-31 MAGGIO) |
Apertura dei lavori Quadro macro dell’economia mondiale Prospettive evolutive per il biennio 2012 / 2013 dell'intero settore dell'imballaggio Il mercato delle materie prime
Gli imballaggi nel commercio estero Cina: capire un paese Mercati finanziari e prospettive di medio periodo La riforma del lavoro e impatto Il credito alle imprese Moderatore |