La poca attenzione all'evidenza dei fatti

Editoriale di Stefano Lavorini

Buongiorno a tutti, mi sentite bene? Questo è il classico preludio di qualsiasi incontro assembleare, fatto dal relatore per richiamare l’attenzione su quanto ha in animo di illustrare alla platea.
Catturare l’attenzione del pubblico, comunicare fatti e valutazioni, stimolandolo a una riflessione, è sempre un’impresa. In particolare oggi, immersi come siamo in un flusso comunicativo che, per eccesso e ridondanza, è spesso vissuto come un inevitabile rumore di fondo.

In questa babele di stimoli perduti, non trovano spazio neanche le evidenze, a dispetto del fatto che abbiano di per sè un qualche valore di oggettività; perché tutto, ormai, è esplicitazione di un’opinione, è puro esercizio di soggettività critica, se non riproposizione “belante” di luoghi comuni.

Ho avuto conferma di questo mio convincimento partecipando ai lavori dell'ultimo Congresso annuale Gifco, svoltosi a maggio a Baveno (VB), che ha toccato argomenti trasversali e presentato, in particolare in alcuni casi, analisi, dati e fatti ben costruiti, interessanti spunti da cui partire per una lettura di quanto sta accadendo e di quanto è necessario fare...

In campo politico, grazie a Nando Pagnoncelli di Ipsos, che ha presentato l’analisi dei flussi elettorali (da notare quelli relativi al Movimento 5 Stelle, i cui elettori provengono per il 31% dal centro destra, il 30% dal centro sinistra, il 36% dall’astensione o dal nuovo voto) e dei macrofenomeni che hanno caratterizzato le elezioni politiche 2013. La sintesi di tabelle e grafici è, dati alla mano, “l’ineluttabilità” del governo Letta: «In sostanza siamo di fronte a uno scacchiere politico tripolare quasi equamente distribuito, con un quarto attore meno rilevante. I due grandi partiti modificano profondamente le loro costituencies. Non si tratta forse solo di governabilità, che pure è il tema che assilla tutti in questo momento, quanto di rappresentanza. Il tema della ricomposizione torna centrale».

In ambito sociale, per quanto riguarda alcune problematiche poco considerate, ma di impatto deflagrante, come la sicurezza. Per capirci ecco un dato da cui partire: nel 2012, a fronte di 654mila infortuni sul lavoro, di cui 509 con esito mortale, pochi hanno a mente che nell’ambiente domestico sono avvenuti 4,5 milioni di infortuni di cui 8mila mortali. Un’enormità che ha spinto Vittorio Terriero di Ceper a impegnarsi nella promozione del progetto Saftey Bridge «per il trasferimento della prevenzione rischi dagli ambienti di lavoro a quelli domestici, utilizzando coscienza, conoscenze e capacità di tutto il personale delle imprese». 

Nel contesto della sicurezza alimentare, in riferimento all’attuale normativa che sembra non dedicare sufficiente attenzione al ruolo dell’imballaggio per prodotti ortofrutticoli come potenziale veicolo di microrganismi patogeni e degradativi. È sufficiente dire - ha spiegato Rosalba Lanciotti, Università di Bologna - che, a fronte dell’aumento di tossinfezioni alimentari «l’analisi critica della letteratura indica l’assoluta mancanza di dati sul ruolo effettivo dell’imballaggio come sorgente di microrganismi negli alimenti», aprendo promettenti spazi per la ricerca e per una “diversa competizione” tra materiali e tipologie di imballaggi utilizzati in questo mercato.

Per quanto riguarda il mondo dell’imballaggio, dove i dati forniti da Gifco, i cui associati rappresentano un po’ più del 90% del mercato, sono in tutto e per tutto esattamente quelli della produzione di cartone ondulato in Italia (eccetto, forse, per tipologie e quantità di carte usate, che sono stimate a campione).
E allora al di là delle previsioni relative all’uscita dalla crisi - fin qui sistematicamente smentite - di sicuro c’è che nel 2012 la produzione di cartone ondulato è stata di 6,150 miliardi di metri quadrati, in flessione del 3,31% rispetto all’anno precedente e con un gap ancora significativo rispetto ai valori al top del 2007, che non è ipotizzabile colmare in 1 o 2 anni. In termini di tonnellate la diminuzione è stata del 3,88%, ma questo fatto è legato alla riduzione di grammatura media che sta progredendo anno dopo anno (lo 0,5% di differenza tra i due dati equivale, peraltro, a circa 20mila tonnellate di cartone in meno, ovvero la metà della produzione annua di uno stabilimento di media capacità). 
Ciononostante, secondo il presidente Piero Attoma «considerando l’andamento di altri comparti industriali, possiamo piangere con “un solo occhio”, grazie al fatto che serviamo in prevalenza il mercato degli alimentari e delle bevande. Inoltre i dati relativi al primo quadrimestre 2013 indicano una riduzione inferiore all’1%, aprendo qualche piccola speranza per il futuro».
Come andrà nessuno lo può dire: di certo c’è solo che Attoma è stato riconfermato alla presidenza del Gifco almeno fino a maggio del 2014.
In bocca al lupo.

Per ulteriori informazioni:  Convegno annuale Gifco 2013. Ecco le relazioni

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